martedì 9 febbraio 2016

La storia d'amore fra Elton John e l'Italia

Quando Elton John arrivò qui nel 1989, Beppe Grillo era soltanto un comico, a Sanremo potevi trovarci una canzone di Al Bano, non ancora una dichiarazione degli uomini di Alfano. "Guardavo l’Eurofestival in tv. Ricordo le canzoni di Marino Marini e di Domenico Modugno", svelò lui prima di mettersi a cantare "ciao ciao bambina, un bacio ancora".
Anche allora il festival finì in pieno subbuglio politico. Non per sir Elton. Colpa del trio Lopez-Marchesini-Solenghi, furono loro a scatenare leader e portavoce con uno sketch che il mondo cattolico giudicò blasfemo. L’Osservatore romano parlò di "comicità becera, stupida, triviale". Contro quello show "poco rispettoso delle sensibilità religiose" intervenne il partito liberale. Un’altra Italia intorno a quel festival 1989, presentato dai cosiddetti figli d’arte (Rosita Celentano, Danny Quinn, Gianmarco Tognazzi, Paola Dominguin), i quali tra una gaffe e l’altra fecero dire a Intini (Psi): "La loro presenza non è un bel messaggio circa le pari opportunità".

Elton John, invece, puntava all’epoca su un’immagine meno trasgressiva. "Non scriverò mai un libro sulla mia vita", disse, "tengo troppo ai miei segreti". Anni dopo avrebbe definito il 1989 come il peggiore della sua vita. Portava un orecchino a forma di croce e un cappello con strass, tutta qui la sua eccentricità che viceversa aveva scosso l’Italia la prima volta, sedici anni prima, primavera del 1973. L’11 aprile di scena a Napoli. Era arrivato con qualche giorno d’anticipo, non come stavolta all’ultimo istante, perché – disse – "devo andare a Capri, abbiamo deciso di fare dei servizi fotografici lì, sicuramente piaceranno molto in Inghilterra". Il marketing musicale era ancora un po’ naif. I critici musicali d’allora lo giudicavano un artista alla riscoperta della nostalgia. Le tappe del tour: Roma, Bologna, Firenze, il Vigorelli di Milano, Torino, Genova. Altri appuntamenti precedenti, già fissati nel 1971, erano saltati per un annunciato malore del batterista Nigel Olsson. Una mezza bugia. "Continuavo a fare concerti su concerti e non ne potevo proprio più", avrebbe confessato nel '73 in un’intervista a Ciao (si può recuperare in rete sul sito eltonjohnitaly.com). Era, quella, un’Italia che stava cominciando a discutere del referendum sul divorzio, al cinema si rideva con Jack Lemmon e Billy Wilder (Che cosa è successo tra tuo padre e mia madre?) e l’arrivo di Elton John fu accompagnato da cronache pruriginose per via del suo look: occhiali a forma di cuore, papillon, bastone da passeggio, scarpe con zeppe da venti centimetri. Salvo scoprirlo tra gli invitati dello show televisivo del sabato sera di Gino Bramieri e Lola Falana, Hai visto mai?, regia di Enzo Trapani.

Per nove anni l’Italia non lo avrebbe più reincontrato. Erano stagioni in cui i concerti finivano in rissa al grido di “La musica è gratuita”. Le star internazionali cercavano di starsene alla larga il più possibile. Nel 1984 il tour European Express toccò Lampugnano grazie a David Zard. Trentatremila biglietti in vendita, fra le 20 e le 30 mila lire, non ci fu il tutto esaurito. A illuminare il palco tre rombi di riflettori, fasci di luci laser, parve un gioco di prestigio. Elton John vestiva una giacca redingote di seta rosa, un farfallino, una paglietta, lenti a contatto. E poi di nuovo a Sanremo nel 1994 con Ru Paul. "Se non ci siamo scandalizzati allora, perché dovremmo scandalizzzarci oggi", Carlo Conti l'ha liquidata così. Più di recente il concerto per Versace a Reggio Calabria (2004), un altro per la Piedigrotta di Napoli (2009) in piena crisi rifiuti, contestatissimo dalla Lega per l’utilizzo di fondi europei (600mila euro), infine l’estate scorsa a Caracalla con accuse e critiche per il caro biglietti. Stasera di nuovo a Sanremo dopo 22 anni. Tra le polemiche, che ovvietà.

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