mercoledì 13 maggio 2015

Il dio del calcio che ama le vendette

ERA marzo quando Garcia capì. Il vantaggio di avere tre greci in squadra è questo. Impari a maneggiare il concetto di hýbris e di punizione degli dei con una certa naturalezza. Era sicuro di averne suscitato la vendetta quattro mesi prima, con quel pugno di parole che profumavano d'ottimismo: «Stasera ho capito che vinceremo lo scudetto». Ecco. Punito. Perciò Garcia lo chiamò un peccato di superbia. Lotito, che invece frequenta i classici latini, sempre a marzo stava andando a sbattere senza saperlo ancora. Sale in cattedra all'Università europea di Roma per una lezione su diritto ed economia dello sport e commette l'imperdonabile errore di inimicarsi il cielo. «Ho venduto Hernanes a 20 milioni: un vero capolavoro». Nella versione non accreditata, la frase ha una variabile. Un pacco.
Dicesi pacco quell'acquisto che non si rivela tale. Si va per mercati abusivi, credi di comprare un computer, paghi, ti distrai un attimo e a casa scopri che dentro la confezione c'è un mattone. Va detto che si stavano insospettendo finanche all'Inter. Solo che Hernanes, "il pacco", questa frase se la segna. Aspetta che il cielo una sera gli sia alleato, non per niente lo chiamano il Profeta, e alla prima occasione zac, consegna a Lotito mattone e scontrino. E mentre tutti si aspettano di vederlo allontanarsi dai compagni e tenere le braccia basse, fedele al rito della fuga dall'esultanza contro una vecchia squadra, quello si avvita con la testa in giù, la schiena in aria e pianta una capriola sull'altare della dea Giustizia. «La capriola più triste della mia vita», dirà. Profeta e poeta. Da qualche parte, però, la capriola era scritta da marzo. Che il gol sia arrivato con un tiro che il calcio chiama "punizione", aggiunge un altro tocco mistico. A sua volta timoroso di tanta tracotanza, ieri Hernanes s'è affrettato a chiedere scusa via Facebook, voce bassa, sguardo cupo, nelle parole si sente perfino un affanno: «Tifosi, se avessi saputo di ferirvi non l'avrei fatta». Meglio cautelarsi, non si sa mai. Del resto, prima di Milan-Roma, cosa si aspettava Walter Sabatini da Mattia Destro, il suo ex avvelenato, se non un gol? Si erano lasciati così: «Lo abbiamo ceduto perché era oppresso dall'ambiente romanista». Di certo non lo opprime Astori quando salta. Colpo di testa. Gol. «Lo sapevo, perciò avevo chiesto a chi so io di farne due». Chi so io deve essere Doumbia. Ceduto in prestito per 700 mila euro, nel calcio il costo di un caffè, finisce che Destro confeziona la sua vendetta con una rete che alla Roma rischia di costare cinquanta volte tanto. Eppure, Destro proprio a Trigoria dovrà tornare. «Ma chi conosce le cose del calcio, sa che era scritto», ha detto proprio così Sabatini. Era scritto. Allora deve essere vero. La Gialappa's ai bei tempi teneva una rubrica sulle ultime parole famose. «Mi aspetto di vincere e basta», disse Berlusconi prima di un derby che l'Inter fece suo per 4-0. Così come si era sbilanciato Delneri quando allenava la Juve: «Questa squadra non ha limiti». Infatti non ne pose al Palermo, che andò a vincere a Torino 3-1. Di recente: «Eto'o è più forte di Higuain» (Ferrero), e Higuain gli fa una doppietta. L'ingenuità consiste nel cascarci due volte. Chi meglio di Lotito avrebbe dovuto immaginarlo. Prima di stuzzicare Hernanes, aveva colpito al telefono, con la famosa chiamata al dirigente dell'Ischia per riferirgli delle chiacchiere con il presidente della Lega B, Abodi. «Chi li compra i diritti tv? Non sanno manco che esistono, il Frosinone, il Carpi. Una sola po' sali' ». Colpito. Pure lì. Nel presentarsi per la prima volta in serie A, la gente di Carpi s'è ricordata nei suoi striscioni di rendere grazie proprio a Lotito. Ma la profezia non è ancora completa. Sai che capriole, fra un po', a Frosinone.

(la Repubblica, 12 maggio 2015)

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