mercoledì 24 dicembre 2014

Il lungo digiuno del gol

frecceI PIÙ spiritosi spuntarono due anni fa in Germania. A Magdeburgo la squadra non segnava da un bel po', così una cinquantina di tifosi si caricarono una freccia tra le braccia, chi la portava verde, chi l'aveva disegnata gialla, colori sgargianti, e dietro la porta iniziarono a seguire l'azione indicando ai loro giocatori la strada giusta per il gol. Una trovata che qualche mese dopo copiarono in Francia, a Nancy, dove piazzarono un gigantesco segnale in curva, rosso, e sotto c'era la scritta: "Le but est ici". La porta è qui. Brutale come metodo. Comunque funzionò. Fecero gol.

giovedì 18 dicembre 2014

La stanchezza di Zeman


GUARDATEGLI le rughe e la pelle che il sole sardo gli ha spiegazzato più di prima. Guardategli la faccia sfinita da sedici anni di polemiche, ed ecco chiarito il primo Zeman vs. Juve senza tracce apparenti di veleno. E le battaglie, le lotte, le campagne? Parole di qualche settimana fa: «Ridirei tutto e aggiungerei altro ma in questo momento non ricordo bene». Punto. A capo. «Non ricordo bene». La frase che in tribunale non aveva pronunciato mai. È finita la giostra, guardate solo il mio calcio color tramonto, questo predica Zeman una volta sfilato dalle spalle il poncho dell'eroe che un tempo camminava nella polvere per moralizzare il vecchio West. Ha passato la vita a mescolare Nietzsche con Clint Eastwood, sublimando la volontà di potenza nella moralizzazione dei costumi. Ma l'eroe è stanco, pazienza se oggi pomeriggio arriva la Juve, anche i saloon hanno un orario di chiusura.

venerdì 12 dicembre 2014

Ti fischio perché ti amo troppo

Lo striscione dei tifosi del Borussia: "E se tu cadi, io sto con te"
Lo striscione dei tifosi del Borussia: "E se tu cadi, io sto con te"
 Fischiare. Cioè “mandare un suono acuto e stridulo”. Per il vocabolario Treccani esistono quattro tipi di fischi. Per proprio diletto, come sotto la doccia. Per richiamo nell’uccellagione, come sanno i cacciatori. Per chiamare una persona, arte in cui dalla panchina eccelle Trapattoni. Oppure in segno di disapprovazione. “Stronzi”, dice Morgan agli ottomila di X Factor che lo contestano al Forum di Assago. “Metteteveli nel ...”, esagera Cigarini su Instagram contro i suoi tifosi e poi gli chiede scusa. Del resto sono giorni in cui si fischia. Nei cortei, nei consigli comunali, ai comizi. Negli stadi un po’ dovunque. Quelli di Bergamo hanno solo fatto più rumore. Succede che l’Atalanta va sotto di due gol contro il Cesena e i tifosi si fanno sentire. Siccome una partita non è finita finché non è finita, l’Atalanta rimonta, vince 3-2 e Colantuono chiude così il pomeriggio: "I tifosi? Non so cosa si aspettano". Bel tema.

giovedì 11 dicembre 2014

Il giallo della casa di Eduardo e Peppino De Filippo

CHIESA dell'Ascensione a Chiaia. La pala d'altare e una tela di Luca Giordano, quattro tele di Giovan Battista Lama in sacrestia, dove all'interno di un librone di diverse centinaia di pagine è custodita la soluzione a un piccolo grande mistero che Napoli a lungo ha trascurato. La casa natale dei fratelli De Filippo è indicata qui, nel registro dei battezzati dal 1898 al 1908. Tutto quel che finora si sapeva era o confuso o sbagliato. Anche il Comune di Napoli è caduto in errore, sistemando nel giugno scorso una targa celebrativa per Peppino al numero 8 di via Ascensione. Per Eduardo mai si era giunti a una conclusione e le ricostruzioni erano sempre state contraddittorie: nato in via Bausan 13 secondo la biografia di Federico Frascani ("Eduardo", Guida, 1974) o in via Ascensione numero 3, secondo l'autobiografia di Peppino ("Una famiglia difficile", Marotta editore, 1976). Indirizzi plausibili perché entrambi a poca distanza da via Vittoria Colonna numero 4, palazzo Scarpetta, dove viveva il padre naturale dei due fratelli. Plausibili, eppure fuorvianti.

mercoledì 10 dicembre 2014

Faccio gol alla squadra di papà

1979/80. Il gol di Antonelli alla Juventus
ECCO, figliolo, guarda: tutto questo un giorno sarà tuo. Ci sono padri che tramandano uno studio da commercialista o una bottega da macellaio, altri cedono il posto fisso nell'azienda municipalizzata di trasporti scegliendo la pensione in anticipo, e poi ci sono quelli che in eredità lasciano la loro vecchia squadra di calcio contro cui segnare un gol. Gli Antonelli, per esempio. Papà Roberto se lo ricordano quelli dai cinquant'anni in su. Stava per compierne appena 26 quando infilò i suoi piedi ispirati dentro la traiettoria del Milan di Liedholm, 1979, lo scudetto della stella. Un perfetto numero 10. In teoria. Salvo scoprire un problema, una volta fasciato di strisce rossonere. La numero 10 era di Rivera.

mercoledì 3 dicembre 2014

Pirlo e il colpo dell'ultimo istante


POTEVA urtare contro un piede o uno stinco. Poteva sbattere contro la folla di gambe lungo il tragitto, oppure sul palo, andare fuori, alto, finanche altissimo. Poteva andare ovunque quel pallone, anziché nel solo angolo libero con l'ultimo tiro della disperazione. Ma questo è il tipico vizio dei super eroi: ridursi all'ultimo istante. Deviano il meteorite solo nel momento in cui sta per colpire la terra, mai che si sveglino un attimo prima. Dai film della Marvel e della Pixar, almeno i bambini hanno imparato la lezione. Non si lascia il cinema finché c'è il buio, nemmeno quando scorrono i titoli di coda. Non è finita se non è finita. Qualcosa succede pure quando credi non ci sia più niente da vedere. Ora, puoi essere Cristopher Nolan che si rifiuta di aggiungere scene dopo la scritta "the end": lo ritiene poco serio. Oppure sei Andrea Pirlo, e nel caso l'affare si complica. Per gli altri.

lunedì 1 dicembre 2014

Sugar queen

COME si passa da un concorso in magistratura alla decorazione di torte fatte in casa. Questa è la storia di Giada Baldari, 38 anni, una delle ottocentomila donne italiane che per l'Istat sono state licenziate o messe in condizione di doversi dimettere per una gravidanza. Napoletana della buona borghesia di Chiaia, padre giornalista, cresciuta nell'atelier della nonna (suo il vestito del matrimonio di Paola di Belgio), marito imprenditore con un'attività trasferita in Bangladesh, Giada deve rinunciare agli studi e al praticantato in uno studio legale (laurea con 110 e lode, 200 euro al mese) quando scopre di essere di nuovo incinta. Crisi e reazione: al compleanno della figlia scoprirà un'altra vocazione e con la nuova attività si troverà di fronte alla maternità di una dipendente. Come nei libri precedenti ( Malanova, L'Osso di Dio, Veleno ), Cristina Zagaria prosegue il suo viaggio nelle piccole grandi storie di donne ferite del sud, per raccontarci stavolta la ricerca dell'equilibrio tra lavoro e affetti, ambizione e figli.

(la Repubblica, 30 novembre 2014)