mercoledì 21 ottobre 2009

Ott, Joe Di Maggio e Gegè Di Giacomo

Il terzo episodio della seconda serie di Un Lost al Sole

Ott lasciò nel laboratorio di Liliana Cangiano il suo tomo, e tomo tomo se ne andò. Indossava un jeans che sulla tasca posteriore teneva cucito uno stemma, e per il freddo avvertì l'esigenza di coprirsi la testa con un berretto acquistato in Sicilia. Tirò su la visiera, e s'incamminò per quella che durante il regime fascista a Napoli veniva chiamata via Roma. Vanitoso, sì. Gli piaceva sentire su di sé gli occhi della gente.
L'aria internazionale respirata chez madame Cangianò lo rese consapevole della sua inadeguatezza con le lingue. Se lui si fosse ostinato a parlare il solito inglese incerto, a metà, come avrebbe potuto essere compreso da una donna innamorata? Magari abbracciati al buio, con la luna alta nel cielo, qualche volta a Ott era venuto in mente di sussurrarle Ti amo proprio come l'avrebbe detto Hemingway.
Per tutte queste stravaganze, c'era chi lo rimproverava di assumere atteggiamenti tipici della cultura yankee e di condurre un'esistenza schiava di ciò che decidevano i guru del fashion & style. Ott aveva un punto debole. Si sentiva dannatamente male ogni volta che mandava giù un sorso di un qualunque long drink a base di whisky e soda. Non aveva mai messo da parte la sua vecchia passione per la dance acrobatica, alla quale ora accoppiava lunghissime partite di baseball alla Wii. Gli venne voglia di fumare, e frugandosi in tasca s'accorse di non avere né sigarette né soldi per scendere a comprarne. Recuperò delle monete sottraendole alla borsa di sua madre, sì, vero, era affascinato dal made in Usa, sebbene fosse nato in Italia, ma un po' alla volta cominciava a chiedersi chi glielo facesse fare. E quando giunse alla conclusione che ormai non ci fosse più alcun rimedio, si scosse; come per resettare disse a se stesso, okay, napulita', ed esclamò: diamine, ma questa è Tu vuo' fà l'americano.

Teche
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