domenica 8 agosto 2004

Luigi Tarantino

NON chiedetegli di nascondersi. «Se c'è uno che so di battere sicuramente, lo dico. Se c'è uno più forte di me, lo ammetto. Ma uno più forte di me non c'è». Luigi Tarantino si sentiva il più bravo di tutti già prima di diventare campione del mondo, nell'estate del '98 a Chaux de Fonds, Svizzera, nel pomeriggio d'oro della sciabola napoletana, quello del derby in finale contro l'amico Raffaello Caserta. Sei anni dopo, continua a sentirsi in cima al mondo. «Semmai c'è qualche avversario con delle caratteristiche tecniche che mi fanno soffrire. Parlo di un paio di russi e un paio di ungheresi, e basta». Eppure, a uno così, a uno che non sa cosa sia l'insicurezza, scopri che la Nazionale di scherma ha dato uno psicologo. «Con lui sto lavorando sui dettagli, per esempio su come scaricare la tensione. Facciamo musicoterapia. Vediamo se serve. Di certo non trasforma i brocchi in fenomeni. Sentivo di un tennista francese, un certo Benneteau, a cui lo psicologo aveva consigliato di tenere dei sassolini bianchi in una tasca e dei sassolini neri in un'altra. Ogni volta che vince un punto, sposta una pietrina bianca fra le scure. Così aumenta la fiducia in se stesso. è un sistema con cui sta migliorando, però - guarda caso - un trucchetto del genere ad Agassi non serve». E lui ovviamente si sente un Agassi, non un Benneteau.

lunedì 2 agosto 2004

Paolo De Luca

SE n'è andato a vivere nella città del Palio, perciò non possono spaventarlo gli intrighi, i litigi e i rancori. Siena è la città con cui Paolo De Luca si sente in debito, la città che gli mise a disposizione medici e cortesie per la famiglia, in giorni difficilissimi. Ma Napoli è casa sua. «A Siena sono preoccupati, li capisco, però mi conoscono. Sanno che se prometto, mantengo. Ed ho promesso. Se prendo il Napoli, tengo tutt'e due le squadre. Con uguale amore. Qualcuno semina zizzania, a Siena sappiano che non li abbandono». Sessantuno anni, il presidente d'una storica promozione in serie A e d'una salvezza ancora più miracolosa. Ma Paolo De Luca aveva vissuto capitoli di storia calcistica già prima dell'avventura in Toscana. Capitoli di gloria.

Ennio Falco. In difesa dei fucili



SONO piattelli, ma fa impressione vederli andare in briciole. Di questi tempi, poi. Uno sparo è sempre uno sparo. «Chiariamo subito, allora. Sono stato il primo campione olimpico della storia ad andare in Libano. Ho portato il mio fucile a Beirut. Quale messaggio migliore per invitare ad usare le armi solo come attrezzo sportivo, e non per fare la guerra. Per dirla tutta, a Beirut andai con moglie e figlia». Wolf Creek, così si chiamava il posto dove Ennio Falco vinse il suo oro ai Giochi, otto anni fa, edizione di Atlanta. Con 149 piattelli frantumati su 150, sbagliò il sestultimo, e ci scappò un bacio al fucile, il suo amico imbarazzante. «Capisco: sono di parte. Ma dove lo trovi uno sport pulito come il tiro a volo? Sei tu, da solo coi tuoi pensieri, e all'aria aperta».

domenica 1 agosto 2004

Alfonso Pinto

I DVD sono in fila sulla mensola del soggiorno. Il Marciano di Paul Newman, il La Motta di De Niro, un paio di Rocky. «Il mio preferito è Ali». Il film di Michael Mann in cui Will Smith s'incarna in Cassius Clay. «Quello è un grande uomo. Ali, dico. Un massimo che si sposta come un leggero, altro che Tyson. 'A verità? Mi piace imitarlo. Mi muovo come lui». L'ultima speranza di Torre Annunziata si chiama Alfonso Pinto. E' il più leggero fra i campani di Atene, un morso d'uomo che per salire sul ring deve rimanere sotto i 48 chili dei minimosca. «In allenamento gli aggiungo dei pesi nei guantoni, così la smette di fare Clay e tiene le mani alte», racconta il maestro Ernesto Bergamasco, ex olimpionico e professionista con un'esperienza al Madison Square Garden.