mercoledì 12 novembre 2014

Il gol di Tevez che Kerouac avrebbe amato

Disegno di quel genio di Paolo Samarelli
Disegno di Paolo Samarelli
- Sal, dobbiamo andare e non fermarci mai
finché non arriviamo. 
Per andare dove, amico?
Non lo so, ma dobbiamo andare.

SI DEVE partire e andare, il resto alla fine non conta. Partire, soltanto questo, e fregarsene, davvero, di come andrà a finire. Lo raccontò benissimo Weah, sono già passati diciott'anni. "Ho visto tanto spazio e mi sono detto: ci provo". Aveva 100 metri e mezzo Verona davanti, mica lo sapeva che in fondo alla strada c'era il gol. Era un dettaglio. Era stato fra i peggiori in campo e quando l'onesto signor Manetti andò a battere un calcio d'angolo, illudendosi che fosse un'occasione per fare 2-2, anziché seguire lo stopper nel mucchio il grande George andò a piazzarsi sullo spigolo dell'area, defilato, come una torre sulla scacchiera, forse finanche senza voglia. Fu il caso a fargli arrivare il pallone giusto là, tra i piedi, il resto lo fecero i suoi polmoni pieni di incoscienza.
Si deve partire e andare, come ha rifatto Tevez domenica, sfilando tra gli avversari e i pensieri della folla che mormora passala, passala, e però ignorarla, tanto una folla cambia idea, e fra venti, trenta metri, ti chiederà di non voltarti e non passarla più. La cavalcata verso la porta è istinto, natura, moto primitivo.
[C'è sempre qualcosa di più, un po' più in là... non finisce mai]

Non appartiene in esclusiva all'élite. Se la concede Maradona ai Mondiali o Martinelli in Lega Pro, la ripete Messi contro il Getafe e la imita Bensaja della Civitanovese, può concepirla Ronaldinho al Bernabeu o il primavera Henty contro il Varese. Poi ognuno, dentro, ci mette se stesso. Chi salta otto avversari danzando, chi se ne va dritto con la sua rabbia. C'è la corsa, lo slalom, le spallate, un colpo di freno, un'accelerata, un cambio di direzione, oggi si direbbe una sterzata.

[Qual è la tua strada amico?... la strada del santo, la strada del pazzo, la strada dell'arcobaleno, la strada dell'imbecille, qualsiasi strada. È una strada in tutte le direzioni per tutti gli uomini in tutti i modi]

È un gesto di liberazione verso il calcio in vitro e la scienza degli allenamenti, le azioni costruite in laboratorio, tutta quella roba dell'esterno basso e della densità nel mezzo. Un divorzio dagli schemi. La follia di Tevez e degli altri prima di lui sta nell'andare da un confine all'altro senza una mappa, attraversando le grandi pianure, i deserti, le città fantasma e le highway.

[Si può sempre andare oltre, oltre - non si finisce mai]

Non per niente un'azione così il basket la chiama "coast to coast", impresa facile se la traversata sul campo dura ventotto metri e se quelli con l'altra maglia sono al massimo cinque. Ma provateci qui, su una distanza che fa per Bolt e con undici cecchini intorno. Trent'anni fa, contro la Juve, Elkjaer s'accese a metà campo e durante il viaggio perse pure una scarpa, lui "sfondatore impetuoso, atleta bufalino, di ciclonica possa" (Gianni Brera). Baggio, nello stadio di Diego, toccò una decina di volte il pallone correndo sulle punte, saltò due avversari e mandò a terra il portiere.

[Non sapevo dove tutto questo ci avrebbe portato, né me ne importava]

È un'azione senza radici, un inno da hipster, è quello che Norman Mailer chiamava l'imperativo dell'io. Fu sul campo del Bayern che Nicola Berti prese la palla davanti alla propria area e non se ne privò più, mentre Pizzul, altri tempi, fece solo in tempo a pronunciare tre volte il suo cognome, nient'altro, prima di scoprire che quella pazzia era diventata un gol. Un gol amorale e anarchico. Batte la burocrazia e sovverte l'igiene del calcio. «Sono partito e non sapevo cosa fare», raccontò Adriano, dopo un'azione del genere con l'Udinese, dieci anni fa. Ma non c'è nulla di egoista nel puntare l'orizzonte lontano, non è sfiducia verso i compagni, puoi averne di bravissimi e decidere lo stesso di procedere con l'assolo, come sanno bene i Pink Floyd quando arriva la voce di Clare Torry, e in The Great Gig in the Sky finiscono per farle da contorno.

[Stavo meravigliosamente bene e il mondo intero mi si apriva davanti perché non avevo sogni]

Come si dice, c'è chi si sposta e c'è chi viaggia. È come tornare bambini e giocare per la strada, dove non c'è il calcio, c'è solo una partita di pallone. È l'azione che sarebbe piaciuta a Kerouac, profuma di Beat Generation: vieni con me, andiamo, vediamo cosa c'è dall'altra parte, il bello non è arrivare, il bello è viaggiare. Ecco. Se solo Tevez l'avesse tirata sul palo, sarebbe stato proprio perfetto.

  (la Repubblica 11 novembre 2014, qui rimontato con frasi tratte da "Sulla strada" di Kerouac)

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