giovedì 1 marzo 2012

Lucio Dalla da questa parte del mondo


Lucio Dalla aveva dedicato a Napoli uno dei suoi pezzi più famosi, Caruso. Un omaggio così riuscito da rappresentare un esempio di agnizione della napoletanità, come ha scritto Francesco Durante nel suo recente I napoletani e come si disse qui un paio di mesi fa.
Ma il rapporto fra Lucio Dalla e Napoli non era soltanto fatto di catene che scioglie 'o sangue dint''e vvene. Nel suo ultimo disco, tre anni fa, c'erano il dolore e la vergogna per i rifiuti (la canzone si chiamava Fiuto, cantata in coppia con Servillo), e pareva persino di leggerci dentro il canto d'addio al bassolinismo della città. Era nei versi Maramao sei vivo o morto, la monnezza t'ha sepolto, l'insalata c'era anche lì nel porto, Maramao perché ti han storto. La canzone più riuscita di quel disco, Broadway, si chiudeva con un verso in napoletano, Stateve ccà, cioè State qui, una specie di Resta cu' mme meno privata, più urban, in questi anni di nuova emigrazione dal sud, coi trolley e i tablet al posto delle valigie di cartone.

Amava le canzoni napoletane. Diceva: "Considero le canzoni napoletane tra le più belle canzoni del secolo scorso. Forse quella che preferisco è Era de maggio. Mentre quest' anno ho scoperto, cantandola in televisione, Anema e core. L' ho trovata sorprendente, soprattutto il testo, che nella sua naturalezza rimane un capolavoro di sintesi del linguaggio dei sentimenti e che nasce, come i veri capolavori, senza nessuna forzatura o velleità poetica, ma dalla semplificazione di un bisogno portante nella relazione di coppia e che è la vitamina di qualsiasi rapporto d' amore: il perdono".
Raccontava di aver cominciato a cantare in un locale di Sorrento, Il Fauno. Aveva scritto per i film di Salemme e di D'Alò. "Tutto quello che esce da Napoli è per me fonte d' ispirazione e mi sento assolutamente connesso e connettibile con tutti i suoi impulsi e con la storia di questa città. Quindi lavorare con i napoletani è per me un privilegio". Lo fece con Francesco Paolantoni: "Perché mi fa ridere anche quando dorme". Era amico di un altro napoletano adottivo come lui, Maradona, e di lui ammiratore senza condizioni "perché ha fatto di un gioco un'arte, mentre dobbiamo diffidare di quelli che fanno di un'arte un gioco. Lo incontrai nel 1988, giocò una partita straordinaria dopo due notti passate a far bagordi. Gli chiesi se non stesse esagerando. Non sono uno sportivo, mi rispose: sono solo un giocatore".
Sette anni fa Lucio Dalla volle tenere un concerto per una raccolta fondi al circolo Savoia, a Santa Lucia, lì dove il mare luccica, sulla banchina di fronte Castel dell'Ovo, dove dormiva ogni volta che veniva in città a bordo del suo "Brilla & Billi", un Pershing, quello dei film di James Bond, a bordo teneva pure una sala di registrazione. E' stato grande l'amore di Dalla per Napoli. Ha cantato con Roberto Murolo e Nino D'Angelo, Napoli Centrale e Pino Daniele, Gigi D'Alessio e Renzo Arbore. Una notte a Taormina cantò con Ray Charles It' s now or never, cioè 'O sole mio in inglese, accompagnato dal primo corno del teatro San Carlo, Simone Baroncini. E in una discoteca a Capri fece 'O surdato nnammurato insieme a Giorgio Armani. Una volta disse che aveva un film pronto nel cassetto da dirigere, ovviamente c'entrava Napoli. E avrebbe dovuto interpretare un ex camorrista in un film ambientato nella Napoli anni '70, tratto da un fumetto di Igort (Cinque il numero perfetto). E tante altre cose ancora, tante.
Ma il suo atto d'amore più bello verso la città era nascosto in un passaggio del pezzo L'altra parte del mondo, l'album si chiamava 1983, e Lucio Dalla cantava:
"Guardare il mondo senza pietà, giocarci come fanno a Napoli". 
Grazie di tutto.

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