giovedì 6 gennaio 2005

Vicky Bullett

C'è una strada che porta il suo nome, la Vicky Bullett Street, in un angolo della West Virginia. «E' la via in cui sono cresciuta». Gliel'hanno dedicata per la vittoria della nazionale americana ai Giochi di Seul del 1988. «Benvenuti a Martinsburg, casa della medaglia d'oro Vicky Bullett», ha fatto scrivere il sindaco ad ogni ingresso della città. Vicky, che nel frattempo è diventata un'elegante signora di 37 anni, ne va fiera. Ma con pudore. «Cosa significa? Beh, innanzitutto che a Martinsburg non sono successe molte cose... Ma io sono felice d'essere ricordata per il resto della mia vita». West Virginia, la terra del tabacco americano, le radici della schiavitù. «Sono cresciuta in un posto di montagna, dove i giovani non sono tanti. Sarà per questo che sono un tipo tranquillo, mi piace la lentezza. Invece, qui al Vomero non ci capisco niente. Per essere puntuale, devo muovermi un'ora prima». Il Vomero è la nuova casa di Vicky Bullett, dove il miracolo Phard cresce domenica dopo domenica. «All'inizio mi scambiavano per una giocatrice di pallavolo». Ora finalmente il Vomero sa d'avere una squadra in testa al campionato di basket ed una campionessa che ha vinto tanto in giro per il mondo: l'oro olimpico in Corea, il bronzo quattro anni dopo a Barcellona, uno scudetto in Brasile col Fluminense. «Se lo vinciamo qui, magari non mi intitoleranno una strada, ma Napoli impazzisce più di Rio».