martedì 29 novembre 2011

Le barriere di Zico

Mondiali 1978. Una punizione di Zico contro la Spagna


Tutta la vita ad aggirare barriere. «Una volta segno una punizione fuori casa, e la gente allo stadio mi chiede il bis. Gli avversari mi guardano e fanno: come possiamo batterti se pure i nostri fanno il tifo per te?». Adesso si chiama Iraq l' ultima barriera di Arthur Antunes Coimbra, l' uomo che non ha mai smesso di essere Zico. «Quando mi hanno offerto la loro nazionale, mi è parsa la sfida che da tanto desideravo. Portare una squadra che tre anni fa neppure esisteva ai mondiali 2014 in Brasile, casa mia».

venerdì 25 novembre 2011

Sior capitano mi stia a sentire ho belle e pronte le mille lire

Le nostre madri e ancora di più le nostre nonne avevano una certezza.
Sapevano che i treni avevano la prima classe, la seconda, ai loro tempi la terza. Sapevano che biglietto chiedere, sapevano che avrebbero speso di più in prima, un po' meno in seconda, pochissimo in terza.
Qualcuno dovrà prendere il coraggio a due mani, oggi, e spiegarglielo che d'ora in avanti esistono i livelli, e piano piano scandire loro che i livelli si dividono in standard, premium, business ed executive, Mammà tu quale vuoi?
E' 'na parola. Perché quasi sempre mammà vuole quello che si può permettere, e se in seconda classe poteva ambire al posto singolo, in fondo al corridoio, dove poteva poggiare il bastone al finestrino e nessuno la obbligava a tirarsi le ginocchia al petto manco fosse Tania Cagnotto in doppio carpiato con avvitamento a destra, ecco, adesso quel posto coi nuovi treni mi sa che non lo avrà più.

domenica 20 novembre 2011

L`ultima noche del presidente

E allora buenas noche Espana, domani mattina ti sveglierai e io non sarò più il capo del tuo governo. Laura, Alba, raccogliete le vostre cose che si va, togliete i poster di quel gruppo rock dai muri della vostra camera alla Moncloa, lo so che otto anni sono tanti, ma è ora di tornare a casa. L`avete studiato a scuola, figlie mie, si chiama principio dell`alternanza, ed è uno dei pilastri delle democrazie occidentali. Si spendono inni di gloria per questo strumento che ci rende così diversi dai cittadini di altre zone del mondo, eppure andatelo a magnificare al cospetto di quelle coppie gay che in queste ore corrono a sposarsi prima delle elezioni, spaventate dall`eventualità che il prossimo governo Rajoy cancelli la loro conquista civile.

sabato 19 novembre 2011

Ciao Dusan, gigante di Posillipo

Era molto semplice scherzare con Dusan. Uno di quei ragazzi venuti dall'Est e che negli occhi portano la voglia di mangiarsi un mondo che all'improvviso scoprono più colorato, più ricco. In acqua giocava da centravanti, nella pallanuoto è un ruolo massacrante, hai sempre un uomo addosso, dietro, ti sovrasta, ti affonda, tu spalle alla porta devi suggerire il tempo giusto del passaggio ai tuoi compagni, e se non sei tu a suggerirlo devi essere bravo a coglierlo. Ai centroboa - si chiamano così perché stanno lì immobili e zavorrati - viene chiesto di prendere falli, cioè di guadagnarne: ogni fallo grave manda fuori un avversario e la tua squadra gioca 20 secondi con un uomo in più. Le partite si vincono così, e Dusan Popovic tante ne ha fatte vincere, alla sua Jugoslavia (un campionato mondiale) e poi al Posillipo (scudetto e Coppa dei Campioni).

venerdì 18 novembre 2011

Il vago Lamela

Erik Lamela dice che ogni tanto gli manca il suo mondo. «Un po'. Il mio quartiere». Il sinistro a cui la Roma lega il suo futuro ha un gol in serie A e soprannomi da bambino. Pelle da adolescente, una vita consegnata al pallone come una suora il cuore a Cristo. L'Oceano e l'Argentina sono alle spalle, i distacchi condannano a crescere.
Lamela, che soprannome è Coco?
«Mio fratello non sapeva dire Erik. Faceva: Coco, Coco.E sono rimasto Coco».
In Argentina la chiamano pure Manolito. Perché? «Come mi chiamano?».
Manolito.
«Ah, sì, Manolito. L' ho sentito una volta alla tv. Boh, mica so perché».
Ha già scoperto quanto è matta Roma per il pallone?
«Molto. Per fortuna in strada non tutti mi riconoscono. Se mi fermano per una foto, non mi dà fastidio. Diciamo non ancora».
È più matta Roma o la sua Buenos Aires?
«Eeeeh, sono diverse ma uguali».

lunedì 14 novembre 2011

Non siamo mai abbastanza

Marco è un bambino che a tre anni conosce il teorema di Pitagora, e quando arriva in prima media sa di Chernobyl e di Ali Agca, mentre i suoi coetanei imparano le battute di Drive In. Non va a spiare nello spogliatoio delle femmine, non scende a giocare per la strada. Cresce e matura in un' Italia che declina, sarà un eterno fuori corso. Trentasei anni di vita, tappe scandite tutte dalle partite della nazionale italiana di calcio ai mondiali, una a capitolo, dal concepimento avvenuto durante Italia-Haiti del ' 74 al colpo di scena finale che sa di Tennessee Williams nel bel mezzo di Italia-Slovacchia 2010. Il romanzo Non siamo mai abbastanza di Dario De Marco è il ritratto di una generazione condannata alla marginalità, le vicende del pallone fanno da sfondo alle grandi tragedie di Napoli e d'Italia, e spesso le soverchiano. De Marco riproduce bene il cono buio dentro cui passa l' infanzia, quando rimbombano parole che paiono misteriose come comunisti e ipotenusa. E ci ricorda che a Pasadena, finale del ' 94 col Brasile, il rigore lo sbagliò anche Franco Baresi, mica solo Robibaggio.

(Repubblica, 13 novembre 2011)

giovedì 10 novembre 2011

Le anteultime / Salt

[I film visti quando li hanno già visti tutti]

Cento minuti. E dentro questi cento minuti Angelina Jolie, l'agente Cia Evelyn Salt, costruisce uno spara fiamme con le gambe di una sedia girevole, salta da un cavalcavia dell'autostrada sui camion in corsa, si cala nella tromba di un ascensore, fa saltare un rifugio anti atomico, si tuffa da un elicottero, copre le telecamere di sorveglianza con gli slip, uccide non meno di 25-30 persone usando fucili, mitra, gas e armi da taglio.
Ora.
Poiché dietro tutto questo pare di capire che ci sia un trauma legato a un uomo che lei ama.
Io mi chiedo.
Ma chiediamocelo un po' tutti.
Ma se un giorno in cucina Brad Pitt fa bruciare i fagioli sul fuoco?

Post dove si incontra Angelina Jolie
Arzano e i bambini che se la volevano cavare
Figurarsi se Angelina incontrava Saviano a Hollywood
Un lost al sole [4]

Le altre anteultime

martedì 8 novembre 2011

Le regole di Sandro Campagna


La regola d' oro è questa. «Io sono il ct, i giocatori fanno i giocatori. Amici mai. Io trasmetto emozioni, loro devono avere piacere di seguirmi. Altrimenti che veniamo a fare in nazionale?». Sandro Campagna è un portagioie e dentro c'è la pallanuoto. Ha mani curate come i giardini dei re. L'acqua gliele ha lisciate un po' alla volta ogni giorno, in questi 48 anni. Lui le muove per trasformare in medaglie le squadre che tocca. Cloro, argento e bronzo. Due volte campione del mondo, da giocatore e l'estate scorsa da allenatore. Una specie di Beckenbauer galleggiante, le grinze che vengono ai polpastrelli.

Certo mise ko Ali, ma Joe Frazier c'era pure la sera di Rocky-Apollo

Quando vide quella scena, mia madre sussultò e disse Guarda, quello è Joe Frazier. La prima e l'unica volta che le ho sentito parlare di boxe.
[dai commenti su YouTube]

lunedì 7 novembre 2011

Manualetto pratico di vita a Roma/13: la risposta affermativa ed enfatica

Ho risposto Nientedimeno.
Ho risposto così, Nientedimeno, e il mio amico romano ha fatto Ecchevordì?
Ho risposto Nientedimeno alla sua domanda Ma mmo' toho magneresti 'n piatto de carbonara?
Però lui non ha capito.
Le nostre pop-culture sono distanti poco più di 200 chilometri.
In sostanza: niente.
Però lui non ha capito.
Allora ho cercato di tradurgli quel napoletano Nientedimeno (meglio se con tre e: Nientedimeeeno) in un lemma romanesco.
Ma un lemma non c'è.
Per riprodurre la risposta affermativa ed enfatica, un lemma non c'è.
C'è una locuzione.
Nientedimeeeno, a Roma, si dice Hai voja.

giovedì 3 novembre 2011

Elegia della Cumana

Si prendeva la Cumana da ragazzi per andare al mare, anche se il mare ce l'avevamo pure dentro la città. Ma era acqua proibita, quella di via Caracciolo (dove ora ci si bagna) oppure quella di Bagnoli (dove ancora non ci si bagna).
Si prendeva la Cumana e si scendeva a Torregaveta, un pullmanino ci portava a Capo Miseno, meglio ancora quando scoprimmo la sabbia di Miliscola, più fina, meno riparata dal vento, certo, ed era lì che sdraiavamo noi stessi e le nostre marenne.

martedì 1 novembre 2011

La guerra del calcio al futuro

L'ultimo cinguettio è stato del portiere. «Adios prima del nuovo regime». Lee Camp ha tirato giù la saracinesca al suo Twitter quando ha sentito puzza di guai. Rischiava una multa di mille sterline per ogni parola online su fatti e persone della squadra, il Nottingham Forest, serie B inglese, campione d'Europa fine anni '70. Vietato parlare di quanto succede nello spogliatoio. «Parlino delle macchine, di quello che vogliono, non di noialtri», la regola imposta dal manager Steve Cotterill qualche giorno fa. Non gli è piaciuto che un attaccante criticasse i tifosi per i fischi dopo la sconfitta con il Coventry. Così, nella sua eterna guerra contro quel vecchio nemico chiamato futuro, il calcio aggiorna la lista degli eretici e degli oggetti da mandare al rogo.
Si sono appena aggiunti l'iPad e l'iPhone, la Fifa del settantacinquenne Blatter sta per vietarne l'uso in panchina, l'ha deciso una commissione guidata da Beckenbauer e Pelé. Certo, saranno pure utili agli allenatori smanettoni alla Luis Enrique, ma tra i custodi del tempio-calcio prevale il timore che tablet e smartphone spezzino il sacro divieto di portare le immagini in campo.