giovedì 15 dicembre 2011

La scienza nel pallone

Non è stata colpa di Rocchi. Lui è innocente. Va assolto. Se domenica ha visto male sulla caduta di Ibrahimovic nell'area del Bologna, la colpa è della sua maestra elementare che gli ha insegnato a leggere. Da sinistra a destra, come in tutte le lingue occidentali, consegnando così al cervello il tragitto delle informazioni "corrette". Per questo gli arbitri sono più vulnerabili sull'altro lato, per questo Rocchi e i suoi fratelli continueranno tutta la vita a fischiare più spesso fallo quando l'azione si svilupperà da destra verso a sinistra. Anche se il fallo non c'è. Come del resto sbagliano i portieri a tuffarsi in anticipo sui calci di rigore. È un gesto che va contro il regolamento, soprattutto va contro la logica. Magari non lo sanno. Quando il portiere si lancia prima che il tiratore colpisca la palla, sottraea se stesso il 15% delle possibilità di parare. Se aspettasse di vedere la direzione del tiro, la sua percentuale crescerebbe del 33%. E c'è una legge per il colpo di tacco, per il colpo di testa, per il fallo laterale, per la rovesciata.
Ce n'è una dietro il cucchiaio di Totti, si chiama effetto Magnus, dal nome del fisico tedesco che scoprì condizioni ed effetti della variazione di una traiettoria di un corpo rotante in un fluido in movimento. Giusto il caso del rigore alla Totti, che è "cuginetto" della punizione a foglia morta di Corso (o di Pirlo): uno ruota all'indietro, l'altra in avanti. Certo, poi finisce che vai sul dischetto contro la Juve, lo tiri violento, e Buffon se ne frega di Magnus e te lo para. C'è una grande legge fisica dietro ogni piccolo gesto del calcio, come spiegano Nicola Ludwig e Gianbruno Guerrerio in "La scienza nel pallone" (ed. Zanichelli). E allora i portieri che si buttano prima? «Di fronte a un pericolo tendiamo a pensare che fare qualcosa sia meglio che aspettare». Viaggiando dentro le formule si smontano un bel po' di luoghi comuni del calcio: che il portiere non si stanca, che alla fine vincono i migliori, che il pallone schizza sul bagnato e va più veloce. Tutto falso. Meglio sapere che quando si viene colpiti in barriera è come ricevere addosso 20 chili in caduta libera da un metro. Meglio sapere pure che non esistono formule per azzeccare le scommesse, né per vincere le partite: se esiste il rigore perfetto, esisterà pure la parata perfetta. In quel caso? «Oltre il gesto tecnico - spiega uno degli autori, Nicola Ludwig, ricercatore di fisica applicata all'università statale di Milano - va la psicologia. È stata individuata la zona del cervello che reagisce ai movimenti degli oggetti in caduta libera, ma il pallone segue altri moti, innaturali». Il pallone è rotondo, non si dice così? Ma la sua perfezione può essere un problema. Prendiamo lo Jabulani, quello del mondiale in Sudafrica, un oggetto a metà strada fra l'hi tech e il mal di testa. Il primo realizzato con calotte plastiche termosaldate, dopo decenni di cuoio e poliuretano a forma di icosaedro (i pentagoni alternati agli esagoni). Il primo a vantarsi di essere quasi perfettamente sferico, e però maledetto. Il guaio è che una sfera perfettamente liscia si muove nell'aria generando turbolenze solo nella sua scia; per avere stabilità gli servono vortici anche davanti. Era la funzione delle vecchie cuciture. Ah, saperlo. La fisica ha pure un'equazione che spiega perché sia meglio giocare a calcio in undici: N=A/(2v. t)

(Repubblica, 14 dicembre 2011)

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