martedì 10 settembre 2013

La dannazione del calcio ceco: una foto sbagliata in una notte storica

Europei 1976. Germania battuta in finale. La notte in cui Panenka inventò il rigore a cucchiaio. L'unica vittoria internazionale del calcio ceco. Ma di quella notte resterà un'immagine sbagliata: la Coppa sollevata con le maglie degli avversari. Per la rabbia degli ufficiali comunisti.

Facile oggi. Si guarda lo schermo e se la foto non ci piace la rifacciamo. Clic. Ecco. Ora va bene. Ma prima dell'era digitale, era la dittatura del rollino a stabilire la caratura dei nostri ricordi. Fissavi l'attimo, ma davvero, e se l'attimo era quello sbagliato, amen, restava guasto nei secoli dei secoli. È la condanna che il calcio ceco ha scoperto di dover vivere dal '76 a oggi, dalla notte in cui per la prima e unica volta nella sua storia vinse qualcosa. La sera che in genere ricordiamo per il cucchiaio di Panenka.


In 37 anni lo abbiamo visto e rivisto. Lui che prende la rincorsa da lontano, fuori area, il piede destro che s'infila sotto il pallone fermo sul dischetto, colpo sotto, secco, quello che si alza lento e scavalca Sepp Maier, il portiere della Germania. Finale degli Europei finita così, Cecoslovacchia campione ai calci di rigore, la nascita di un gesto. Un'epifania. D’accordo, Panenka calciava in quel modo già da tempo, solo che lo faceva in campionato, e in televisione una partita del Bohemians Praga chi l’aveva vista mai. Il cucchiaio, per il mondo, nacque allora. Nacque in una sera che il calcio ceco dopo non ha vissuto più. Ai Mondiali mai oltre i quarti di finale (1990), agli Europei una finale persa nel ’96, quando il Paese comunista s’era ormai diviso, e davanti alla Germania (un'altra volta) si ritrovò solo una parte del vecchio tutto, la Repubblica Ceca, i nostri avversari di stasera. E va bene: il cucchiaio. E va bene: Panenka. Ma dopo? Dopo il gol, potendo, il calcio ceco avrebbe rifatto tutto daccapo. Quella serata del '76 fu perfetta fino al tiro del baffuto signore al cui nome è dedicata oggi in Spagna una bella rivista di sport e cultura. Perfetta fino al rigore, paf, gol. E basta. Perché dopo gli abbracci sul prato, dopo la piramide di corpi ammassata su Antonìn Panenka da Praga, tornitore e centrocampista, tutto il resto fu rimpianto. Prima di salire verso il palco dove avrebbero sollevato la Coppa, i calciatori cechi fecero un gesto di cui si sarebbero pentiti per il resto della vita. Scambiarono le maglie con i tedeschi. Tieni la mia, dammi la tua. Come si fa spesso, ma dopo una finale no, diamine, non subito, ragazzi. Quella sera finì con i cechi che baciavano la Coppa e la sollevavano felici, ma avevano addosso la maglia bianca della Germania. Clic. E quella maglia ce l'avranno addosso per sempre. Sei anni prima Pelé aveva vinto il Mondiale, eppure non era mica andato a prendersi per sempre la Rimet vestito dell'azzurro di Burgnich. Non si rovina così la storia. Il colore rosso dei cechi invece era sulle spalle dei battuti. Beckenbauer, Bonhof, Hoeness. "Lì per lì non ce ne rendemmo conto, altrimenti non l'avremmo fatto", hanno spiegato negli anni a venire Ondrus e Nehoda, i leader di quella Cecoslovacchia. Fu come perdere anche nell'unica volta in cui erano riusciti a vincere. Al ritorno a casa, gli ufficiali comunisti non erano contenti. Pesava più l'immagine sbagliata dell'impresa compiuta. I burocrati salvarono Panenka, lo chiamarono patriota, perché aveva tenuto la sua divisa rossa sulle spalle fino all'ultimo. "Ma fu per caso, non per scelta. Quando riemersi dall'abbraccio dopo il gol, gli altri avevano già scambiato le maglie, io lo feci alla fine negli spogliatoi". Così, se Panenka è rimasto prigioniero di un rigore, come ha raccontato in una delle sue interviste più recenti, il calcio ceco è rimasto ostaggio di quell'attimo catturato male. Un incubo eterno. Clic. Come fare un viaggio indimenticabile con una meravigliosa compagna e al ritorno scoprire che nelle foto c'è la faccia di un altro.

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