Un giorno il partito mi chiama e mi impone di essere un simbolo. Com'era stato Yashin. Un uomo e un popolo, insieme perfetti. Anche per quello avevo sposato Nela, un tempo ginnasta. Ci eravamo conosciuti in ospedale, dove tutt'e due eravamo finiti, ricoverati per un infortunio. Bella storia, compagni. L'Urss si rivedeva in me. Prima di essere sovietico, ero un tartaro. Sono nato ad Astrachan, la città che Tamerlano rase al suolo.
Quando il mondo si accorse di me ai Mondiali di Spagna, avevo già vinto il bronzo alle nostre Olimpiadi, Mosca, due anni prima. A casa ho ancora il dvd della mia prima partita ai Mondiali, contro il Brasile, 2 a 1 per loro, un lungo inseguimento dopo il nostro vantaggio, e io con le mie parate a fare da scudo. Ricordo ogni istante di quella partita, perciò quando riguardo il dvd, confronto i ricordi con le immagini, e mi pare che siano le immagini a sbagliare. Sono convinto che se avessi usato una sola mano anziché due, i brasiliani quei gol non me li avrebbero segnati.
Io, perfetto in campo al mondiale '82. Perfetto per altri sei anni. In occidente mi chiamavano Cortina d'acciaio, i soliti giochi di parole sull'Unione sovietica. Il migliore portiere del mondo, così dicevano tutti. Il mio Spartak Mosca giocava come in un incanto. Piccoli passaggi, calciatori che si scambiavano il ruolo. Una via di mezzo fra l'Ajax di un tempo e il Barcellona di oggi. Le sfide con la Dinamo Kiev erano fantastiche. Qualsiasi partita contro di loro era come se fosse l'ultima, era come vincere la coppa del mondo. Nel 1979 dopo aver battuto la Dinamo Kiev facemmo festa un mese intero. Ne valeva la pena. Diventai il migliore nonostante quella strana parata a gancio, col braccio incrociato, andavo spesso a prendere la palla con la mano più lontana, non quella esterna. Come in Italia faceva Tancredi. Poi arriva il 1988. L'Urss elimina l'Italia e gioca la finale dell'europeo contro l'Olanda. E' il giorno in cui Marco Van Basten si inventa un gol che non si dimentica. Ecco. Quel gol l'ho preso io.
Bravo Van Basten. E però. Quello è il giorno in cui sollevo il braccio, tendo la mano e scopro di non farcela più. Era un segno anche quello, era tutta l'Unione Sovietica a non farcela più. Glasnost e perestrojka. Gorbaciov. Il Comitato Centrale del Partito Comunista decise l'introduzione di un sindacato giocatori, i presidenti dei club di prima divisione chiesero la formazione di una Lega professionistica e una riforma. Era la prima volta che il Comitato Centrale si occupava di calcio. "Abbiamo bisogno di più democrazia. Dobbiamo liberare lo sport dal monopolismo dell'apparato e lasciare lo sport agli sportivi", disse Ligaciov, il numero due del Pcus. Una prima forma di professionismo era stata introdotta l'anno prima a Dnepropetrovsk, oggi Ucraina: il Dnipro decise di mettere sotto contratto i giocatori e di autofinanziarsi con gli incassi. Per noi del calcio significava via libera, professionisti, si poteva finalmente uscire dal Paese. Sul punto mi ero espresso in pubblico molto chiaramente. Non solo auspicavo la possibilità di andare a giocare nel resto d'Europa per guadagnare quello che l'Urss non poteva garantirci, ma speravo anche nell'arrivo di qualche tecnico straniero, speravo che qualcuno portasse idee nuove nel nostro calcio.
(Come per l’intera serie, le parole liberamente attribuite a Rinat Dasaev sono state ricostruite attraverso libri, interviste e altre fonti storiche, e sono tutte ispirate a fatti realmente accaduti)
3 commenti:
Be', di solito i tuoi portieri mi limito a leggerli, ma il grande Dasaev lo devo commentare: avevo 15 anni e per me era un idolo, al punto da prendere in seria considerazione la possibilità di provare a diventare portiere da centravanti che ero!...
Lo diventai solo nelle partitelle serali nei prati coi vicini di casa, e dopo le parate più miracolose gridavo: "Dasaev!"
C'era un amico che invece scartava tutti, o almeno ci provava, e gridava: Kipiani, Kipiani, Kipiani. Altri?
Sono pienamente d'accordo sul fatto che fosse bellissimo, credo il più bell'uomo di tutti i tempi (opinione femminile). La storia che ho letto mi ha un pelo turbata, posso dirlo? E posso chiedere umilmente se... è tutta vera? Non per sfiducia, per speranza. Tuttavia la condivido... la mia passione per Dasaev non è mai morta. Grazie per queste informazioni.
Un saluto.
Barbara Risoli (facilmente rintracciabile in rete)
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