Dovevo fare quel che feci. Per me, per noi, per la nostra comunità, per la mia Irlanda. "Facci adunque un Principe conto di vivere e mantenere lo Stato: i mezzi saranno sempre giudicati onorevoli, e da ciascuno lodati". Lo ha scritto Machiavelli, e quel giorno del resto eravamo in Italia. Palermo, 17 giugno 1990. La nostra seconda partita del girone. Contro l'Egitto. Eravamo in un girone dove pure un soffio avrebbe rotto l'equilibrio. Due pareggi alla prima giornata: noi contro gli inglesi e gli olandesi contro gli egiziani. Passavano le prime due, più le migliori terze. Insomma, sarebbe stato meglio vincere, ma la prima cosa da fare era non perdere. Con ogni mezzo.
domenica 29 giugno 2014
Il passaggio all'indietro per Bonner
Dovevo fare quel che feci. Per me, per noi, per la nostra comunità, per la mia Irlanda. "Facci adunque un Principe conto di vivere e mantenere lo Stato: i mezzi saranno sempre giudicati onorevoli, e da ciascuno lodati". Lo ha scritto Machiavelli, e quel giorno del resto eravamo in Italia. Palermo, 17 giugno 1990. La nostra seconda partita del girone. Contro l'Egitto. Eravamo in un girone dove pure un soffio avrebbe rotto l'equilibrio. Due pareggi alla prima giornata: noi contro gli inglesi e gli olandesi contro gli egiziani. Passavano le prime due, più le migliori terze. Insomma, sarebbe stato meglio vincere, ma la prima cosa da fare era non perdere. Con ogni mezzo.
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Ferlaino: Così comprai Maradona senza avere i soldi"
Quando la prima volta disse che avrebbe comprato Diego, era una bugia. "Nell'intervallo di Italia-Germania a Zurigo, davanti ai giornalisti, il presidente federale Sordillo mi fa: ma insomma tu chi compri? Non ti rinforzi mai. Eravamo molto amici. E io rispondo: prendo Maradona. Ma era una battuta". Trentanove giorni dopo, il 30 giugno 1984, Corrado Ferlaino portò davvero a Napoli il numero uno. Era un sabato sera. "Forse lo voleva Dio", dice adesso l'ingegnere seduto al tavolo di vetro del suo ufficio. Ha 83 anni pieni di luce.
Come le venne in mente di comprare Maradona?
"Antonio Juliano, che era il direttore generale, aveva contattato il Barcellona per un'amichevole. Accettarono precisando che Maradona non ci sarebbe stato per un infortunio. Ci informammo e scoprimmo che era falso, era in rotta con il club. Così partimmo. Ci chiesero 13 miliardi di lire, convinti che non avessimo i soldi".
Invece?
"Invece niente, era vero, non li avevamo. Enzo Scotti, il sindaco, mi mise in contatto con Ferdinando Ventriglia, presidente del Banco di Napoli. Avevo i politici a favore e gli intellettuali contro. Una trattativa infinita, chiusa all'ultimo minuto".
giovedì 26 giugno 2014
Stejskal, l'ultimo cecoslovacco
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mercoledì 25 giugno 2014
La morte di Ciro Esposito
martedì 24 giugno 2014
Rojas e la lametta nel guanto
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sabato 21 giugno 2014
Pat Jennings e le giovani vite d'Irlanda
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giovedì 19 giugno 2014
Topo Gigio e i soprannomi del calcio
lunedì 16 giugno 2014
Il film mai girato da Scola
ETTORE SCOLA dice che il cinema è uno stato d'animo. «Si fa quando lo senti dentro di te». Il suo ultimo film non solo si vede, ma si tocca, è sulla sua scrivania, girato con acquerelli, senza pellicola. L'industria del cinema vola verso le stregonerie immateriali del digitale, lui ne porta la magia su carta, altro fascino decadente. Era un film perduto, cancellato, e adesso esce in un albo.
Shilton, la vittima della mano de dios
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giovedì 12 giugno 2014
Schumacher e il caso Battiston
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Il ragazzo che diventò Pablito
Capita di partire da un oratorio di Prato e di finire mescolato alle leggende. Ti chiami Rossi come in altre 80mila famiglie d’Italia e diventi Pablito. Tre gol nel '78, l'Italia che arriva quarta ai Mondiali e tu ti trasformi in una star. I gol sono sei nel 1982, l'Italia è campione e tu incarni una nazione. Paolo Rossi, Italia: così dicevano perfino nell'angolo più remoto del posto più sperduto sulla faccia della terra. Che cosa sono i Mondiali di calcio. “Ma la mia non è stata una storia normale e serena. Ho toccato picchi vertiginosi, sono salito in cielo e sono sprofondato nel buio. I Mondiali mi hanno dato cose incredibili e poi sono ricaduto”. Paolo che diventò Pablito oggi ha 58 anni, vive in uno spicchio della campagna aretina, alle spalle del suo agriturismo pieno di turisti tedeschi e finlandesi, e del calcio si libera ogni minuto che può.
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domenica 8 giugno 2014
La roulotte di Pfaff
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venerdì 6 giugno 2014
Valdir Peres e l'incubo di Paolo Rossi
Mai nella storia di un Mondiale una squadra era stata più amata della nostra da un popolo che non era il suo. Ci aveva adottato, la Spagna, nell'estate del 1982, e forse ci aveva adottato il mondo. Il mondo intero, tranne l'Italia. "Neppure l'Italia riuscirà a farci giocare male", disse Zico prima che andassimo in campo. Ma Zico non sa prevedere il futuro, solo che quel giorno non lo sapevamo, e gli credemmo, credemmo davvero di potercela fare.
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martedì 3 giugno 2014
Il senso di Troisi per l'amore
Vent'anni fa moriva Massimo Troisi. In questi giorni s'è detto già un po' di tutto. Ma dell'amore, dell'amore si può parlare sempre. Le sue frasi.
"L'amore è eterno. E quindi lo si può definire solo a posteriori: è un titolo che si può dare alla memoria. Credo che sia quel sentimento che riesce a uscire indenne, a durare nel tempo, rispetto alla stanchezza, alla rottura di scatole, alla noia, ai dolori. Ma bisogna aspettare l'eternità, per riconoscerlo".
"Esistono tante possibilità intermedie tra l'amore e il non amore: l'orgoglio, la paura della solitudine, la gelosia, la possessività... Tutte cose che chiamiamo amore, e non lo sono".
lunedì 2 giugno 2014
Cazzimma
CHIAMARSI Sisto a Napoli è del tutto inusuale, ma non è questo dettaglio a mettere un diciottenne al riparo dal gorgo della malacittà. Sfreccia a bordo di due ruote, si infila lesto negli spazi di una metropoli strozzata per fare bene il suo lavoro: consegnare droga a ricchi clienti, ma all'insaputa del boss Cavallaro. Far bene il lavoro significa farlo con cazzimma, termine che i parlanti napoletani si vantano di non poter pienamente trasferire in italiano, ma che per sommi capi definisce una sorta di cattiveria senza cause, gratuita, un gelo del cuore, ma anche scaltrezza in talune circostanze. Crupi, 37enne casertano esordiente, prende la scia schiumosa della narrativa post- Gomorra e la naviga consapevolmente con la sua storia, in una Napoli monotinta e convenzionale, con una lingua che quasi mai aderisce al contesto fatto di cocaina e brutalità, da cui anzi si tiene distante, adottando un registro levigato e persino con qualche settentrionalismo sparso. Come se l'abitudine a certi temi sia compatibile ormai con le tonalità pastello. Sisto attraverserà una terribile prova di espiazione, mediata da suo zio Antonio, per approdare a una possibile luce finale.
(Repubblica, 1 giugno 2014)
(Repubblica, 1 giugno 2014)
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