venerdì 10 agosto 2012

Perché il Settebello si chiama così


E' l'estate del '37, quando nella pallanuoto sbuca la parola Settebello. Nasce su una carrozza ferroviaria di terza classe, in un paese della Versilia. La Rari Nantes Napoli sta tornando a casa dopo la solita trasferta a Genova, nel solito vagone da pochi soldi. Nei pressi di Viareggio, lì il treno s'affolla. Salgono un bel po' di biondine dai tratti gentili. Tedesche, non c'è dubbio. Sono gambe lunghe e occhi chiari al seguito della propaganda nazista. E ai giocatori napoletani gira la testa. Mimì Grimaldi, uno dei giocatori, è stato spettatore l'anno prima ai Giochi di Berlino, dove gli sprint di Jesse Owens hanno fatto bollire di rabbia i baffetti di Hitler. Sulle tribune olimpiche ha imparato qualche parola di tedesco. Cosi, si butta. "Wir sind sieben", dice, siamo sette. "Schon", belli. "Sieben schon", sette belli.

Fa l'audace, s'industria, ma non convince. La trattativa si sblocca quando nel corridoio s'affaccia il metro e ottanta di Emilio Bulgarelli, il terzino della squadra. "Mimì, a che stai?", a che punto siamo? Brusco, ma lui sì che piace. E sulla fedeltà alle teorie della razza ariana, le tedeschine stendono un velo. Anzi, una tendina. Quella del loro vagone. L'acchiappanza, il rimorchiare ragazze, in casa Rari è un dovere. E di bocca in bocca, le avventure galanti si gonfiano come mongolfiere. Chiunque, laggiù, racconta d'essere uscito almeno una volta con Greta Garbo. Delle tedesche di Viareggio, insomma, finisce che sanno tutti. Una sera, Grimaldi gioca a scopa con un socio, Pasquale Cangiullo, uomo di mare e di buone letture. E' il fratello di Francesco, braccio destro di Marinetti, megafono del futurismo. Cangiullo conta le carte. "Mia, la primiera. Ho preso il settebello". Apriti cielo. Grimaldi insorge: "Il Settebello no, il Settebello siamo noi". La leggenda si mette in marcia. Dal vagone di Viareggio, al circolo di Santa Lucia, alle piscine di tutto il mondo. In più c'è che la Rari Napoli comincia a vincere. Del '39 il suo primo scudetto, ne seguiranno altri 4. E i successi esigono l'enfasi. Un paio di giornalisti adottano quel soprannome. Sono Arturo Collana e Gino Palumbo. Ma il Settebello spicca il volo all'estero a partire dal '48. Vince la concorrenza di un'altra parola, il Settefiori, partorito dai rivali della Florentia.



Sono i Giochi di Londra a incollare il nuovo nome agli azzurri della pallanuoto. Il mezzo è la voce di Niccolò Carosio. La nazionale di calcio torna presto a casa, ma il radiocronista deve spendere ancora parte della settimana di permesso chiesta al lavoro per fare l'inviato all'Olimpiade. Punta sulla piscina di Finchley, c'è Italia-Francia. S'imbatte in Pasquale Buonocore, Emilio Bulgarelli e Gildo Arena, i tre napoletani della Rari chiamati in nazionale. "Noi siamo quelli del Settebello, alla radio ci chiami così". Fatto. Sarà Carosio a raccontare l'oro olimpico di Wembley, il 4-2 sull'Olanda. Una vittoria annunciata, in fin dei conti. L'anno prima, l'Italia s' era imposta agli Europei di Montecarlo, dove il portiere Buonocore si era potuto presentare solo grazie alla licenza matrimoniale: per liberarsi dagli impegni di lavoro, s'era sposato con qualche mese d' anticipo. "Nessuno voleva andare in porta, perché sott'acqua c'erano gli scogli. Ho iniziato cosi - racconta Buonocore, 81 anni compiuti lo scorso 17 maggio -, ma sono stato il primo professionista. All'ora di pranzo passavano dal circolo notai, avvocati e medici. Ci tenevano a dire d'aver giocato con me. Mi sfidavano ai rigori, le paste erano la nostra scommessa. Ne ho vinte parecchie". Gildo Arena, 76 anni, fu invece l' inventore del dribbling in acqua. "Capitò per caso - sostiene -, così, mi passò per la testa, quel giorno. Il dribbling veniva, non lo progettavo. Usciva e basta. Ancor oggi si vince grazie a chi s' inventa qualcosa con la fantasia. Gli schemi non servono". I maestri sì. Il suo fu Bandi Zolyomy, l'allenatore ungherese che parlava il napoletano del rione Santa Lucia, il Pallonetto, il regno del contrabbando. "A 14 anni mi portò a Budapest, rimasi una decina di giorni a studiare in allenamento i trucchi degli ungheresi, a 16 mi lanciò in serie A". Zolyomy è pure il c.t. con cui il Settebello tornerà a vincere un oro, dopo due bronzi (olimpico ed europeo) con Majoni. A Roma ' 60, i Giochi italiani. Alla squadra manca Fritz Dennerlein, che sceglie d'inseguire la medaglia nei 200 farfalla. Quarto. La notte prima dell'ultima partita contro l'Ungheria, gli azzurri chiedono a Zolyomy di ripescare il vecchio amico: ma chi esce, Bandi? Problema che Zolyomy risolve in fretta. Si va avanti con gli stessi nomi, anche se la rinuncia è dolorosa. L'oro di Roma porta le firme di Rossi, D'Altrui e Pizzo, il "caimano". Un altro Settebello, e siamo negli Anni 60, vive nei confini italiani. Il grande Recco, capace di vincere 9 scudetti e di restare imbattuto per 153 partite di seguito: dal 9 agosto '64 al 4 agosto '73. Ma l' Italia, per tornare competitiva, deve attendere il tramonto dei liguri. Lonzi, giocatore a Roma, diventa c.t. dopo Monaco '72. Ringiovanisce la squadra, mischia le carte, non punta sul blocco d'un solo club. Debutta col 4° posto ai Mondiali '73, e nel giro di 3 anni la sua Italia prende un bronzo mondiale, uno europeo e un argento olimpico. Fino al trionfo di Berlino '78: campioni del mondo per la prima volta. I gol di Gianni De Magistris e le magie di Sante Marsili: la differenza con Jugoslavia, Urss e Ungheria la fa il loro genio. Gli Anni '80 in azzurro sono di Fritz Dennerlein, tecnico della grande Canottieri Napoli del '70, l'uomo che introduce nella pallanuoto la difesa a zona. Il papà della generazione dei trionfi successivi, il cittì che lancia in azzurro Fiorillo, Ferretti e i fratelli Porzio. Lui semina tanto, ma nel suo destino c'è scritto che non debba toccargli di raccogliere l'oro. Quello mondiale gli sfugge nell'estate '86, la finale di Madrid uscita dalla fantasia di Omero. Un Omero jugoslavo, perché l'Italia perde all'ultimo secondo dalla fine dell'ottavo tempo supplementare. Gol di Milanovic. Dennerlein completa il suo ciclo con la prima medaglia italiana in coppa Fina (argento) e due bronzi europei. Lascia nel '90. L' Italia punta proprio sul suo rivale di Madrid, Ratko Rudic. Sesto ai Mondiali e quarto agli Europei del '91, l'era di Rudic rischia d' essere brevissima. I Giochi di Barcellona, invece, cambiano la sua vita italiana. E' cambiato pure il mondo, nel frattempo. L'Est è andato in frantumi. I giganti contro cui l'Italia sbatteva spesso il muso, Urss e Jugoslavia, sono macerie. Il brivido dell'eliminazione contro Cuba (4-7 a metà terzo tempo) s' allontana con 5 gol consecutivi dei fratelli Porzio. E' la svolta, sta cominciando un nuovo ciclo d'oro. Olimpiade, coppa Fina, Europei, Mondiali. L'Italia delle piscine travolge il mondo, ma sono altri tempi, per cui la parola Settebello rischia la pensione. "Ora chiamateci Tredicibello", dicono sia Rudic sia Paolo De Crescenzo, il tecnico del Posillipo che domina il campionato dal '93. In panchina, possono far sedere giocatori che sarebbero delle stelle altrove. L'Italia qualche stella da un po' la lascia persino a casa. Come Ferretti e Franco Porzio. "Un altro sport, ormai - ammette Pasquale Buonocore -; ai Giochi di Londra, io presi 16 gol in tutto il torneo. Oggi, uno dei migliori portieri al mondo può prenderne anche 12 in una volta sola". Un altro sport, ma la favola del Settebello continua a girare il mondo. Atene, Siviglia, Perth. Chissà per quanti anni ancora. 

(uscito su Sport Week nella primavera del 1997)

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