sabato 19 novembre 2011

Ciao Dusan, gigante di Posillipo

Era molto semplice scherzare con Dusan. Uno di quei ragazzi venuti dall'Est e che negli occhi portano la voglia di mangiarsi un mondo che all'improvviso scoprono più colorato, più ricco. In acqua giocava da centravanti, nella pallanuoto è un ruolo massacrante, hai sempre un uomo addosso, dietro, ti sovrasta, ti affonda, tu spalle alla porta devi suggerire il tempo giusto del passaggio ai tuoi compagni, e se non sei tu a suggerirlo devi essere bravo a coglierlo. Ai centroboa - si chiamano così perché stanno lì immobili e zavorrati - viene chiesto di prendere falli, cioè di guadagnarne: ogni fallo grave manda fuori un avversario e la tua squadra gioca 20 secondi con un uomo in più. Le partite si vincono così, e Dusan Popovic tante ne ha fatte vincere, alla sua Jugoslavia (un campionato mondiale) e poi al Posillipo (scudetto e Coppa dei Campioni).

A 41 anni l'altra notte, nella sua Belgrado, Dusan è morto in un incidente stradale, come troppo spesso è accaduto ai giganti della pallanuoto - Dennerlein, e Galante, e Caldarella. Era molto semplice scherzare con lui, e tanto gli piaceva. Soprattutto con le donne. Aveva sviluppato una tecnica speciale per presentarsi, e stupire, e spiazzare, e vincere la timidezza, lui alto due metri, voce profonda, italiano forbito con accento slavo. Porgeva proposte estreme e gentili, dall'effetto comico straordinario.
Un ragazzo sensibile come pochi. Dall'Est e dalla sua Belgrado bombardata s'era portato dietro anche dei fantasmi, nei momenti peggiori tornavano a fargli visita di notte. La vigilia di una finale di Coppa dei Campioni fu uno di quei momenti. Il Posillipo lo capì grazie all'umanità del suo allenatore, Paolo De Crescenzo. A Dusan diedero una settimana di vacanza, in segreto, si disse che erano terapie alla schiena. Invece era al mare dall'altra parte del mondo, a liberarsi dagli incubi. I compagni, che lo adoravano, gli dissero Certo, vai. Lui tornò due giorni prima della finale e vinsero la Coppa tutti insieme. Meglio ricordare quella notte lì, quando pieno di felicità a torso nudo e con un telo legato intorno alla vita, disse Hai visto, so anche piangere.

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