mercoledì 2 marzo 2016

I sensi di colpa di Quagliarella

QUEI gesti che nello sport appaiono all'improvviso e che non avevi visto mai. Dick Fosbury che salta l'asticella dell'alto di schiena, Gildo Arena che inventa la beduina nella pallanuoto, Björn Borg che gioca il rovescio a due mani: e poi arriva il giorno in cui Fabio Quagliarella esulta dopo un gol. Perfino questo. Eccolo là che piazza in porta un colpetto al volo da una decina di metri: corre coi pugni chiusi sotto le tribune laterali, fa un balzo, addirittura si sfila la maglia - lui che aveva fatto dell'imperturbabilità il suo stile - e resta a torso nudo, come un Cristiano Ronaldo qualsiasi. La scoperta del fuoco.
Si può gioire del presente, questa è la conquista di Fabio Quagliarella, a 33 anni. S'era dato una regola: mai far festa davanti a un suo vecchio tifoso o a una sua antica maglia, e avendone nel tempo cambiate parecchie gli sono toccate domeniche in cui faceva gol e comunque rimaneva lì, le braccia basse, una specie di broncio e il pensiero a un passato che invece non passa mai.
Il gol come senso di colpa. Pare che l'abbia inventato vent'anni fa Abel Balbo, segnando da romanista contro l'Udinese. Scegliendo di non alzare mai un sopracciglio, a Quagliarella è capitato di metterne insieme cinque contro la Fiorentina (dove giocò per sei mesi in C2 quando si chiamava Florentia), tre contro l'Udinese, due al Torino, una alla Juve, la bellezza di nove alla Sampdoria prima di tornare e altri tre contro il Napoli, di cui due al San Paolo. L'ultimo, a gennaio, ha scatenato l'inferno e ha fatto crollare la sua visione del mondo, la filosofia dell'attaccante gentiluomo. Segna su rigore vestito di granata contro la vecchia squadra, contro la sua città, e non solo non esulta: stavolta si spinge a chiedere scusa. Alla curva avversaria. Sai com'è, un giorno lì dovrà tornare a vivere. Le mani giunte, il capo chino. Servisse almeno a far pace con quelli del Napoli, macché. Loro continuano a rimproverargli il "tradimento" del 2010 e il passaggio alla Juve - benché all'epoca si fossero gettati contestualmente fra le braccia di Cavani, 104 gol in tre anni - mentre a Torino quando torna lo accusano, lo insultano, gli mostrano l'altra faccia del gesto da fair play: e noi il tuo rispetto non lo meritiamo? Scontenti tutti, divorzio necessario, ottimo lavoro.

Servirebbe a Quagliarella che esistesse per davvero la Lacuna Inc., la ditta che ripuliva i ricordi di Jim Carrey e Kate Winslet in un film di qualche anno fa, "Se mi lasci ti cancello": fine del rapporto, ognuno per la propria strada da perfetti sconosciuti, e se ti faccio gol per me sei uguale a tutte le altre. «Beati gli smemorati perché avranno la meglio anche sui loro errori». Invece finisce sempre che per lui le ex non sono uguali. Quagliarella è condannato a portare in giro la faccia del playboy che ha conosciuto mille donne e le ricorda tutte, di qualcuna magari s'è pure innamorato, lei l'ha respinto e lui s'è giocato tutti gli anni di felicità a un tavolo da poker. Altro che Jim Carrey, casomai pare un personaggio di Pupi Avati, un Gianni Cavina, o un Neri Marcoré.

Per fortuna che ogni tanto in serie A passa una sconosciuta, una squadra come il Frosinone, tra le poche a non subire il fascino di Quagliarella. Così lui segna e scopre il gusto liberatorio di un gesto nuovo. L'esultanza senza maglia. E nessuno s'offende. Pare che ora Quagliarella guardi con simpatia il campionato del Crotone.

(la Repubblica, 1 marzo 2016)

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