lunedì 24 dicembre 2012

Baglioni, ovvero di cosa sono fatti i cantautori


Certe volte si sta al mondo come dentro una rincorsa. «Avevamo una parente che lavorava a servizio ai Parioli, la domenica i signori uscivano, lei ci apriva la porta e ci mostrava com'erano le case dei ricchi». Claudio Baglioni adesso passeggia su una terrazza da cui s'ammira in modalità panorama una vita di successo. Dentro, un divano chiaro dà su una vetrata che squadra l'immortalità di Roma; nell'angolo destro un piano, due chitarre e un filo di note partito dai quartieri Montesacro e Centocelle a fine anni Sessanta. Quando la felicità aveva i colori del giorno di Natale e le canzoni in inglese erano per i bambini dei suoni sconosciuti. «La radio era la mia manopola sul mondo. Il lentissimo bollettino dei naviganti. Il listino della Borsa. E poi all'improvviso spuntavano dei ritornelli allegri in lingue che non capivo, da posti che non sapevo dove fossero. Domandavo a mio padre: ma che cantano, che significa? Eh, mi rispondeva, dicono buon Natale, buon Natale». 

venerdì 21 dicembre 2012

Lavezzi, il petrolio e il cinema

- Pa'.
- Mmm....
- Ma adesso riapre il calciomercato, vero?
- Sì. Tra un po'.
- E il Napoli non può riprendersi Lavezzi?
- Oddiosanto, piccolo: tu e Lavezzi.
- Eeeeeh, pa'...
- No, non può. Il Napoli non può.
- Perché?
- Cioè. Può. Potrebbe. Ma non può.
- Non ho capito.

giovedì 20 dicembre 2012

Rileggere Brera


Morì alle 3 di notte di un venerdì senza nebbia, sulla strada statale 234 fra Codogno e Casalpusterlengo, alla fine di una serata in allegria. Sono vent'anni oggi. Gianni Brera aveva cenato con due amici in un ristorante di Maleo, una macchina che veniva in senso opposto invase la carreggiata e travolse la loro Ford Sierra. Brera era sul sedile posteriore; accanto a lui il cappotto di cammello, un cappello scuro e un bloc-notes con gli anelli. Il giorno prima aveva dettato al giornale le sue ultime risposte ai lettori per l'Accademia di Brera, l'amatissima rubrica di lettere, il luogo in cui più che altrove toglieva il freno alla scrittura e si consegnava parole e corpo alle sue passioni. Il football, il ciclismo e l'atletica, l'enologia, la gastronomia, la vita. 

martedì 11 dicembre 2012

Dal titanic alla strada

C'erano le stelle e i capelli nella notte nera che Francesco De Gregori cantava trent'anni fa a bordo del suo Titanic: 1982, le parole più usate nel cd d'allora sono quelle nella figura in alto a sinistra. "Può" dava il senso di un'ultima drammatica speranza, "chissà" raccontava l'incertezza e lo smarrimento degli anni Ottanta.
Poi è venuto il sangue, dieci anni dopo, ed era il disco chiamato beffardamente Canzoni d'amore (le parole più usate sono quelle in alto a destra). Povero me, povero me: il lamento che dominava il tutto, in mezzo alla familiarissima pioggia e con l'accompagnamento di un'implorazione a un Bellamore.
Oggi, a vent'anni dal '92 e a trenta dal Titanic, nelle parole più usate da Francesco De Gregori per il suo nuovo disco (la nuvola in basso nella figura), è tornata la notte che già faceva paura nel 1982. Ma almeno c'è una strada, e la dobbiamo guardare.

venerdì 30 novembre 2012

Al cuore fa bene far le scale

E dopo aver accolto tra le pagine dei libri di scuola i testi delle canzoni, dopo aver ammesso fra Silvia Laura e Fiammetta pure Alice Albachiara e Boccadirosa, ecco, una volta e per sempre, “le canzoni non sono la stessa cosa delle poesie”. Sappiatelo, cantautori, voi che ogni anno sperate nel Nobel al vostro capitano Bob Dylan. Sappiatelo, e andatene fieri, perché “scrivere quattro righe di una canzone è una fatica settanta volte più grande che comporre una poesia di tre pagine”. Parola di poetessa che ci ha provato e ha domato quel travaglio, Patrizia Cavalli, la curiosità incarnata dentro il corpo di una donna. Il suo nome adesso è stampato su un disco, ma un disco vero, purissimo pop, nato dall'incontro con la musicista Diana Tejera, autrice per Tiziano Ferro (E fuori è buio, Scivoli di nuovo), primo album da solista due anni fa. Che ci fanno insieme due mondi così? “Io non ho mai accettato, non le ho detto sì. Il disco si è creato attraverso dei no. Ma Diana è tenace. Faceva finta di niente, mi dava ragione, rideva”.

lunedì 19 novembre 2012

Il vangelo a benzina

La via Domiziana è la strada statale che dalle porte di Napoli si spinge fino alla via Appia. Attraversa Castel Volturno, città della strage degli immigrati africani del 2008, tornata sui giornali per le due donne uccise e sepolte da otto anni in un' intercapedine di 70 centimetri. È qui che Marco Ciriello ambienta la prima indagine del suo commissario debuttante, Claudio Valenzi, un trucido che fuma 56 sigarette al giorno, cita Malaparte e si intrattiene con prostitute per esorcizzare il cancro alla prostata, facendo sesso con le registrazioni dei discorsi del Duce in sottofondo. Accanto a lui una serie di personaggi che non si fanno dimenticare facilmente: un killer serbo, un divo del sottobosco del porno, il produttore che è pure un senatore. Valenzi si trova al cospetto di un pugno di delitti tra cui cercare un filo, e magari risolverli pure. Lui che odia tutti, e più di tutti i giornalisti. Ciriello, scrittore irpino, racconta ogni cosa in una lingua ispida, un italiano discorsivo impastato di dialetto casertano. Gioca con le convenzioni del noir e diverte con le sue memorabili figurine grottesche, impegnate a competere in fantasia con i personaggi reali proposti dall'attualità.

(Repubblica, 18 novembre 2012)

venerdì 16 novembre 2012

Il piantagrane

Poniamo che esista una persona così. Poniamo che un giorno sbuchi da qualche parte un uomo dotato dello straordinario potere di deviare gli eventi verso il Bene soltanto con la forza della sua presenza. Lui si fa vedere in un posto e ogni cosa svolta miracolosamente verso la moralità, verso l' approdo più onesto e limpido possibile, sovvertendo malcostumi e vizi secolari del Paese. Ecco, poniamo che esista. Come sarebbe in Italia la sua vita? Sarebbe un inferno, la risposta è chiarissima ed è il tema intorno a cui gira Il piantagrane (Einaudi, pagg. 250, euro 17,50), il nuovo romanzo di Marco Presta, romano, 51 anni, autore e voce della trasmissione cult mattutina di Radio 2 Il ruggito del coniglio. Il suo super eroe involontario si chiama Giovanni, per cognome ha tre asterischi, meglio evitare i dettagli che non si sa mai. È un vivaista, con la scoliosi, che è l' espediente per raccontarcelo ancora più innocuo e mite di quanto il suo lavoro vorrebbe dipingerlo.

sabato 10 novembre 2012

Napoli e il derby che non c'è

- Pa'.
- Mmm...
- Simone tifa per la Roma.
- ...
- Ingrid invece per la Lazio.
- ...
- A scuola si prendono in giro. Domani sono avversari.
- ...
- Pa', quando si gioca il derby?
- Be', me lo stai dicendo tu: si gioca domani.
- No, pa'. Io dico: quando si gioca il derby di Napoli?
- Eeeeeh. Nooooo. Il derby di Napoli non si gioca mai.

martedì 6 novembre 2012

Guida al pranzo ideale nella Sicilia orientale

Il Dream Team della tavola
Dove mangiare e cosa quando vi trovate fra Catania, Siracusa e Ragusa

1) Gli arancini al bar all'esterno dell'aeroporto di Catania (alle spalle del noleggio auto)

2) "I neonati" da Incognito, Acireale (via Verga 58)

3) Polpa di granchio al ristorante don Saro, Capomulini, Acireale (Lungomare Martinez 29)

4) Ravioli di pesce spada alla salvia, ristorante La Balata, Marzamemi (largo Balata 14)

lunedì 5 novembre 2012

Mimì

Jean-Pierre ha 5 fratelli, una madre che frigge patatine e un padre che la riempie spesso di botte, a cominciare dalla sera in cui la Francia perde la semifinale del mondiale di calcio 1982 contro la Germania. Abita una casa in cui si respira sopraffazione e intolleranza: verso i cinesi, gli omosessuali, i comunisti. C'è tanta confusione dentro la testa di JP, ci sono odio e violenza che lo consumano, più di quanto lui stesso desideri. Il suo disagio trova una vittima preferita a scuola in Barthélémy, detto Mimì perché si aggiusta i capelli biondi dietro l'orecchio, piagnucola, non gioca a pallone con gli altri e ascolta la lirica. Proprio una femminuccia, quel Mimì. Che viaggia, piace a professori e ragazzine. La storia di JP, fatta di privazione affettiva e sociale, diventa piena di ossessioni, eros compreso, e Mimì in cima a tutte. Anche dopo vent'anni. Sébastien Marnier guida in questo tour dentro la nausea e il disgusto con digressioni e salti temporali: è sceneggiatore, ma scrive come un montatore. Nell'originale francese la copertina era un sovratesto indispensabile: l'immagine di un crollo, l'esplosione di un bar e del personaggio. Nella versione italiana solo un braccio nudo e una piuma rossa.

(la Repubblica, 4 novembre 2012)

martedì 23 ottobre 2012

Il ritorno di Giuseppe Abbagnale


Stempiato, la giacca, la cravatta. I riccioli sono spariti, chissà dov'è la canottiera azzurra. «L'ultima volta in barca sarà stata sei mesi fa, una domenica mattina. C'erano dei ragazzini sul pontile, ho visto un canoino attraccato e ho fatto un giro». Giuseppe Abbagnale è il colosso che era. Galleggiava su una buccia di legno, 35 colpi di remo al minuto, lui capovoga e Carmine prodiere. I fratelloni. Conserva una mano morbida come un cuscino. Quando saluta, ci si affonda dentro. Puff. «Carmine invece esce in mare tre volte a settimana. Solo che non ci incrociamo mai, e io un altro compagno non so trovarlo. Ma ogni mattina del 1° gennaio ci facciamo gli auguri e prendiamo la barca. Noi due, in quattro, in otto. Dipende. A volte viene pure Peppino». Cioè Peppiniello Di Capua, il timoniere dei 2 titoli olimpici e dei 7 titoli mondiali.

martedì 9 ottobre 2012

Il calcio d'Armenia


Era sabato a Erevan. I turchi arrivarono a torso nudo con la mezzaluna bianca, la bandiera nemica, ed erano migliaia. Non entravano in Armenia da decenni, eppure quella sera lo fecero senza visto e senza biglietto per lo stadio. Ingresso gratis, erano ospiti, ospiti per davvero. Altrimenti non la puoi chiamare la partita della pace. Coi tifosi da Istanbul viaggiò il presidente della repubblica, Abdullah Gül. S'andò a sedere in tribuna accanto a Sarksyan: loro che tenevano le frontiere e le ambasciate chiuse, che non s'erano parlati mai, vicini per una partita di calcio. Armenia-Turchia, qualificazioni per i mondiali del 2010, la prima volta in cui i due Paesi si guardarono negli occhi, un secolo dopo le uccisioni di massa. Un milione e mezzo di morti armeni sotto l'impero ottomano fra 1915 e 1917, l'annientamento di un'etnia, Ankara che ne ammette 300mila e nega il resto, nega il genocidio, anzi quella parola nei documenti non vuole scriverla e non vuole nemmeno sentirla pronunciare. Però quel sabato si parlano, si stringono la mano, alla fine si scambiano pure le maglie.

venerdì 5 ottobre 2012

Il Napoli e il curvone in Olanda

Il belga Mertens del Psv Eindhoven
- Pa'.
- Mmm.
- Mi spieghi una cosa?
- Dimmi. Però poi finisci gli esercizi di matematica.
- Che significa che il Napoli ha fatto il curvone?
- Cosa ha fatto il Napoli?
- Il curvone.
- Il curvone?
- L'ho sentito oggi. Hanno detto che il Napoli ha sbagliato a fare il curvone.
- Il curvone?
- Sì. Perciò ha perso in Olanda. Perché ha sbagliato a fare il curvone.
- Aaaah... macché curvone... forse vuoi dire turnover...
- Forse.
- Ma sì, pensaci bene.
- (...) Sì. (...) Turnover.
- Eh, lo vedi.
- Pa', e che significa il turnover?

giovedì 20 settembre 2012

Terranova, la faccia di Caruso


Lì dove il mare luccica e tira forte il vento, Enrico se ne sta sdraiato a letto senza forze. Perde la voce e perde la vita, che per lui sono una cosa sola. Lui che era partito cantando nei ristoranti di Napoli e nelle rotonde sul mare per arrivare alla Scala di Milano e al Metropolitan di New York. Era un carrozziere e diventa una leggenda che cammina, cambia la musica senza che il mondo se ne accorga, il primo a vendere un milione di dischi nell'era dei grammofoni, quando gli altri tenori snobbavano le incisioni. Vesti la giubba e la faccia infarina, ridi pagliaccio, Caruso è una star. Si spegne con un primo piano della sua faccia davanti al golfo, mentre tiene la mano della seconda moglie, l’americana Dorothy, e sotto lo sguardo della prima, Ada Giachetti, che lo aveva tradito con l’autista di famiglia e poi fatto causa per togliergli figli e soldi. Una vita inzuppata dal dramma, la madre che muore e si fa giurare dal piccolo Enrico che avrebbe studiato canto, il padre alcolizzato che fa da ostacolo ai sogni, una cognata che lo amerà fino alla fine in silenzio. Una storia così si scrive quasi da sola.

martedì 4 settembre 2012

I pettini di Scicli


Via Penna a Scicli è un incanto. Ha un gioco di luci che in un'altra vita si dovrebbe imparare a fotografare. Palazzo Spadaro è a pochi metri dal Comune. Ci si arriva col biglietto comprato all'ufficiodi Montalbano, ma per riuscire a entrare bisogna farsi largo tra un po' di folla. Gente elegante. Una signora molto cordiale avverte che la pinacoteca è al primo piano, il guaio è che tra poco, dice, in una stanza là accanto si deve celebrare un matrimonio. 
Guarda il biglietto che ho comprato e che ho tra le mani. Capisce. Perciò continua a dire: non è che non si può salire. Si può. Volendo si può. Ma tra poco di sopra c'è questo matrimonio, tra poco sopra ci sale tutta questa folla, tra poco sopra chi lo sa se è libera una guida in mezzo a tanta confusione. Si ferma e guarda dritto negli occhi.
E di vedere la pinacoteca in questo modo,in mezzo a tanta confusione, a voi vi conviene?

lunedì 3 settembre 2012

Ragusa-Scicli, il derby del turismo da fiction


Un accordo non lo troveranno. Dico Ragusa e Scicli. I primi hanno riempito le loro strade di cartelli e indicazioni che segnalano la città come la capitale del mondo di Montalbano. Un set all'aperto e perpetuo, compreso il ristorante La Rusticana, che nella fiction si chiama da Calogero. A Scicli hanno meno cartelli e più capacità persuasiva. Ti dicono che la fiction si gira tutta da loro. Quasi. In fondo. Più o meno. Da loro. 
Neppure falso è. Non del tutto. Dentro il Comune di Scicli, nella stanza del sindaco, piazzano il set per l'ufficio del questore di Vigata. Girano lì. E l'ingresso, e la piazza, e la viuzza laterale, si riconoscono immediatamente. Anche senza cartelli.

domenica 26 agosto 2012

Zeman, sette anni dopo


Zeman infila cinque parole decisive dentro lo spazio di un' ora, sei sigarette e molti sorrisi. «Io voglio solo fare calcio». Con le rughe di un vecchio capo sioux offre il calumet della pace. Dopo le farmacie e le Borse. Lui. Il nemico. Il profeta. Il martire. Il cavaliere. L'eretico. L'uomo a cui è facile porgere la parola Juve per farlo scattare. Basta. Zeman pianta queste cinque parole nel terreno avvelenato del calcio italiano, e ora vediamo chi le vuole innaffiare. Ha gli occhi di Noodles-De Niro che torna a casa in "C'era una volta in America". Che cosa hai fatto in tutti questi anni? Sono andato a letto presto. Noi sette anni senza Zeman, lui sette anni senza serie A.
Zeman, poi arriva la Roma. E lei dice: è la mia ultima occasione. Non ci credeva più?
«È che mi sento vecchio. Non ho più voglia di strillare. Fra poco smetterò. Dicevo di voler arrivare a 80 anni, non a questi livelli».

venerdì 24 agosto 2012

Toledo Suite


Yorick si fa capire. Sa come chiedere di uscire al suo padrone. Esige un po’ di fresco. Enzo Moscato in casa ha un cane che si chiama come il teschio di Amleto, coerenza di un uomo che vive immerso nel teatro. Lavoro, terapia, dedizione. Dice che il teatro è sempre uno scontro, che in fondo nasce così, così deve, mescolando lingue e registri. E’ lo stesso che fare poesia. E’ lo stesso che fare canzone. “Perché si può rinunciare a tutto, in ogni epoca, tranne che alla voce”. Messaggio da tempo di crisi. La voce è carezza e pugnale, strattona e accompagna, ferisce e guarisce, così la adopera Moscato, uno che per intendersi ha riversato il To Be or Not To Be dentro la tessitura di Anema e Core. Spaesando la sua arte si svela. Ora va a darne testimonianza al Festival della mente di Sarzana, nona edizione dedicata ai processi creativi, al via da venerdì prossimo 31 agosto. Il programma della direttrice Giulia Cogoli ha cucito insieme incontri, spettacoli, lezioni e concerti intorno al tema della diffusione della conoscenza come valore irrinunciabile.

sabato 18 agosto 2012

Volete più bene a vostra moglie o alla vostra squadra?


C'è sempre uno zio che pone ai bambini una domanda atroce. La più atroce fra tutte. A chi vuoi più bene: a mamma o a papà? In Inghilterra, nella settimana in cui inizia il campionato di calcio, nel ruolo dello zio si sono calati i ricercatori dell'Università di Bristol. Hanno radunato una ventina di tifosi di una delle squadre più "calde" della Premier, il Newcastle, e hanno chiesto: ma voi a chi volete più bene, alle vostri mogli o al Newcastle?

giovedì 16 agosto 2012

Noi del Montone fans club

Sotto il mio colpo la muraglia crolla


Al palio di Siena ha vinto il Montone. Che non ci riusciva dal '90. Era la contrada a cui mancava il successo da più tempo. Già per questo ci sarebbe da essere felici. Ma se nel cortile siamo due volte contenti è per via di un commesso di negozio, per via di questa storia qui.

L'oasi di Vendicari, o forse Frittole

Manca solo un passaggio a livello. Altrimenti sembrerebbe Frittole, e non chiedetemi cos'è Frittole: per quello c'è Google. La riserva naturale di Vendicari è lunga 8 chilometri, con 1.500 e passa ettari di agrumeti, uliveti, pantani, saline, sabbia, mare. E il vento, madonna, che meraviglia il vento di Vendicari. Qui vengono a fermarsi duecento specie di uccelli durante la loro migrazione verso l'Africa. E aironi, fenicotteri, cicogne, gabbiani.

venerdì 10 agosto 2012

Perché il Settebello si chiama così


E' l'estate del '37, quando nella pallanuoto sbuca la parola Settebello. Nasce su una carrozza ferroviaria di terza classe, in un paese della Versilia. La Rari Nantes Napoli sta tornando a casa dopo la solita trasferta a Genova, nel solito vagone da pochi soldi. Nei pressi di Viareggio, lì il treno s'affolla. Salgono un bel po' di biondine dai tratti gentili. Tedesche, non c'è dubbio. Sono gambe lunghe e occhi chiari al seguito della propaganda nazista. E ai giocatori napoletani gira la testa. Mimì Grimaldi, uno dei giocatori, è stato spettatore l'anno prima ai Giochi di Berlino, dove gli sprint di Jesse Owens hanno fatto bollire di rabbia i baffetti di Hitler. Sulle tribune olimpiche ha imparato qualche parola di tedesco. Cosi, si butta. "Wir sind sieben", dice, siamo sette. "Schon", belli. "Sieben schon", sette belli.

martedì 7 agosto 2012

L'estate lenta

Una scena da "Hot Spot" di Hopper
L'ufficio è piccolo piccolo. Fa caldo. Si sta tutti trafitti da un raggio di sole, ed è subito afa. Il ventilatore è insufficiente. Pare di essere dentro un film di Dennis Hopper. Al banco del noleggio auto non c'è nessuno, nemmeno la fila. Dietro il bancone i due impiegati scrivono al computer, trascrivono moduli di carta su form elettronici, righe e righe, poi scannerizzano, allegano. E ricominciano.
Ho prenotato una macchina.
Il loro sguardo si alza un istante, giusto uno. Ora arrivano. Ora che finiscono. È il concetto di "ora" che va resettato. Chiedete a un romano quanto si impiega a piedi per andare in un posto che dista 800 metri, risponderà aeeeeeh, ce vojono 20 minuti, nun conviene, meglio aha metro. Chiedetelo a un siciliano, e saranno due minuti.

giovedì 2 agosto 2012

La Sicilia, Goethe e il default


Catania è laggiù, un grumo scuro rigettato da un ciclope. Quando l'aereo va a cercarla con la sua punta di ferro, si fa accogliente e bugiarda. Ti promette il mare e ti mostra per primi i suoi monti, il suo deserto scabro. Catania è femmina, anche se non lo dà a vedere. 

Le nuvole sono sparite, sono sopra, boh, o sono dietro. Eppure è sempre di nuvole sulla Sicilia che discute il mondo quando di Sicilia parla. Gli sprechi, la spesa pubblica, il default. Un format. Lo steward che serve acqua frizzante dentro un cilindro di cartone, un attimo fa diceva che lui Lombardo non l'ha votato mai, ma che da Lombardo si aspettava altro. Tipo? Una risposta migliore a Formigoni, ribatte. Quando quello lì gli ha fatto su twitter la battuta del cognome, che pareva Totò, o peggio ancora Grillo, peggio - lo vuole precisare - perché i film di Grillo non facevano ridere proprio a nessuno. "Di Lombardo ha solo il cognome", se lo ricorda cosa scrisse Formigoni su Twitter? Lombardo avrebbe dovuto rispondergli che invece lui è delle formiche ad avere solo il cognome, che avrebbe dovuto chiamarsi Cicaloni con le vacanze che fa, e noi qui a spremerci il sudore e il sangue. Cicala, altro che formica. 

domenica 1 luglio 2012

Il discorso del presidente

Le parole di Sandro Pertini alla nazionale di calcio, poche ore prima della finale Mundial 1982

"Caro Bearzot, lei deve lasciar bruciare tutto nel fornello della pipa. Qui devono bruciare tutte le nostre amarezze, io così faccio, o come sopporterei?
La sua pipa è scalcinata. Via, gliene regalo una io. Nuova. Una pipa fiammante, l'ho in valigia.
Questi ragazzi devono attaccare, Bearzot. Chi attacca ha sempre ragione.
Qualcosa da bere? Sì, grazie. Cosa bevono loro? Niente alcol? Allora nemmeno io. Prendo quello che prendono loro.

venerdì 1 giugno 2012

Il fax, l'iPod e il treno di Montezemolo


La domanda è: si può essere anti-monopolisti proponendosi per l'esatto opposto?
Si può spezzare un monopolio con l'ambizione di introdurne uno alternativo?
La risposta è: in pubblicità sì, certamente si può.
Prendiamo Ntv, Nuovo Trasporto Viaggiatori, la società ferroviaria di Montezemolo, Della Valle e Punzo. Prendiamone la campagna pubblicitaria. Il primo slogan era:
Italo. Finalmente puoi scegliere.
Bene. Fin qui ci siamo. Coerente con una storia che nasce. Poi è arrivato un secondo slogan.
Dirai Italo per dire treno.
Parliamone.

venerdì 25 maggio 2012

L'ultima notte da culè

Preferisco così. Non ho detto di no: ho detto così. Se uno se ne va, non lo fa per mettersi ad aspettare di tornare. Me voy. L'avevo detto, stasera lo faccio. Se vinciamo la Coppa del re, chissà i ragazzi che fanno. Mica possono sempre gettarmi in aria. Prima o poi mi scappa il portafogli dalla tasca e non lo trovo più. Lo prende qualcuno, infila il mio documento in tasca e diventa me stesso. Ma forse è proprio quello che voglio. Essere un altro. E' questo che voglio? Oppure voglio che un altro sia me? Che un altro prenda il posto mio. Preferisco così. Forse.

lunedì 21 maggio 2012

Lettera di un bambino di 7 anni a Pocho Lavezzi

Pocho, allora te ne vai. Te ne vai davvero. Te ne vai e io ho solo sette anni, non so cosa sia una clausola di rescissione, non so cosa sia separarsi, a scuola Ines dice che lei dorme un sabato a casa del papà e un sabato a casa della mamma.
Te ne vai, Pocho, e io non so cosa sta capitando, quello che sta succedendo a te e quello che sta succedendo a me. Ti ho visto piangere, avrei voluto farlo anch'io, tanto lo so che i grandi mi avrebbero stretto le loro mani intorno ai fianchi e avrebbero detto: Su, fai il giovanottino, perché ogni volta è così, invece a te nessuno ti ha fermato, ti hanno abbracciato e si sono bagnati una spalla.

giovedì 17 maggio 2012

No football zone

Il molisano Nello Malizia in Perugia-Juventus
Ci sono tre regioni italiane che non hanno mai avuto una loro squadra di calcio in serie A. Mai. Neppure una volta in 100 e passa anni di campionato. Sono la Val d'Aosta, il Molise e la Basilicata. Calciatori sì, più di qualcuno. La Basilicata persino un campione del mondo (Franco Selvaggi, 1982, anche se in Spagna non giocò neanche un minuto) e molti discreti professionisti (Casale, Colonnese, Franco Mancini), oltre che un allenatore (De Canio); il Molise ha avuto in serie A un terzino (Anzivino, Ascoli, fine anni 70) e un buon portiere (Malizia, Perugia), oltre a essere terra d'origine del brasiliano Rivelino; mentre Aosta ha due giocatori in questa serie A, De Ceglie e Pellissier. Ma squadre mai. Perché?

venerdì 11 maggio 2012

Soffiando via la pagina bianca

Voi dovete assolutamente sapere cosa sono le parole crociate in casa Petulia.

La muerte digna

In nove mesi l'Argentina ha scritto e approvato una legge sulla morte degna, intesa come il diritto di un paziente in stato vegetativo o terminale di vedere terminati quei trattamenti che prolungano la vita artificiale. Il consenso potrà arrivare dal paziente stesso o dai suoi familiari. A novembre scorso il sì dei deputati, ieri quello al Senato. Tutto è cominciato ad agosto, quando una donna supplicò il Parlamento affinché le desse una legge per la sua Camila.
Camila ha tre anni. Per un errore dei medici durante il parto, nacque senza vita. La rianimarono per 20 minuti. Il cuore riprese a battere, ma non ha mai respirato da sola, né visto, parlato, ascoltato, pensato. La storia di Camila è qui. Sua madre dice che questa legge non ha niente a che fare con la morte, ma con la vita.

lunedì 7 maggio 2012

Il miglior pezzo da nipotini di Morricone

[best morriconesque song]

Bodies of Water, Under The Pines
Bodies of Water, Gold, Tan, Peaches and Grey
Ane Brun, 10 Seconds
Elbow, An Audience With the Pope
Jeff Hanson, The Hills
Islands, The Arm
Ray La Montagne, Meg White
Last Shadow Puppets, The Age of Understatement
Mother Mother, Body
Shearwater, Rooks
Yeti, Dont't Go Back To The One You Love
Wolf Parade, Call It Ritual

sabato 5 maggio 2012

Inutili fuochi

Bugiarda è una bella giornata di sole più di ogni altra cosa. Bugiardo il mare, e le vacanze. Uno li insegue per trascurarsi o per ricordarsi di sé, per asciugare certi dolori che ci si porta dentro. Che cos' è agosto se non questo. Andrea al mare ci va con Marta, quasi sua moglie, incinta, si stanno regalando l' ultima estate prima che arrivi una bambina a cambiare il loro mondo. Luisa invece è partita solo per il gusto di starsene seduta sul bagnasciuga, in un pugno tiene la sabbia, la fa cadere per capire se soffia il vento. E gli altri là, lontano. Ricardo al mare ci lavora, bello scuro scalzo, al ritmo dei balli latino americani. Così come Dashenka che tiene compagnia ai vecchi, mentre Carlos apre sdraio e ombrelloni, guarda gli altri scottarsi. Arrivano chi dall' Emilia chi da Napoli, da Kiev, dal Venezuela. Nell' arco di una giornata di sole acceso, il 9 agosto di uno qualunque di questi anni Duemila e passa, vanno a sbattere gli uni contro gli altri, animatori e ospiti del desolato residence La Riserva, nel sud Italia.

venerdì 4 maggio 2012

Troisi e la segreteria di Verdone

C'è un monologo inedito di Massimo Troisi nascosto in mezzo a un mucchio di cassette. La voce è conservata in un vecchio nastro di quelli che si arrotolavano con le matite, non c'è nessuno al mondo che li usi più. "Sta lì, in quella pila, in mezzo alle altre decine e decine". Senza un'etichetta. Tutte uguali. "Chissà qual è. Devo avere un po' di tempo per cercare quella giusta". La casa romana di Carlo Verdone è piena di piccole gemme così. "Ne ho una con Fellini che mi chiama, in un'altra ho ritrovato la voce di mio padre. Niente di macabro. È che registravo e conservavo musica negli anni Ottanta, avevo l'abitudine di accumularne veramente parecchia. Poi ogni tanto capitava che mi finisse la cassetta della segreteria telefonica e non ne avessi una bianca, allora dovevo per forza riciclarne una usata". Successe pure la sera che a casa Verdone chiamò Troisi, e adesso servirà un'operazione di archeologia sonora per individuare la Basf giusta con il monologo che nessuno ha mai ascoltato. Uno scherzo fatto all'amico Carlo. "Stavo andando a casa sua, Massimo sapeva che aspettavo una telefonata importante e che da me avrebbe risposto la segreteria. Si mise là e me la scaricò. Parlando di fila per 30 minuti con un nastro. Diceva: Carlooo... egghià Carlo... rispunne... lo so che staje là... Carlooo... e dai Carlo nun fa accussì. Mezz'ora di seguito. Ma lo fece con una padronanza della voce, con una variazione di toni e di sfumature, da altissimo teatro. Tanto che l'ho conservata per tutti questi anni. È una lezione di recitazione". Prima ancora si trattava di una vendetta. Verdone racconta: "La settimana prima uno scherzo glielo avevo fatto io. Camuffai la voce e dissi che chiamavo da parte del sindaco di Trieste, mi presentai come l'assessore alla cultura e con una proposta: cento milioni di lire dell'epoca per alcuni monologhi. Lui all'inizio non rispondeva, io andai avanti, lui alzò il telefono, e per cinque minuti ci cascò pure. Poi mi venne da ridere, mi riconobbe. Disse: nun te preoccupa', poi ci pens'io".

Se Heidi è un business

Fino a Giulietta uno ci arriva. Si chiama sospensione della realtà, un cono dentro il quale ci infiliamo ogni volta che comincia E.T., oppure quando certe pagine portano Alice nel paese delle meraviglie. Finché si tratta ancora di Giulietta, la sospensione della realtà ci può fare a pieno titolo compagnia pure da turisti, da visitatori, non solo da lettori o da spettatori. Si arriva a Verona, e certamente si corre a vedere la casa di Giulietta. Pur sapendo benissimo che quella Giulietta lì non è esistita mai, che la casa dei Cappello ha solo una vaga assonanza con il cognome dei Capuleti, e che qui - diciamo tutta la verità - Shakespeare non è venuto mai.

giovedì 26 aprile 2012

Il campione innamorato

Quando il rugbista gallese Gareth Thomas lo disse ai suoi compagni di squadra, erano seduti al pub con un boccale di birra in mano. Tre anni prima lui si era separato dalla moglie. Prese fiato, mormorò "amici sono gay", poi rimase ad aspettare che gli cadesse il mondo sulla testa. Stephen e Martyn invece si tolsero la schiuma dalle labbra col dorso della mano e risposero: «Ma perché non ce l' hai detto prima?». Caspita, davvero. Ma perché? Perché lo sport è il giardino del machismo, da sempre, sin dai tempi della sferomachia dei Greci. Il calcio ancora di più, e l' Italia batte tutti. Almeno finora. Fino a queste parole qui: «Ognuno viva se stesso e i propri desideri, i propri sentimenti nella maniera più libera possibile. Perché rovinare tutto con la paura, che rende prigioniero di te stesso? La sessualità fa parte della libertà di cui godiamo a questo mondo». È la spallata che dà al suo mondo Cesare Prandelli, commissario tecnico della nazionale italiana. «Dai primi calci al pallone in parrocchia a oggi non riesco a quantificare le persone che ho incontrato, e mai mi sono posto il problema di come venisse vissuta la loro sessualità».

martedì 24 aprile 2012

Il tariffario buffo di un recensore

Cento dollari per il tuo primo libro.
Cento dollari se hai meno di 25 anni.
Settantacinque dollari se usi ancora la foto del tuo promettente debutto.
New Yorker pubblica il buffo tariffario del recensore, così si colgono e si smascherano i tic letterari di cui non ne possono più nell'editoria Usa. Tipo: le parole Sogno, Amore e America nel titolo; le tetralogie; i titoli di due parole in cui la prima è un gerundio; i libri che contengono una mappa o un albero genealogico.
È tutto qui

lunedì 23 aprile 2012

Il genio, tre anni e mezzo dopo

Tre anni e mezzo fa, ddiomio quanto siete vecchi, uscì questo genio che si chiamava Akinator. Panchester e Danilla, all'epoca, si divertirono.
Si pensa a un personaggio, il genio lo deve indovinare facendo 20 domande. Se non ci riesce, ne ha altre 20. E via così.
Ovviamente per batterlo bisogna pensare un nome che sia abbastanza originale.
In una pagina dedicata a robot e intelligenze artificiali, domenica ne ha riparlato La Lettura.
Mi ha incuriosito la notizia che il genio riesce ormai a vincere anche con personaggi nuovi.
Tipo? Tipo il comandante Schettino.
Caspita.

sabato 21 aprile 2012

L'uomo che aveva segnato più di Pelé

Giocavo a pallone senza scarpe, a casa non potevano comprarne. Non ce le potevamo permettere. Papà era morto che avevo 8 anni, anche lui faceva il calciatore. E' per questo che sono nato a Vienna, ci eravamo trasferiti lì con lui, entrai nelle giovanili dell'Hertha perché era stata la sua squadra. Era andato in guerra, era tornato senza ferite e invece morì che aveva 30 anni, a guerra finita rifiutò di operarsi a un rene. Mia madre allora si mise a lavorare nelle cucine dei ristoranti, ci mantenevamo così.

venerdì 20 aprile 2012

Finché la barba va

I primi 15 presidenti della storia degli Stati Uniti d'America avevano tutti la barba. E ce l'avevano ancora appena cent'anni fa due dei 4 candidati. Poi è successo qualcosa. La barba in politica non si porta più. Gli americani hanno dato una sforbiciata allo splendore di una volta, quando tutti quei peli fra le guance e il mento erano un segno di influenza. Uno status. Se volevi una nomination per i repubblicani era necessaria quanto oggi un feticcio di Reagan. Così scrive Slate, che ha indagato un po' sul tema. Giungendo alla conclusione che questa decadenza si deve un po' all'avvento di Gillette nel 1903, un po' all'arrivo delle maschere anti gas che nell'esercito spinsero a fare piazza pulita delle barbe, un po' al fatto che nel secolo scorso la barba faceva molto Karl Marx, ce l'avevano gli hippy e i comunisti.
Poi bisognerebbe ragionare dell'Italia. Nessun presidente della Repubblica s'è mai fatto crescere la barba, che evidentemente non s'addice al Quirinale: al massimo abbiamo avuto i baffi di De Nicola e di Einaudi, e quelli sottili sottili di Leone. Alla presidenza del consiglio, invece, baffoni barbe e pizzetti erano la norma durante gli anni del Regno, almeno fino alla ventisettesima legislatura, quella di Benito Mussolini. Ma dopo la dittatura la peluria ha perso il potere, il potere è diventato glabro, con le sole eccezioni di Giovanni Goria e dei baffi di Massimo D'Alema.
Poi un altro giorno bisognerà parlare dei capelli. Dei capelli e del dolore.

venerdì 6 aprile 2012

Folila vuol dire musica

Amadou & Mariam sono marito e moglie, vengono dal Mali, si conobbero in una scuola per bambini non vedenti e da allora fanno musica insieme. Sono quelli dell'inno per i mondiali di calcio in Germania, quelli che hanno cantato con Jovanotti. Ora arrivano con un nuovo disco, il titolo è Folila. Che sembra due dischi fusi insieme.  Una parte composta da duetti, o visto che già loro sono due bisognerebbe dire di trietti, quartetti, comunque collaborazioni con musicisti di qua e di là. Quelli che parlano bene direbbero che è crossover. Poi c'è una parte più intima, più propriamente loro, più puramente Mali. Verso la fine del disco. Ed è forse la parte più bella.

martedì 27 marzo 2012

Le parole di Pino Daniele

C'è stato un Pino Daniele fra il 1977 e il 1981. Il Pino Daniele di Terra mia, l'album da noi chiamato  "il disco che lui si fa la barba", poi quello di Nero a Metà e di Vai Mò.
Poi ce n'è stato un altro, di Pino Daniele, via via più distante dall'autore che in tanti abbiamo amato.
Qui ci sono le nuvole dei suoi testi a confronto. Per capire. Con le parole da lui più usate: una con quelle del periodo 1977-1981; l'altra con quelle dal 2004 in poi.
Molto-molto-molto indicative (a parte qualche piccola impurità).

venerdì 23 marzo 2012

Pino, Enzo e Joe

Le cinque cose imparate dai tre dischi di artisti napoletani usciti più o meno contemporaneamente
La Grande Madre (Pino Daniele) Black Tarantella (Enzo Avitabile), Respiro (Joe Barbieri).

martedì 20 marzo 2012

Di nuovo a casa

Il disco più bello uscito a marzo si chiama Home Again. E' di Michael Kiwanuka, 24 anni, figlio di rifugiati ugandesi in Inghilterra. Lui ha cominciato come supporter di Adele. E' al suo disco d'esordio, dove ha messo insieme anche un po' di cose cantate in concerto finora. C'è tanta anima dentro. E il disco comincia con questa piccola perla qui. Conservati bene, ragazzo.

mercoledì 14 marzo 2012

Il social Umbertwork

Io me la vedo la scena.
Lui sta lavorando al nuovo disco. Perché lui non dice album o cd, lui dice disco. Lui sta lì che scrive, incide, arrangia e arrivano quelli della casa discografica che gli fanno: 'A Umbe' te devi  fà Tuiìte. Se sono romani dicono così. Se invece sono milanesi gli sparano: Uelà Umberto: l'è l'ora che ti apri un profilo.
Lui si fa spiegare un po' meglio di che si tratta, ascolta e alla fine si convince.
Ci siamo.
Lui, Umberto Tozzi, allora va su Twitter.

Con un piccolo moto di sprezzo

Un divano al giorno
Susanna se ne andò, stringendosi nelle spalle, con un piccolo moto di sprezzo. Isolina si era buttata sul divano di cretonne giallina, a fiori rossi, molto duro, dalla spalliera diritta: guardava distrattamente il salotto.
[Matilde Serao, La virtù di Checchina, 1906]

L'anatra di Raffaele La Capria

Oggi Raffaele La Capria sul Corriere dice la sua sulla polemica di questi giorni a proposito di buona-cattiva letteratura, buoni-cattivi lettori. E lo fa mettendo al centro uno degli elementi chiave. Il gusto. Svela il suo:
Esprimo solo i gusti personali di chi preferisce lo "stile dell'anatra"; che nuota leggera in superficie, ma che ottiene questa leggerezza faticando assiduamente sott'acqua con le zampette palmate. Un lavoro e una fatica che non si vedono, che lo scrittore non deve fare mai apparire.

lunedì 12 marzo 2012

Russando come un contrabbasso

un divano al giorno / 1

"Via via che si arrivava a una stazione, il signor Clodoveo si affannava a far la sua brava lezione peggio del professor Muscolo, finché a forza di sentire spiegazioni mi sono addormentato profondamente. Quando mi sono destato, ho visto nel divano difaccia il signor Clodoveo che dormiva, russando come un contrabbasso".
[Vamba, Il giornalino di Gian Burrasca, 1911]

No, compulsare no

Il calcio beat di Kerouac


Oggi Jack Kerouac avrebbe compiuto 90 anni, lui che aveva giocato a football, e che amava il calcio.

Eppure a volte Tangeri era indescrivibilmente noiosa, senza vibrazioni, allora camminavo per due o tre chilometri sulla spiaggia tra i vecchi pescatori che tiravano ritmicamente le reti lì sulla battigia divisi in gruppi canori, accompagnandosi con una vecchia canzone, lasciando i pesci a dibattersi sulla spiaggia, e qualche volta guardavo le eccezionali partite di calcio sulla sabbia di matti ragazzini arabi alcuni dei quali segnavano gol con colpi di testa all'indietro applauditi da un gruppo di bambini. 
(da L'ultimo vagabondo americano)

venerdì 9 marzo 2012

L'ultima finzione di Borges: "Chi è più grande tra Messi e Maradona"

Professor Jorge Luis Borges, ha visto di cosa parlano i giornali in tutta Argentina? 
“E’ da un pezzo che non leggo più giornali. Di che si tratta?”. 
Si chiedono se Messi sia più grande di Maradona. 
“Giovanotto, lei ha davvero fatto questo lungo viaggio per chiedermi questo?”. 
Volevo chiederle chi dei due preferisce. 
“Non mi interessa saperlo. Anzi, io credo che nessuno dovrebbe indagare dentro di sé per sapere se preferisce Messi o Maradona”. 
Perché dice così? 
“Perché la gloria è una forma di incomprensione, forse la peggiore. Dunque stiamo parlando di due incompresi. Si può scegliere un migliore fra due incompresi?”. 
Possiamo almeno parlare un po’ di calcio? 
“Il calcio mi pare una sublime forma di noia”. 
Non le piace? 
“Mi piaceva giocarlo. Però lo detesto. Voglio dirlo meglio: lo detesto perché mi piaceva giocarlo. Non so se mi segue”. 
Ci provo. 
“Il calcio è un gioco brutale che non richiede alcun coraggio speciale. Nessuno si gioca la vita. Credo che a nessuno interessi veramente il calcio”. 
Professore, il calcio è lo sport più popolare del mondo. 
“Il calcio è popolare perché la stupidità è sempre popolare”. 
E’ così che spiega gli stadi pieni? Con la stupidità? 
“Ah, ma la gente allo stadio non va mica per il calcio. Alla gente interessa solo che vinca quello o quell'altro. Non ho mai sentito qualcuno dire: sono tifoso del San Lorenzo, ma come sono contento che abbia vinto il Boca”.
Lei non ha mai avuto una squadra per cui fare il tifo? 
“Da bambino me lo chiedevano sempre. Io rispondevo che di calcio non sapevo nulla. Allora gli amici ribattevano che poiché eravamo di quel barrio là, dovevo dire che tifavo per il San Lorenzo”. 
Lei tifava per la squadra di Lavezzi? 
“Piano piano scoprii che il San Lorenzo non vinceva mai. Allora un giorno lo dissi ai miei amici, risposero che non c’entrava niente, che il fatto di vincere o perdere era secondario, e in questo avevano ragione. Dissero che potevo tifare per il San Lorenzo perché era una squadra scientifica”. 
In che senso scientifica? 
"Che non sapeva vincere. Ma che lo faceva meglio di tutti”. 
Professore, lei è morto il 14 giugno del 1986. 
“Giovanotto, lei è pedante. Conosce solo cose ovvie”.

mercoledì 7 marzo 2012

Le parole del boss

Il Wordle di Wrecking Ball. Le parole più usate nell'ultimo disco di Bruce Springsteen.

Cosa vediamo in Springsteen quando ascoltiamo Springsteen

E' uscito ieri Wrecking Ball, il 17esimo disco in studio di Bruce Springsteen. Cos'è e cosa non è.


Per il Foglio, Bruce Springsteen canta la disillusione verso Obama
Probabile che l’America confermi Barack Obama alla Casa Bianca, pur amandolo di meno (ma forse fidandosi di più). Nel suo disco il Boss amplifica il sentimento di disillusione che va sottobraccio a un’ammissione di necessità: in una situazione così, passi pure che le leve del comando restino in quelle mani, sebbene meno miracolistiche di quanto s’era sperato. Il voto col naso turato, che Springsteeen lascia intravedere, sottolinea come la pulizia delle sacre stanze sia stata più superficiale dell’annunciato, che i grandi poteri siano tutti ancora lì arroccati ad accumulare.

Le regole della lettura

- Pa'.
- Mmm.
- Ti devo chiedere una cosa.
- Sì, chiedimela, ma stai leggendo distraendoti troppo. Continuamente.
- Pa'. Se io sono a pagina 23 e devo arrivare a 79 quante me ne mancano ancora?
- Dai che lo sai. Devi fare la sottrazione.
- 79 meno 23?
- Eh sì.

Per dirne una

Era un ambasciatore Unicef quando successe quello che successe. L'aveva detto, Maradona, che non voleva essere un modello, che lui era soltanto un calciatore, che i modelli per i ragazzi devono essere i loro padri. 
Oggi credo allora che a Maradona piacerebbe molto quel che ha detto Federer alla vigilia del torneo di Indian Wells.
"Essere un modello è bello, ricordo bene quanto sono stati importanti da bambino Stefan Edberg e Michael Jordan. Anche se qualche volta vorresti fare qualcosa che la gente non possa vedere, come gettare un sasso in uno stagno, per dirne una".

lunedì 5 marzo 2012

Il senso di Dalla per la pelle

Il sogno di questo blog è diventare un'opera collettiva. Per un po' c'è stato il contributo di Panchester, sarebbe bello avere le recensioni letterarie di Petulia (gliela butto lì), e finalmente torna Buildo. L'autorevole Buildo.

C’era un tempo in cui Ottantacento non si faceva chiamare così. Il tempo in cui Andreotti decideva tutto su giornali e giornalisti. Beato chi lo conosceva. Quando Ottantacento non si faceva chiamare così, un giorno parlammo di Dalla e dei tòpoi presenti nei suoi pezzi. La parola tòpoi la usò lui (Ottantacento non era ancora Ottantacento ma un ragazzo già molto preparato). Il tòpos luna e il tòpos stelle vennero facili. Poi saltò fuori la pelle. Non so a lui, a me la pelle stava a cuore. Ma assai. Oltre che la profondità interiore e una buona disposizione all’igiene intima, nelle donne ho sempre cercato la qualità della pelle. Perciò mi piaceva che Dalla se ne occupasse. Prima di Venditti, prima che Venditti piazzasse il brevetto e che nella canzone italiana i diritti sulla pelle diventassero suoi.

venerdì 2 marzo 2012

Lucio Dalla: pensiero, parola ed essere


[le parole più usate nelle sue canzoni]

giovedì 1 marzo 2012

Lucio Dalla da questa parte del mondo


Lucio Dalla aveva dedicato a Napoli uno dei suoi pezzi più famosi, Caruso. Un omaggio così riuscito da rappresentare un esempio di agnizione della napoletanità, come ha scritto Francesco Durante nel suo recente I napoletani e come si disse qui un paio di mesi fa.
Ma il rapporto fra Lucio Dalla e Napoli non era soltanto fatto di catene che scioglie 'o sangue dint''e vvene. Nel suo ultimo disco, tre anni fa, c'erano il dolore e la vergogna per i rifiuti (la canzone si chiamava Fiuto, cantata in coppia con Servillo), e pareva persino di leggerci dentro il canto d'addio al bassolinismo della città. Era nei versi Maramao sei vivo o morto, la monnezza t'ha sepolto, l'insalata c'era anche lì nel porto, Maramao perché ti han storto. La canzone più riuscita di quel disco, Broadway, si chiudeva con un verso in napoletano, Stateve ccà, cioè State qui, una specie di Resta cu' mme meno privata, più urban, in questi anni di nuova emigrazione dal sud, coi trolley e i tablet al posto delle valigie di cartone.

sabato 25 febbraio 2012

La prima volta di Fiorella, senza lasciare Ivano


Ho scritto questa cosa, fammi sapere se ti piace. La mail finiva più o meno così. Poi un clic. Invio. Nessuno sa dove vivono le canzoni prima di esistere, sono assai peggio delle pietre di Stonehenge. Ivano Fossati era in Francia quando il suo computer fece plin, aprì la posta, c’era scritto “da: Fiorella Mannoia”, e una canzone era lì. Nuda. Perché puoi anche non sapere da dove vengono, ma loro sanno benissimo dov'è che devono andare. “Secondo me era consapevole sin dall'inizio di aver scritto un bel testo”. Il primo in 44 anni di carriera. Un testo che cercava un vestito, chiedeva una musica. Adesso c’è. Fossati trattino Mannoia, non come prima che erano Ivano & Fiorella. “La cosa incredibile è che io sto lasciando, lei sta iniziando”, Fossati scherza, ma nemmeno troppo. Per dire che quest’incontro alla fine è un incrocio, forse è capitato quando avevano smesso di cercarlo. “Se dicessi che in passato non avevo pensato alla scrittura, sarebbe una bugia. E’ che non mi ero sentita mai all'altezza. Cosa volevo: cantavo Fossati, cantavo De Gregori, mi sentivo inadeguata. Io che non ho mai scritto neppure una pagina di diario”. Ma la canzone è una penna e un foglio, questo lo dice Guccini. Così è nata Se solo mi guardassi, traccia numero tre del nuovo disco di Fiorella Mannoia, Sud. Una penna, un foglio e i racconti dei musicisti venuti dal Senegal. “Ho scritto nello studio di casa mia, la scintilla me l’ha data un libro di Pino Aprile, Terroni. Sono partita dal nostro meridione e sono arrivata al sud del mondo, tutti i sud hanno un destino comune. Gente che ci passa accanto e non ci giriamo nemmeno a guardarla. Il nostro sud è stato saccheggiato, non era certo così disgraziato come ce lo raccontano. Dopo tutta la musica che ho ascoltato, credo che l’occidente abbia dato ciò che doveva, adesso le novità vanno cercate altrove”.

giovedì 23 febbraio 2012

Emma, Noemi, Arisa e l'elogio dell'incomunicabilità

Adesso che di Sanremo non importa più a nessuno, è forse arrivato il momento di scavarci dentro. Per scoprire che il festival dei lunghi monologhi di Celentano è stato in realtà il festival che ha premiato la mancanza di fiducia nel potere della parola. Il Sanremo che ha fatto l'elogio dell'incomunicabilità. L'ha cantata meglio di tutti Noemi, al suo uomo ricordava "un equilibrio che svanisce ogni volta che parliamo". Lui era stanco di tutto, "e io non so cosa dire, non troviamo il motivo neanche per litigare, siamo troppo distanti distanti tra noi, ma le sento un po' mie le paure che hai. Vorrei stringerti forte e dirti che non è niente. Posso solo ripeterti ancora: sono solo parole, sono solo parole le nostre".

lunedì 20 febbraio 2012

Alessandro Siani, l'Accademia della Crusca e la prospettiva di un accento

Ora. La comicità di Alessandro Siani può piacere o non piacere. Oppure può piacere a volte sì e a volte no. Sul "Corriere del mezzogiorno" di ieri, Antonio Fiore ha scritto che sul palco del festival l'attore napoletano ha concesso "un quarto d'ora di spasso intelligente" - anche se con qualche battuta non originalissima - chiudendo poi con la retorica del siamo tutti italiani, e il nord, e il sud, la stessa barca, eccetera eccetera.

mercoledì 15 febbraio 2012

Basta il giusto

Quando un giorno la Terra sarà troppo piccola per tutti, allora sì che ce ne accorgeremo. Ci spareremo addosso per la sopravvivenza dopo averlo fatto per il petrolio, per l' acqua e per l' uranio. Lo faremo per il suolo e il sottosuolo, per il cibo e i serbatoi delle macchine. Andrea Segrè, economista triestino e preside della facoltà di Agraria all' Università di Bologna, immagina come sarà l'apocalisse del mondo occidentale, schiavo della triade crescita-consumo-debito. Lo fa nel suo Basta il giusto (quanto e quando) (Altreconomia), un libretto sottile costruito come una lettera a uno studente universitario diciottenne. Quando un giorno la Terra sarà troppo piccola per tutti, sarà pure troppo tardi. Perciò bisogna agire adesso, e una strada per Segrè esiste già. Sarà l'ossimoro a salvare il mondo, a garantire ancora un futuro. La strada delle contraddizioni apparenti condurrà "lentamente, ma per davvero" a meno benessere e più ben vivere.

martedì 14 febbraio 2012

'O festivàl / 4

Certo, uno si assenta due settimane e quando torna vuole parlare del festival di Sanremo.
Però ci siamo. Mica si può fare finta di niente. Io ero spaventato soprattutto da una cosa. Che Sanremo comincia e Tieffemme sta ancora a Parigi. Però questo suo post mi fa capire che pur in contumacia possiamo contare su di lui (e sulla sua scoperta Dragontape)
Dopo il meglio degli anni '70 [che si sente e si legge qui], il meglio degli anni '80 [qui] e il meglio degli anni '90 [qui] e il meglio degli anni Zero [qui], arriva:
L'anti Sanremo di tutti i Sanremi.
E cioè.
Tutte le volte che a Sanremo uno ha pensato: ma questo adesso qua che ci fa.

martedì 7 febbraio 2012

L'età dell'oro dello sport spagnolo e tutte le ombre intorno

Il ciclista spagnolo Contador
Quando il marciatore Daniel Plaza Montero riuscì a dimostrare che il nandrolone trovato nel suo sangue veniva da una lunga notte di sesso orale con sua moglie incinta, tutta la Spagna si fece una grandissima risata e richiuse gli occhi per sognare con i suoi campioni. Ora che tante di quelle stelle sono coperte d'ombra la Spagna non ride più, e una parola più di ogni altra usa per spiegare che l'età dell' oro non è una patacca. Persecuzione, così dice la potenza del calcio, del basket, del tennis, dell'hockey su pista. L'84% dei lettori dell' edizione online del quotidiano sportivo Marca ieri considerava ingiusta la sanzione per Contador. È la stessa opinione pubblica che si è sollevata a novembre per le illazioni di Yannick Noah sulla pozione magica: «Sono caduti nel pentolone di Asterix e Obelix». La stessa che reagì nel 2007 alle accuse del capo mondiale delle bici, Pat McQuaid: «La Spagna non vuole lottare contro il doping».