venerdì 30 luglio 2004

Gaetano Iannuzzi

IN viaggio verso Atene, c'è un ragazzo che sei anni fa era in fin di vita. «Fu un incidente d'auto. Avevo la milza spappolata e un'emorragia interna». Gaetano Iannuzzi, timoniere dell'otto con, rimase 5 ore sotto i ferri e 8 giorni in coma. Il medico che lo salvò si chiamava Carlo Molinaro, quella sera era di guardia al Cardarelli: non sapeva che stava operando un Nazionale di canottaggio, lo sport che lui stesso aveva praticato da ragazzo. «E' cambiata la mia maniera di guardare la vita. Prima svegliarsi era normale, ora è meraviglioso». E' cambiata al punto che per tornare all'Olimpiade, due anni fa, Iannuzzi s'è licenziato. Faceva il rappresentante di materiale elettrico. Ha scelto la maglia della Nazionale.

lunedì 26 luglio 2004

Massimiliano Rosolino


Questa è la storia di un bambino obeso che si trasforma in una stella. «Avevo sei anni quando arrivai a Napoli. Non capivo il dialetto e mi fregarono subito la bicicletta». Gli altri scugnizzi inghiottivano merendine, lui doveva andare a frutta e carote per dimagrire. Aveva messo un po' di chili dall'altra parte del mondo: mamma Carolyne, australiana di Montrose, quaranta minuti di macchina da Melbourne, aveva conosciuto papà Salvatore in crociera sull'Achille Lauro, e l'aveva sposato. «Sono diventato una loro miscela perfetta. La simpatia e il piacere d'improvvisare sono quelli di papà, l'ironia l'ho presa da mamma. Sono mezzo australiano, ma ho scoperto che noi napoletani sappiamo campare meglio di tanti altri».

mercoledì 21 luglio 2004

I Giochi di De Crescenzo

La prima Olimpiade di casa De Crescenzo si chiuse davanti ad uno schermo buio. «Si ruppe il televisore nel giorno delle finali di nuoto. Aspettavamo la gara di Dennerlein, e non la vedemmo». Roma '60, il piccolo Paolo aveva dieci anni. Il settembre dopo, era un bimbo della leva nuoto alla Canottieri Napoli. Papà Armando portò lui ed anche il fratellino Massimo. Così Dennerlein ce l'avevano sotto gli occhi. La prossima Olimpiade di Paolo De Crescenzo è quella buona, e il televisore non c'entra. Ad Atene ci va da cittì della Nazionale di pallanuoto. «Non sono mai stato ai Giochi. Neppure da spettatore. Be' , sono il massimo. Rappresentano il riconoscimento più alto dello sport come fatica, educazione e cultura; il riconoscimento di chi solitamente non si sente rappresentato. O forse dovrei dire sovra-rappresentato, come accade ai tanti personaggi finti di cui ci nutriamo. Non è invidia: solo che non è giusto scoprire ogni 4 anni gente come un Maenza, un Burruni, Maspes o Gaiardoni. Sono curioso di vedere cos'è un'Olimpiade. Ho l'esperienza di tre Universiadi, a Torino, Mosca e Kobe. Ma non è la stessa cosa» .