martedì 1 novembre 2011

La guerra del calcio al futuro

L'ultimo cinguettio è stato del portiere. «Adios prima del nuovo regime». Lee Camp ha tirato giù la saracinesca al suo Twitter quando ha sentito puzza di guai. Rischiava una multa di mille sterline per ogni parola online su fatti e persone della squadra, il Nottingham Forest, serie B inglese, campione d'Europa fine anni '70. Vietato parlare di quanto succede nello spogliatoio. «Parlino delle macchine, di quello che vogliono, non di noialtri», la regola imposta dal manager Steve Cotterill qualche giorno fa. Non gli è piaciuto che un attaccante criticasse i tifosi per i fischi dopo la sconfitta con il Coventry. Così, nella sua eterna guerra contro quel vecchio nemico chiamato futuro, il calcio aggiorna la lista degli eretici e degli oggetti da mandare al rogo.
Si sono appena aggiunti l'iPad e l'iPhone, la Fifa del settantacinquenne Blatter sta per vietarne l'uso in panchina, l'ha deciso una commissione guidata da Beckenbauer e Pelé. Certo, saranno pure utili agli allenatori smanettoni alla Luis Enrique, ma tra i custodi del tempio-calcio prevale il timore che tablet e smartphone spezzino il sacro divieto di portare le immagini in campo.


«Sarebbero come una moviola», dicono alla Fifa. Dove però sanno bene che la moviola in campo c'è già. L'hanno portata i bordocampisti delle tv, che attraverso l'auricolare sanno se la palla era dentro o fuori, se c'era fuorigioco o no, se era giusto fischiare un rigore. I calciatori s'avvicinano, chiedono, e alla fine sanno tutto pure loro. In modo che la moviola resti proibita solo all'unica persona cui sarebbe utile. L'arbitro. Maledetto progresso. L'avversione non è una questione d'età. Villas-Boas ha 34 anni, allena il Chelsea e sui social network la pensa così: «La vita privata dei calciatori non appartiene solo a loro. Non possono esprimere sul web pensieri legati alla squadra». Invece ai calciatori Twitter piace proprio per questo. Dentro il recinto da 140 caratteri si sentono liberi di andare oltre lo scudo retorico del "bisognerebbe chiederlo al mister". Rooney lo usa per lamentarsi delle partite a mezzogiorno, Cristiano Ronaldo ha annunciato da lì la sua paternità. Babel (Liverpool) ha contestato l'arbitro Webb con un fotomontaggio: gli cucì addosso la maglia dei rivali del Manchester. Rio Ferdinand aveva allegato una foto scattata allo staff di Obama durante una visita con lo United alla Casa Bianca, i servizi segreti gliel'hanno fatta rimuovere per «minaccia alla sicurezza». Potenza di uno strumento che ha soffiato dentro le vele della primavera araba e che ha aggirato la legge anti-gossip britannica per svelare la tresca di Ryan Giggs con l'amante. Figurarsi se uno spogliatoio può permettersi di esplodere per un tweet. Piuttosto il Palmeiras ha cacciato il suo allenatore Luxemburgo, perché diede del distratto all'idolo Keirrison. Esonerato.

Vietare, vietare. Se non si può, almeno limitare. Ecco che allora i club italiani stanno sistemando la barriera a protezione di un mondo che ha confuso la comunicazione con l'informazione, dove le interviste vanno autorizzate, concesse o negate. Intorno a Twitter e Facebook si alza il filo spinato: le società provano a garantirsi per contratto il controllo sui contenuti degli account dei calciatori. Dunque a Giorgio Chiellini non rimane che scrivere banalità come «Genoa, avversario insidioso» oppure «Che stadio, che vittoria». Quando il calcio accetta di aprire alle novità, quasi se ne vergogna. È in grande riservatezza che la Fifa conduce i test sulla tecnologia in campo, dopo che il gol fantasma di Lampard ai mondiali ha quasi imposto una riforma. I tempi? Lunghissimi. Venerdì gli uomini di Blatter saranno allo stadio di Udine per il test di verifica alla "Gol Line Technology", brevetto dell'Issia-Cnr di Bari. «Un sistema basato su macchine di visione intelligente. Sono piazzate in alto sulle tribune, incrociano i dati e segnalano in 3D la posizione del pallone sulla linea di porta. In caso di gol, con un tempo di reazione massimo di un secondo, scatta un segnale radio all'arbitro, che è libero di convalidare o rinunciare al supporto della macchina», spiega Arcangelo Distante, dirigente di ricerca dell' istituto. È la risposta italiana all'occhio di falco e al chip nel pallone. Sarebbe servito ieri a Firenze: il gol di Gamberini l'hanno visto tutti da casa, in campo non l'hanno dato. ma i test vanno avanti ormai da nove mesi, mai in partite ufficiali, e con lo scarso entusiasmo dei potenti del calcio. Blatter, Platini, Collina. Se l'idea non sarà caduta prima, non la vedremo applicata prima dei mondiali 2014. Perché il calcio rimanga l'ultima chiesa immutabile, nei secoli dei secoli, gol.

(Repubblica, 31 ottobre 2011)

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