mercoledì 30 aprile 2014

Per chi tifava Sergio Leone?

- Che hai fatto in tutti questi anni, Noodles? - Sono andato a letto presto.
Gli anni adesso sono venticinque, da quando Sergio Leone non c'è più. E un altro film come C'era una volta in America, lo stiamo ancora aspettando. L'amore, l'amicizia, la fedeltà, il tradimento, il senso di colpa: un film totale, un'opera mondo, come la chiamerebbe Moretti, ma non Nanni, suo fratello Franco. Sergio Leone è uno di quelli di cui ti ricordi esattamente dov'eri quando ti hanno detto che era morto. Al cuore Ramòn, al cuore, e poi il Monco, il Biondo, Tuco, Armonica, Cheyenne, i nomi più belli tra i personaggi del cinema italiano. E Claudia Cardinale che scende dal treno alla stazione. E la voce di Nando Gazzolo. E lo scion scion di Morricone. Una cosa non si sa di lui, o almeno non l'ho capita io. Ma Sergio Leone era romanista o laziale?

lunedì 28 aprile 2014

Jongbloed, il portiere della grande utopia

jan1 Mi chiamarono un mese prima dei Mondiali. Jan, riproviamo. Mancavo in nazionale da dodici anni, mica cinque minuti, e stavo entrando a far parte della Grande Olanda. La Grande Olanda, sì, anche se non abbiamo vinto niente di niente. Noi siamo semplici calciatori, sono gli orafi che misurano il valore delle cose dal loro peso. Noi possiamo permetterci altro, possiamo apprezzare un gesto, un momento, una giocata. Possiamo stabilire cosa sia la grandezza senza fondarci su alcuna unità di misura. Possiamo goderci il privilegio della soggettività, la sontuosa meraviglia di stabilire quale calcio ci piace di più, e trasformarlo in un totem, in una leggenda. Questo siamo stati noi, gli olandesi degli anni Settanta. Altri molto più di me.

domenica 27 aprile 2014

Boskov il napoletano

boskov Di domenica. Il giorno migliore per salutare dopo una vita come la sua. Di domenica. Perché quando Boskov era Boskov non c'erano gli anticipi e neppure i posticipi. Di domenica. Come dovrebbe sempre accadere a chi le domeniche ce le ha riempite. E' una gigantesca processione laica, questa che tra le maglie della Rete accompagna l'addio di Vujadin Boskov: "navigare" si cominciava a dire negli anni in cui "rigore è quando arbitro fischia". Le sue frasi celebri sono immortali, come lo scudetto alla Sampdoria e prima ancora la sua regia a centrocampo in una delle più grandi nazionali jugoslave della storia. Aveva gli occhi piccoli che si accendevano con poco. Una mattina, passeggiando lungo via San Gregorio Armeno, la strada napoletana dei presepi, Vuja si ritrovò sotto gli occhi una statuina alta una quarantina di centimetri. "Ma kvello sono io". Era lui sul serio. Napoli lo aveva accolto con grande simpatia e un rispetto ancora più grande. Anni durissimi, una società che per non fallire vendeva ogni estate il suo giocatore migliore, 1994, la sua esperienza servì a non perdere la bussola. A non perderla subito, almeno. Aveva una sua idea della città: "Napoli ha bisogno di poliziotto olandese. Poliziotto olandese è poliziotto più cattivo del mondo".

sabato 26 aprile 2014

Storia di un giubbotto che diventò un romanzo


La prima volta che ho incontrato l’editore ho pensato che sotto sotto c’era una fregatura. Perché mi ascoltava. Non può essere, mi ripetevo nella mente, anche se non credo che lui l’abbia capito, non può essere che ci sia una persona vera, qui, interessata a questa storia. “Qui” significa il tavolino di un bar nella grande pancia della stazione di Napoli Centrale, ci aveva messi in contatto un’amica che aveva letto qualche pagina. Io presi un muffin, lui non me lo ricordo, non riesco sempre a ricordare tutto: e questa inadeguatezza fa già di me un clandestino dentro questa rubrica di giovani scrittori.
(continua a leggere su Parallelo 41)

lunedì 21 aprile 2014

Kazadi e il terrore dello Zaire

zai2 E comunque non c'era proprio niente da ridere quando Illunga Mwepu calciò al posto di Rivelino. Punizione per il Brasile al limite della nostra area di rigore. L'arbitro fischia, il mio compagno di squadra esce rapido dalla barriera, corre verso la palla e la manda lontano. Il mondo rise, senza sapere cosa ci fosse dietro quel gesto, senza sapere del nostro terrore. Il terrore con cui quel giorno il mio Zaire scese in campo.
Gelsenkirchen, 22 giugno 1974. Le cose andarono così. Era la terza e ultima partita del girone. Avevamo giocato e perso le prime due: io avevo subito due gol dalla Scozia all'esordio e nove dalla Jugoslavia successivamente. Per la precisione: dalla Jugoslavia ne avevo presi personalmente solo tre, tre nei primi 21 minuti, prima di essere sostituito dal nostro ct, Vidinic, uno jugoslavo. Dentro la mia riserva, Tubilandu Ndimbi e fuori io, Mwamba Kazadi.

domenica 20 aprile 2014

Sepp Maier, il portiere che voleva ridere

sepp-maier I passaggi furono quindici, me lo ricordo ancora. Ricordo la corsa all'indietro che fece Cruyff per andare a prendersi un pallone a ridosso della sua area. Poi rimase lì, a centrocampo, e al quindicesimo passaggio consecutivo, senza che noi tedeschi toccassimo mai il pallone, lo vidi partire verso di me. Accelerò in uno spazio vuoto che forse aveva visto solo lui, forse neppure c'era, lo aveva creato da solo. Toccò il pallone otto volte tenendolo sempre incollato al piede destro, collo, esterno, collo. Non c'era niente da fare. Mi avrebbe fatto gol, dovemmo buttarlo giù. Calcio di rigore. Neppure un minuto di partita, neppure un minuto della finale che giocavamo in casa contro l'Olanda, e c'era rigore per loro.

giovedì 17 aprile 2014

Il calcio di Gabo

Gabriel-Garcia-Marquez-wi-007 Disse che in una partita di calcio, una volta, aveva perso il senso del ridicolo. Perché era diventato un hincha. Un tifoso. "E poi ho deciso di frequentare lo stadio. Poiché era un incontro più importante di tutti quelli precedenti, dovetti muovermi un po' prima. Confesso che mai nella mia vita sono arrivato con così tanto anticipo in un posto, e che da nessun posto sono andato via tanto esausto". (El Juramento).
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lunedì 14 aprile 2014

Mazurkiewicz e la finta di Pelé

Magari voi il barrio Sayago neppure lo conoscete, il quartiere della ferrovia, a nord di Montevideo, dove abitano gli scrittori, dove una volta ci tenevano rinchiusi gli schiavi. Ma quando io entrai al Parque Osvaldo Roberto, lo stadio del Racing al barrio Sayago, avevo in mente una cosa sola. Diventare un calciatore. Uno vero, dico. Guadagnarmi la vita col pallone. Ero mediocampista. Sì, centrocampista. Lo ero dentro di me. Nella mia testa, voglio dire. Perché è là che succedono le cose, in mezzo al campo. E io là volevo stare. Solo che arrivo al Parque e mi fanno Ehi tu ragazzo, Chiquito, mettiti in porta che oggi manca uno dei nostri. In porta, io. Bah. Comunque vado. Quel giorno ho imparato che se ti chiedono una cosa che non hai intenzione di fare per il resto della vita, ecco, devi farla bene per senso del dovere, ma non devi farla benissimo, altrimenti ti incastrano.

domenica 13 aprile 2014

Dove le strade non hanno nome: la recensione di Dario De Marco

Ora, sempre a proposito di riferimenti, parlando di narrazioni che invertono lo scorrere del tempo a me vengono in mente varie cose. La prima è La freccia del tempo di Martin Amis. Che però veramente non ci azzecca niente, perché lì non è la narrazione che procede a ritroso, ma proprio la vicenda: inizia che il protagonista muore, poi sta malissimo, poi esce dall’ospedale, poi diventa sempre più giovane ecc. ecc.; ed è lo stesso protagonista che non si capacita di quello che gli succede: molto interessante dal punto di vista logico, perché instaura un rovesciamento pervasivo e universale del principio di causa-effetto (se la morte precede la vita, se la ferita precede il colpo, allora i nazisti sono dei benefattori dell’umanità, e i chirurghi degli aguzzini), ma appunto non c’entra niente.

giovedì 10 aprile 2014

Auguri a Nancy Brilli

Auguri a Nancy Brilli, gli anni non li dico, ve li andate a guardare voi.

Carmelino sbranava panino mozzarella e melenzane sott'olio. La guerra. Gemè ne stava domando uno provola e peperoni alla piastra. Roba che per smaltirla e fare il bagno se ne sarebbe parlato almeno tre ore dopo. Gemè mandò giù un boccone e sputò una domanda: "Tu una sciammeria te la faresti con Claudia Schiffer o Nancy Brilli?". Sono gli ormoni che lo fanno straparlare, non trovano pace. Il mare è una tavola, Ischia e Procida di fronte, questa è la terra dei giganti Lestrigoni che scagliarono le loro pietre contro la nave di Ulisse; questa è la spiaggia di Miliscola, dove si addestravano le reclute, e con Gemè è un continuo addestramento sessuale. 
(Dove le Strade Non Hanno Nome)

mercoledì 9 aprile 2014

Marisa e la fecondazione eterologa


Oggi che il divieto di fecondazione eterologa è illegale, penso a Marisa e a suo marito che incontrai nove anni fa. 
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Marisa ha un bimbo nel pancione e un segreto nel cuore. Suo figlio nascerà a novembre, il segreto dovrà tenerselo dentro. "Ho cominciato l'eterologa in Italia, quando non era proibita". Ha dovuto completarla a Barcellona, da fuorilegge, un cammino di speranza, paura e umiliazioni: 35 anni lei, suo marito poco sopra i 40, sterile. Decidono di provarci per un'altra via.

martedì 1 aprile 2014

Il segno dell'Apocalisse in arrivo



E' il momento di pentirsi, la fine è vicina.

Sono arrivati stasera a Napoli e mercoledì 2 aprile alle 10 saranno al caffè Gambrinus per chiedere scusa ai napoletani per le offese ed i giudizi sommari dati da Andrej Godina al caffè ed ai bar napoletani. Si tratta di Lorenzo Giorgi e Patrick Caruppo del primo quotidiano online di Trieste (www.triesteprima.it) che hanno raccolto in questi giorni i pareri dei loro concittadini dispiaciuti per quello che è successo.Ad accoglierli i titolari della storica caffetteria napoletana Antonio e Arturo Sergio, il leader degli ecorottamatori Verdi Francesco Emilio Borrelli e Gianni Simioli della radiazza che trasmetteranno in diretta radiofonica alla città i loro pareri."Il vostro caffè è ottimo, Godina ha sbagliato" hanno preannunciato.
(comunicato di Francesco Borrelli)

Pensieri a casaccio su Lo Sceicco Bianco di Fellini


Una volta Tele+ aveva i cicli. Non c’era un film di Fellini, c’erano tutti i Fellini. Se una sera guardavi Lo Sceicco Bianco, la sera dopo c’erano I Vitelloni, e poi La Strada, e poi tutto il resto. Li programmavano anche in ordine cronologico, ma forse sto mitizzando, non lo so.

Wanda Giardino in Cavalli, il personaggio della sposina, è così ingenuo da indurre a credere che oggi non avrebbe senso, oggi che i social network e la rete arrivano anche negli angoli inimmaginabili del più sperduto paesino italiano. Falso. La grandezza dello Sceicco Bianco sta nell’attualità di un personaggio che profuma di antico. Renderla meno ingenua e più consapevole di quel che fa, toglierebbe energia al film.

La sceneggiatura è un congegno di quelli teorizzati da Syd Field, direbbe il mio maestro Corrado Morra. Speriamo che prima o poi tenga un corso su Lo Sceicco Bianco.

Cioè. Pensandoci ancora meglio. Bambola Appassionata che cos’è, se non un perfetto nickname dietro il quale si può fantasticare chattando? E poi il modo in cui Fellini la fa parlare. “La vera vita è quella del sogno, ma a volte il sogno è un baratro fatale”.

In Fernando Rivoli ci sono tutte le sfumature di Alberto Sordi. Seduttore, casereccio, cialtrone e lamentoso.