giovedì 12 dicembre 2013

Federico Fellini e i 40 anni di Amarcord


Fellini (ritratto di Tullio Pericoli)
Quarant'anni fa in questi giorni usciva Amarcord. Non è che sia un film di nicchia, ci sono abbastanza saggi in giro sul capolavoro di Fellini e su tutta la sua opera, aggiungere altre parole non sarebbe per nulla un'urgenza. Infatti non lo è. Ma girando per archivi ho trovato una bella chiacchierata con Fellini fatta dal New York Times per l'occasione. Erano giorni in cui i critici americani mettevano il suo film in connessione con Proust, Balzac, Sherwood Anderson. Le risposte che dà Fellini sono tutte bellissime. Sono il riflesso di un artista puro, un uomo che non avverte alcun bisogno di spiegare quel che sta facendo, come se dicesse La mia opera è qui, parla da sola, che cosa posso aggiungere? L'ulteriore meraviglia è che lo fa senza pose, con una leggerezza e un'ironia che andrebbero insegnate. Insomma, leggete.

"I critici sono pagati per fare dei paralleli, io faccio film per raccontare storie, per dire bugie e divertirmi con quelle. Io non faccio congetture intellettuali sul mio lavoro. Faccio film perché firmo un contratto e mi danno un anticipo". 
"L'improvvisazione è un modo per offendere l'arte. E' come dire che chi mandò il primo uomo sulla luna stava improvvisando. Io ho sempre un copione. I miei film sono scientifici, matematici, precisi, come un intervento chirurgico. Nelle mie intenzioni, ogni volta che dico "azione", c'è sempre l'attesa di un piccolo miracolo. Ma quella che chiamate improvvisazione è attesa, fiducia piena, speranza e rispetto". 
"Nelle prime tre settimane di lavorazione lascio gli attori in attesa, anche il produttore. Per due o tre settimane, io dirigo il film. Dopo, sento che è come fosse il film a dirigere me. Ma il copione non è un testo sacro. E' stupido fissarsi su delle parole scritte un anno prima, senza aver visto la faccia di un attore, senza sapere che tipo di battaglia dovrai condurre con il produttore. Fare un film è come fare un tuffo in una piscina. Devi respirare. Devi sapere che stai per finire nell'acqua e non su delle pietre. Quando salti, ti devi abbandonare". 
"Non è importante decidere se un film sta parlando del suo autore, se una cosa è accaduta nella sua vita o no. Noi abbiamo l'ansia di definire ogni cosa. E' una nostra debolezza. Io non credo nelle definizioni. Qualche volta creo dei simboli, ma se dovessi dire quanto siano reali o quanto siano fantastici, mi sentirei perduto".
"Ho girato Roma per farla finita con Roma. Ho girato I Clowns per chiudere con i clown e con il circo. Ho fatto Amarcord per non tornare più sulla gioventù e la tenerezza. Ora farò un film sulle donne, per farla finita pure con le donne. Se io dovessi sognare che tutti i miei film si incontrano in una piazza, me li immagino tutti amici. Non ce lo vedo Amarcord che dice: "Ehi, Satyricon, stati al tuo posto".