E' l'estate
del '37, quando nella pallanuoto sbuca la parola Settebello. Nasce su una carrozza ferroviaria di
terza classe, in un paese della Versilia. La Rari Nantes Napoli sta tornando a
casa dopo la solita trasferta a Genova, nel solito vagone da pochi soldi. Nei
pressi di Viareggio, lì il treno s'affolla. Salgono un bel po' di biondine
dai tratti gentili. Tedesche, non c'è dubbio. Sono gambe lunghe e occhi chiari
al seguito della propaganda nazista. E ai giocatori napoletani gira la testa. Mimì Grimaldi, uno dei giocatori, è stato spettatore l'anno prima ai Giochi di
Berlino, dove gli sprint di Jesse Owens hanno fatto bollire di rabbia i baffetti
di Hitler. Sulle tribune olimpiche ha imparato qualche parola di tedesco. Cosi,
si butta. "Wir sind sieben", dice, siamo sette. "Schon", belli. "Sieben schon",
sette belli.
Fa l'audace, s'industria, ma non convince. La trattativa si sblocca quando nel corridoio s'affaccia il metro e ottanta di Emilio Bulgarelli, il terzino della squadra. "Mimì, a che stai?", a che punto siamo? Brusco, ma lui sì che piace. E sulla fedeltà alle teorie della razza ariana, le tedeschine stendono un velo. Anzi, una tendina. Quella del loro vagone. L'acchiappanza, il rimorchiare ragazze, in casa Rari è un dovere. E di bocca in bocca, le avventure galanti si gonfiano come mongolfiere. Chiunque, laggiù, racconta d'essere uscito almeno una volta con Greta Garbo. Delle tedesche di Viareggio, insomma, finisce che sanno tutti. Una sera, Grimaldi gioca a scopa con un socio, Pasquale Cangiullo, uomo di mare e di buone letture. E' il fratello di Francesco, braccio destro di Marinetti, megafono del futurismo. Cangiullo conta le carte. "Mia, la primiera. Ho preso il settebello". Apriti cielo. Grimaldi insorge: "Il Settebello no, il Settebello siamo noi". La leggenda si mette in marcia. Dal vagone di Viareggio, al circolo di Santa Lucia, alle piscine di tutto il mondo. In più c'è che la Rari Napoli comincia a vincere. Del '39 il suo primo scudetto, ne seguiranno altri 4. E i successi esigono l'enfasi. Un paio di giornalisti adottano quel soprannome. Sono Arturo Collana e Gino Palumbo. Ma il Settebello spicca il volo all'estero a partire dal '48. Vince la concorrenza di un'altra parola, il Settefiori, partorito dai rivali della Florentia.
Fa l'audace, s'industria, ma non convince. La trattativa si sblocca quando nel corridoio s'affaccia il metro e ottanta di Emilio Bulgarelli, il terzino della squadra. "Mimì, a che stai?", a che punto siamo? Brusco, ma lui sì che piace. E sulla fedeltà alle teorie della razza ariana, le tedeschine stendono un velo. Anzi, una tendina. Quella del loro vagone. L'acchiappanza, il rimorchiare ragazze, in casa Rari è un dovere. E di bocca in bocca, le avventure galanti si gonfiano come mongolfiere. Chiunque, laggiù, racconta d'essere uscito almeno una volta con Greta Garbo. Delle tedesche di Viareggio, insomma, finisce che sanno tutti. Una sera, Grimaldi gioca a scopa con un socio, Pasquale Cangiullo, uomo di mare e di buone letture. E' il fratello di Francesco, braccio destro di Marinetti, megafono del futurismo. Cangiullo conta le carte. "Mia, la primiera. Ho preso il settebello". Apriti cielo. Grimaldi insorge: "Il Settebello no, il Settebello siamo noi". La leggenda si mette in marcia. Dal vagone di Viareggio, al circolo di Santa Lucia, alle piscine di tutto il mondo. In più c'è che la Rari Napoli comincia a vincere. Del '39 il suo primo scudetto, ne seguiranno altri 4. E i successi esigono l'enfasi. Un paio di giornalisti adottano quel soprannome. Sono Arturo Collana e Gino Palumbo. Ma il Settebello spicca il volo all'estero a partire dal '48. Vince la concorrenza di un'altra parola, il Settefiori, partorito dai rivali della Florentia.
Sono
i Giochi di Londra a incollare il nuovo nome agli azzurri della pallanuoto. Il
mezzo è la voce di Niccolò Carosio. La nazionale di calcio torna presto a casa,
ma il radiocronista deve spendere ancora parte della settimana di permesso
chiesta al lavoro per fare l'inviato all'Olimpiade. Punta sulla piscina di
Finchley, c'è Italia-Francia. S'imbatte in Pasquale Buonocore, Emilio
Bulgarelli e Gildo Arena, i tre napoletani della Rari chiamati in nazionale.
"Noi siamo quelli del Settebello, alla radio ci chiami così". Fatto. Sarà Carosio a
raccontare l'oro olimpico di Wembley, il 4-2 sull'Olanda. Una vittoria
annunciata, in fin dei conti. L'anno prima, l'Italia s' era imposta agli
Europei di Montecarlo, dove il portiere Buonocore si era potuto presentare solo
grazie alla licenza matrimoniale: per liberarsi dagli impegni di lavoro, s'era
sposato con qualche mese d' anticipo. "Nessuno voleva andare in porta, perché sott'acqua c'erano gli scogli. Ho iniziato cosi - racconta Buonocore, 81 anni
compiuti lo scorso 17 maggio -, ma sono stato il primo professionista. All'ora
di pranzo passavano dal circolo notai, avvocati e medici. Ci tenevano a dire d'aver giocato con me. Mi sfidavano ai rigori, le paste erano la nostra scommessa.
Ne ho vinte parecchie". Gildo Arena, 76 anni, fu invece l' inventore del
dribbling in acqua. "Capitò per caso - sostiene -, così, mi passò per la testa,
quel giorno. Il dribbling veniva, non lo progettavo. Usciva e basta. Ancor
oggi si vince grazie a chi s' inventa qualcosa con la fantasia. Gli schemi non
servono". I maestri sì. Il suo fu Bandi Zolyomy, l'allenatore ungherese che
parlava il napoletano del rione Santa Lucia, il Pallonetto, il regno del
contrabbando. "A 14 anni mi portò a Budapest, rimasi una decina di giorni a
studiare in allenamento i trucchi degli ungheresi, a 16 mi lanciò in serie A".
Zolyomy è pure il c.t. con cui il Settebello tornerà a vincere un oro, dopo due
bronzi (olimpico ed europeo) con Majoni. A Roma ' 60, i Giochi italiani. Alla
squadra manca Fritz Dennerlein, che sceglie d'inseguire la medaglia nei 200
farfalla. Quarto. La notte prima dell'ultima partita contro l'Ungheria, gli
azzurri chiedono a Zolyomy di ripescare il vecchio amico: ma chi esce, Bandi?
Problema che Zolyomy risolve in fretta. Si va avanti con gli stessi nomi, anche
se la rinuncia è dolorosa. L'oro di Roma porta le firme di Rossi, D'Altrui e
Pizzo, il "caimano". Un altro Settebello, e siamo negli Anni 60, vive nei
confini italiani. Il grande Recco, capace di vincere 9 scudetti e di restare
imbattuto per 153 partite di seguito: dal 9 agosto '64 al 4 agosto '73. Ma l'
Italia, per tornare competitiva, deve attendere il tramonto dei liguri. Lonzi,
giocatore a Roma, diventa c.t. dopo Monaco '72. Ringiovanisce la squadra,
mischia le carte, non punta sul blocco d'un solo club. Debutta col 4° posto ai
Mondiali '73, e nel giro di 3 anni la sua Italia prende un bronzo mondiale, uno
europeo e un argento olimpico. Fino al trionfo di Berlino '78: campioni del
mondo per la prima volta. I gol di Gianni De Magistris e le magie di Sante
Marsili: la differenza con Jugoslavia, Urss e Ungheria la fa il loro genio. Gli
Anni '80 in azzurro sono di Fritz Dennerlein, tecnico della grande Canottieri Napoli del '70, l'uomo che introduce nella pallanuoto la difesa a zona. Il papà della
generazione dei trionfi successivi, il cittì che lancia in azzurro Fiorillo,
Ferretti e i fratelli Porzio. Lui semina tanto, ma nel suo destino c'è scritto
che non debba toccargli di raccogliere l'oro. Quello mondiale gli sfugge nell'estate '86, la finale di Madrid uscita dalla fantasia di Omero. Un Omero
jugoslavo, perché l'Italia perde all'ultimo secondo dalla fine dell'ottavo
tempo supplementare. Gol di Milanovic. Dennerlein completa il suo ciclo con la
prima medaglia italiana in coppa Fina (argento) e due bronzi europei. Lascia nel
'90. L' Italia punta proprio sul suo rivale di Madrid, Ratko Rudic. Sesto ai
Mondiali e quarto agli Europei del '91, l'era di Rudic rischia d' essere
brevissima. I Giochi di Barcellona, invece, cambiano la sua vita italiana. E' cambiato pure il mondo, nel frattempo. L'Est è andato in frantumi. I
giganti contro cui l'Italia sbatteva spesso il muso, Urss e Jugoslavia, sono
macerie. Il brivido dell'eliminazione contro Cuba (4-7 a metà terzo tempo) s'
allontana con 5 gol consecutivi dei fratelli Porzio. E' la svolta, sta cominciando
un nuovo ciclo d'oro. Olimpiade, coppa Fina, Europei, Mondiali. L'Italia delle
piscine travolge il mondo, ma sono altri tempi, per cui la parola Settebello rischia la pensione.
"Ora chiamateci Tredicibello", dicono sia Rudic sia Paolo De Crescenzo, il tecnico
del Posillipo che domina il campionato dal '93. In panchina, possono
far sedere giocatori che sarebbero delle stelle altrove. L'Italia qualche
stella da un po' la lascia persino a casa. Come Ferretti e Franco Porzio. "Un
altro sport, ormai - ammette Pasquale Buonocore -; ai Giochi di Londra, io presi
16 gol in tutto il torneo. Oggi, uno dei migliori portieri al mondo può prenderne anche 12 in una volta sola". Un altro sport, ma la favola del
Settebello continua a girare il mondo. Atene, Siviglia, Perth. Chissà per quanti
anni ancora.
(uscito su Sport Week nella primavera del 1997)
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