Dunque succede questo. Qualcuno pubblica sul suo profilo Facebook un link a una notizia: a Napoli hanno rubato come già altre volte negli anni scorsi l'albero di Natale dalla Galleria Umberto.
Il link viene ripreso. Viene condiviso. Viene diffuso. Viene commentato. "Poteva non succedere a Napoli?". Siamo gente di merda, siamo la sfaccimma della gente. Ironia, sarcasmo, vergogna. Finché arriva la scoperta. Colpo di scena. Il link è vecchio, risale all'albero di Natale 2006, a uno dei furti già noti.
Il nuovo furto non c'è. Non è mai esistito.
Eppure ci avevamo creduto in tanti. Senza alcun dubbio. Condividendo, diffondendo, commentando. Siamo gente di merda, siamo la sfaccimma della gente. Tutto peraltro succede nelle stesse ore in cui l'Italia viene a sapere che a Napoli esiste una nuova emergenza rifiuti, o comunque ci siamo, più o meno, i cumuli stanno tornando, anzi ci sono già. Spunta pure qualche foto. Finché arriva a Napoli il nuovo ministro dell'ambiente, Clini, che accanto al sindaco de Magistris - un altro colpo di scena - annuncia la non-emergenza. L'agenzia Ansa batte le sue dichiarazioni alle 15.23 di sabato: "Questa mattina ho passeggiato per Napoli e non ho trovato segni di emergenza rifiuti". Un dis-annuncio. E allora quelle foto? Forse sono vecchie, come il link dell'albero di Natale, sono vecchie e noi ci abbiamo creduto; o forse sono nuove, boh, chi lo sa, gira voce che in periferia i cumuli ci sono davvero, nel dubbio il sindaco annuncia querele. Ma non è questo che conta.
Quel che conta è la "agnizione della napoletanità". La chiama così Francesco Durante nel suo ultimo libro "I napoletani" (ed. Neri Pozza), un saggio felice quanto il precedente "Scuorno" (2008, Mondadori). Francesco Durante prende la canzone "Caruso" di Lucio Dalla e la smonta pezzo pezzo. Dice che il testo non significa niente, perché - in sintesi - una catena non scioglie il sangue dint''e vvene. Non può. Non lo fa. Ma la canzone di Dalla evoca in maniera efficace la tradizione, la simbologia, un patrimonio. Cita "Te voglio bene assaje" e "Dicitincello vuje". Insomma: sembra vera. Evoca in un modo così convincente (come su un altro registro accadrà a "Don Raffaè" di De André) che agli stessi occhi e alle stesse orecchie dei napoletani quel testo forzato e quella falsa rappresentazione paiono parte di un medesimo orizzonte cognitivo. Sono credibili. Come l'albero di Natale non-rubato. Come i non-rifiuti in strada. Come qualche anno fa la storia delle t-shirt con la cintura di sicurezza disegnata sopra: era un esperimento sociologico ma tutt'Italia si convinse che i napoletani giravano davvero in auto con quella. E in tanti ci credono tuttora.
Perché sia credibile, a una storia su Napoli basta essere verosimile.
Su Fb, nel pieno del dibattito, qualcuno ha aggiunto che quest'anno l'albero di Natale in Galleria Umberto è stato sospeso a mezz'aria. Lo avrebbero montato ad alcuni metri da terra. Gli hanno messo l'antifurto. "Poteva non succedere a Napoli?", mi sono detto io stesso. Ma pare non sia vero neanche questo. Sembra solo che ci siano dei vigili a fargli la guardia. Tenderei a crederci, però voglio andare a vedere.
3 commenti:
ho trovato Napoli bella pulita, venite a vedere Palermo per sapere cos'è il pubblico sudiciume.
m.ang
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