sabato 30 novembre 2013

Dove le strade non hanno nome: la recensione di Davide Morganti

In certi libri il tempo riprende la sua tensione emotiva, non corre più accelerato in avanti. Il romanzo di esordio di Angelo Carotenuto, giornalista di Repubblica, Dove le strade non hanno nome (Ad Est dell'Equatore, pag. 220, euro 12), torna indietro di venti anni, quando a Napoli si annunciava il Rinascimento napoletano. Carotenuto lo fa con una scrittura piana, sussurrata, facendo un uso mai smodato del dialetto e delle fraseologie consuete di Napoli, anzi incastrandole nel tessuto narrativo con abilità.


mercoledì 27 novembre 2013

Nilton Santos, addio all'enciclopedia

Addio a Nilton Santos, detto A Enciclopedia. Lo chiamavano così perché tutto sapeva del calcio e tutto sapeva fare, difendere e attaccare. Se ne va nello stesso anno di Djalma, il suo "gemello", l'altro terzino del grande Brasile campione del mondo nel 1958 e nel 1962. Lo ha rincorso veloce, come faceva sulla fascia, e lo ha raggiunto. Anno triste per chi ama i terzini. "Non invidio i terzini di oggi per i soldi che guadagnano, ma perché possono attaccare. Ai miei tempi, se stavi in attacco e prendevi un gol ti mandavano alla forca". Però ai Mondiali del '58 fece gol all'Austria, il 2-0, spingendosi in attacco mentre il ct Feiola gli urlava di passare la palla.

martedì 26 novembre 2013

Klopp, il monello Borussia


DORTMUND. Il tunnel che porta al campo è stretto e basso. Jürgen Klopp china la testa. Ci passa a stento. «Qui sotto si sta tutti pigiati, ventidue calciatori, i bambini tenuti per mano, due allenatori, cinque arbitri». Fa un trillo, Klopp è anche un formidabile imitatore di fischietti. «L'arbitro dice "andiamo" e noi camminiamo schiacciati uno all'altro». Indica la luce là in fondo. «Quando il tunnel finisce e sbuchiamo sul prato, bam, pare di essere di nuovo partorito da mia madre». Ride forte, ride spesso. «È come rinascere. In campo si simula la lotta per la sopravvivenza». 

lunedì 25 novembre 2013

Un giorno al Borussia

Dalla Hohe Strasse allo stadio sono dieci minuti a piedi, si attraversa un sottopassaggio e sei di là, oltre la Rheinlanddamm, un rettilineo su cui le macchine sfrecciano indifferenti alla magia del Westfalen Stadion. Signal Iduna Park si dovrebbe dire, lo sponsor che dà il nome all’impianto del Borussia. Il viaggio nel modello Borussia, il famoso modello Borussia, comincia da qui. Da una società che stava fallendo e che ora tutti vorrebbero imitare.Imitare poi perché? Sono stato a Dortmund per intervistare Juergen Klopp: il servizio è sulle pagine di Repubblica oggi (ora anche online). “Responsabilità degli uni verso gli altri”, questo è per lui il senso della formula. Tifo, società, staff, squadra. Una cosa sola. Ma anche detto così potrebbe sembrare soltanto uno slogan.

sabato 23 novembre 2013

Il derby dei Beatles

Everton o Liverpool? A George non gliene fregava granché. "A Liverpool ci sono tre squadre, io tifo per l'altra". La terza erano loro. I Beatles.

Harrison amava le automobili e la Formula uno, al calcio semmai era più legato John. Il suo papà era stato tifoso dei Reds, lui da ragazzino - a 11 anni - aveva disegnato su un foglio un'azione della finale di Coppa d'Inghilterra fra Arsenal e Newcastle (1952), per farne anni dopo la copertina di Walls & Bridges. Era un omaggio a Jackie Milburn, pare, il Wor Jackie con il nove in bianconero dietro la schiena. Nove, numero cui Lennon finì per legarsi, come si deduce dalle canzoni Revolution 9, The One After 909 e #9 Dream.

lunedì 18 novembre 2013

Eduardo De Filippo e l'Inghilterra, la traduzione delle sue commedie / 1

Quarant'anni fa, proprio in questi giorni, le commedie di Eduardo De Filippo cominciavano a conoscere uno straordinario successo in Inghilterra, nell'interpretazione di Joan Plowright e Laurence Olivier, con la regia di Franco Zeffirelli. Metto qui, un po' alla volta, i 4 capitoli di uno studio che feci nel 1993 sulla traduzione in inglese dei suoi lavori: le scelte fatte, i motivi del successo. Sperando che possa essere utile a qualche studente.

***


1.     L'universalità del teatro di De Filippo
                                
                              “Il teatro è lo sforzo disperato che compie l'uomo nel
                                                           tentativo di dare alla vita un qualsiasi significato”
                                                           (Eduardo De Filippo)

Tutta l'opera di Eduardo si presenta come un'interminabile notte di convalescenza, la stessa che pesa sul finale aperto di Napoli milionaria! Partono da una debolezza, da un'ingiustizia, le sue commedie. Partono dalle vicende di una città, la sua città, e finiscono per rappresentare le fragili convenzioni del mondo, smascherandole. Quando Eduardo riesce ad evadere dai confini nazionali, è subito evidente che di strettamente localistico, nel suo teatro, c'è davvero poco. Il linguaggio, certo. E poi, l'ispirazione, i personaggi, gli ambienti. Tutto qui. Il resto appartiene alla sfera delle esperienze universali. Non sarebbe possibile, altrimenti, spiegare il successo mondiale delle sue opere: dei suoi testi, oltre che delle sue rappresentazioni. Un successo, ovviamente, di pubblico, ma non solo. Gli studiosi e i critici percepirono immediatamente quanto fosse fuori luogo il tentativo di imprigionare Eduardo all'interno di una tradizione regionale. Il significante, quello è inequivocabilmente dialettale. Il respiro del suo teatro, no. E' dal secondo dopoguerra in avanti che l'universalità di Eduardo invade il palcoscenico ed entra nelle sale. Prima d'allora, era rimasta pura teoria.

domenica 17 novembre 2013

Dove le strade non hanno nome: la recensione di Francesco Durante

L’unica cosa che non mi piace del romanzo d’esordio di Angelo Carotenuto è il titolo Dove le strade non hanno nome. Lo so che ha una sua ragione, anzi: più d’una. Però non mi piace. Non tanto perché è uguale al titolo di un romanzo per “giovani adulti” di Randa Abdel-Fattah pubblicato appena un anno fa da Mondadori. Quanto perché mi pare velare dietro una promessa di malinconico squallore la strepitosa vitalità della scrittura dell’autore e la funambolica struttura con cui ha costruito un libro che, a mio modesto avviso, è tra i più interessanti dell’anno.

lunedì 11 novembre 2013

Il Pulcinella di Patrizio Oliva



Una maschera l'aveva sul ring. "Fingevo". Le braccia basse, lo sguardo fiero. "Sicurezza, spavalderia. Ma non ero io, ero quello che sembravo. Non c'è stato un solo match che abbia iniziato senza tremare. La paura saliva le scalette con me". Un oro olimpico e il mondiale dei welter junior. Nessuno se n'era mai accorto, recitava già combattendo, Patrizio Oliva, prima di darsi al teatro per davvero. Una nuova vita da attore adesso, a 54 anni.

venerdì 8 novembre 2013

L'ultima partita con il Muro di Berlino

Quando mancava un quarto d'ora alle otto di sera, l'arbitro Peter Weise fischiò la fine della partita, senza sapere che il giorno dopo avrebbero fischiato la fine di una storia. Otto novembre 1989, Dynamo-Stahl Eisenhüttenstadt 0-0, l'ultima partita a Berlino prima che cadesse il Muro.

Nove novembre. Il Muro non c'è più. Undici mesi dopo la Germania è unita. L'unificazione nel calcio non fu meno lenta. All'est i club erano legati all'apparato statale. Lo sport doveva provare la grandezza della nazione. Gli ori nel nuoto e nell'atletica a quello servivano, a quello serviva il doping di Stato.

La donna che dormiva in libreria

Pensavo qualche giorno fa a un regalo da fare. Un regalo per una donna. Di certo non un libro perché pare ne legga tanti, e per una persona del genere alla  fine non sai che titolo scegliere, magari ce l'ha già, magari non le interessa. E' una donna che conoscete, ne avrete sentito parlare. Ne hanno scritto la settimana scorsa i giornali locali veneti, poi la sua storia è stata ripresa dai quotidiani nazionali, anche online. E' una signora che ogni giorno entra alla libreria Feltrinelli di Padova, getta uno sguardo alle ultime uscite, sfoglia qualche pagina, poi va a farsi un riposino sul divano (dettaglio che già me la rende simpatica). Lo fa da dieci anni. Dieci anni.

giovedì 7 novembre 2013

"A Napoli un personaggio normale non può esistere"

«UN UOMO del resto si riconosce da ciò che gli fa orrore». E Napoli oggi, nel 2013, di che cosa ha paura, deve avere paura? "Dove le strade non hanno nome" è il primo romanzo di Angelo Carotenuto, edito da "Ad Est dell'Equatore" e da oggi in libreria. Carotenuto, giornalista di "Repubblica", napoletano, oggi vive a Roma, da dove osserva la sua città con il distacco di un innamorato ingannato, che non riesce proprio a rassegnarsi al tradimento. "Dove le strade non hanno nome" racconta una settimana del 1993, quella che si conclude con il concerto degli U2 al San Paolo. In questa settimana (con una costruzione narrativa che procede a ritroso) i personaggi di una Napoli grottesca e terribilmente vera si incrociano e incontrano, tutti a proprio modo sognando un "rinascimento napoletano".

lunedì 4 novembre 2013

Letteratura dell'anti-madridismo. E dell'anti-juventinismo

Tutto comincia nelle Asturie. La scintilla si accende con un coro. "Asì, asì, asì gana el Madrid". Così vince il Madrid. Così come? Grazie all'arbitro: questo significa il coro che ormai accoglie il Real su quasi tutti i campi di Spagna. Il 25 settembre del 1979 è la data di nascita universalmente accettata dell'antimadridismo. Il pretesto è un episodio come tanti, l'espulsione al sesto minuto di Enzo Ferrero, numero 11 dello Sporting Gijón allo stadio El Molinón. Ferrero è marcato da San José, scatta, i due si ostacolano, si mettono le mani addosso, ci scappano un paio di spintoni, San José cade. Rosso. L'arbitro manda fuori Ferrero. Asì gana el Madrid. Sul prato arriva di tutto. Quando la gente asturiana vede il rosso a Ferrero, si scatena ripensando all'anno prima. Il Gijón era stato avversario del Real per il titolo. Aveva perso lo scontro diretto in casa, giocandolo senza Dória né Ferrero, espulsi la settimana prima a Salamanca.

sabato 2 novembre 2013

Neymar e il colpo dello spiedino

Era un'azione come tante. Fino a un momento prima. Era un banale passaggio di Busquets dal centro del campo verso sinistra, un'apertura ordinaria, per provare a sbloccare la partita, con il Barça ancora sullo 0-0 contro l'Espanyol. Certe azioni si prevedono. Suggeriscono sbocchi obbligati, certe azioni se le aspettano finanche gli avversari. La palla che viaggia da Busquets a Neymar era attesa anche dai difensori dell'Espanyol, che verso quel lato si sono spostati in due. Pensavano di fare bene il loro lavoro da travet della linea a quattro, senza sapere che si stavano infilando dentro un'azione storica. Segnatevi questi nomi. Raúl Rodríguez e Sidnei. I primi nella storia del calcio a essere trafitti contemporaneamente da un tunnel. Lo stesso tunnel. Con un solo tocco di palla. Il tocco di Neymar. Che quel tunnel ha così trasformato in assist per Sànchez. Gol. Vittoria. Maravilla.