giovedì 26 aprile 2012

Il campione innamorato

Quando il rugbista gallese Gareth Thomas lo disse ai suoi compagni di squadra, erano seduti al pub con un boccale di birra in mano. Tre anni prima lui si era separato dalla moglie. Prese fiato, mormorò "amici sono gay", poi rimase ad aspettare che gli cadesse il mondo sulla testa. Stephen e Martyn invece si tolsero la schiuma dalle labbra col dorso della mano e risposero: «Ma perché non ce l' hai detto prima?». Caspita, davvero. Ma perché? Perché lo sport è il giardino del machismo, da sempre, sin dai tempi della sferomachia dei Greci. Il calcio ancora di più, e l' Italia batte tutti. Almeno finora. Fino a queste parole qui: «Ognuno viva se stesso e i propri desideri, i propri sentimenti nella maniera più libera possibile. Perché rovinare tutto con la paura, che rende prigioniero di te stesso? La sessualità fa parte della libertà di cui godiamo a questo mondo». È la spallata che dà al suo mondo Cesare Prandelli, commissario tecnico della nazionale italiana. «Dai primi calci al pallone in parrocchia a oggi non riesco a quantificare le persone che ho incontrato, e mai mi sono posto il problema di come venisse vissuta la loro sessualità».


Parole tratte dalla sua prefazione al libro "Il campione innamorato" (ed. Giunti): quanto basta per passare da alieno in un ambiente che nega («mai incontrati gay», l'ex ct Marcello Lippi), o che sconsiglia («il coming out creerebbe imbarazzo», il sindacalista Damiano Tommasi). Un assalto a un tabù, tant'è vero che nessuna voce dal mondo del calcio s'è unita ieri alla felicità per la piccola grande svolta, espressa dalle associazioni gay e dalle deputate Perina e Concia. Un abisso con l'Inghilterra, dove la federcalcio ha lanciato la campagna "So what?" ("E allora?") per combattere l'omofobia, loro che hanno conosciuto il dolore per Justin Fashanu. Fashanu fu nel '90 il primo calciatore di una certa popolarità a fare coming out, aveva giocato nel Nottingham e nel Manchester City. Le reazioni ostili lo isolarono, nel '98 si tolse la vita. La Germania ha avuto Marcus Urban, centrocampista del Rot Weiss e innamorato del suo professore di geografia, ma di nascosto, fino alla rivelazione, 23 anni, carriera finita. La Spagna ha dato del maricòn a una delle sue stelle, Guti, raffinato talento del Real e della nazionale: lo avevano fotografato mentre dava un bacio a un uomo dopo cena. E lui, el cariñoso, costretto a precisare che no, avevano capito male, quella era sua sorella. Perché nel calcio succede sempre così. Uno fa gol, in campo lo abbracciano, e se ci scappa il bacio sono domande, battute, risate.

Due settimane fa, Juve-Lazio. Del Piero segna e nella baraonda le sue labbra quasi si scontrano con quelle di Marchisio. Finisce che ne deve rispondere in tv: «Mi piacciono le donne, anzi mi piace mia moglie». Era capitata la stessa cosa in Francia, a marzo, la nazionale batte la Germania 2-1, l'attaccante Giroud segna e corre a ringraziare il difensore Debuchy che gli ha passato la palla. Si prendono la testa fra le mani: bacio. Il video passa e ripassa, al ralenty, in modo che si capisca se davvero le labbra si toccano, come fosse un contatto in area, come fosse un calcio di rigore. "Il campione innamorato" racconta tutto questo mondo qui. Gli sciupafemmine alla LeBron James che costringono alla repressione («un gay distrugge lo spirito di gruppo»), chi per omosessualità è stato arrestato (il tennista tedesco Vom Cramm), il trauma di chi si è dovuto nascondere (il ciclista Obree), la storia delicata del pugile Griffith. O quel pomeriggio che Primo Carnera trascorse in piscina a nuotare con il principe Umberto II. Flavio Pagano, uno degli autori, dice: «Abbiamo raccontato una minoranza in guerra. Il coming out di un grande campione di serie A sarebbe uno scudo per lo sconosciuto giocatorino di provincia che non ha possibilità di difendersi dalla morale corrente». Per questo le parole di Prandelli sono una prima svolta. Somigliano tanto a quelle di Jacob Semenya, il papà di Caster, la mezzofondista sudafricana dalla voce profonda e dai quadricipiti grossi, nel cui corpo le istituzioni sportive sono andate a frugare a caccia della sua identità. «Mia figlia mi ha detto che i problemi sono risolti. Insomma, lei mi ha detto che è felice».

(la Repubblica, 25 aprile 2012)

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