martedì 5 luglio 2016

La Treccani e l'irriducibile Stielike

LILLE. I baffi, il ghigno, il tackle. Uli Stielike era il Cattivo. Era il Lee Van Cleef del calcio. Brera lo chiamò "truculento" e "cinico". Noi avevamo l'eleganza di Scirea, i tedeschi il più duro dei liberi. La Treccani gli ha dedicato una voce in cui viene definito "tenace e irriducibile". Troppo poco. Trent'anni fa Uli Stielike era la nostra idea del Male, perché se vedeva un pallone e una gamba prendeva pallone e gamba, ma soprattutto perché giocava dall'altra parte. A 61 anni è il ct della Sud Corea. Ha più vinto che perso, ma quel che ha perso dice di non ricordarlo più. Ha rimosso. "Non ho mai avuto l'abitudine di collezionare cattivi ricordi. Cerco di cancellarli".


Ha cancellato pure quello che in Germania chiamano Italien-Trauma?
"Trauma? Quale trauma? Ho perso una finale mondiale con l'Italia ma non ho mai smesso di dormire bene. Una delle prime cose che mi hanno insegnato da ragazzino: nel calcio si vince e si perde. La digestione di un successo e di una sconfitta deve essere parte dell'educazione sportiva delle persone. Per noi poi fa parte del lavoro. I traumi sono un'altra cosa".


Eppure per lei una partita pareva questione di vita o di morte.
"Il temperamento è una guida. Io ne avevo. Era la mia droga legale. I calciatori senza temperamento sono davvero noiosi. Ne vedo tanti che vengono definiti dei talenti e dentro di loro non scorre una goccia di sangue. Non c'è talento senza carattere. La vera arte di un calciatore è saper indirizzare le emozioni. Ma prima deve averne".

Che avversaria è l'Italia per un tedesco?
"Un'avversaria speciale, inutile nasconderlo. C'è una lunga tradizione di partite e non solo fra le nazionali. È una rivalità esplosiva perché siamo due popoli più vicini di quanto si creda e perché ci siamo frequentati spesso: voi venivate in Germania a cercare lavoro, noi veniamo in Italia per le vacanze. Ma anche se c'è l'Italia di mezzo, conosco una sola maniera di interpretare la sconfitta. Quando si perde, vuol dire che gli altri sono stati migliori. Allora si oltrepassa la linea di metà campo, si va stringere la mano, si torna a casa e ci si allena per vincere la prossima volta. Ho sempre fatto così".

Ha ricostruito la Sud Corea dopo la disfatta in Brasile portandola in finale di Coppa d'Asia. Il Giappone cresce. La Cina investe. Il futuro del calcio è in Oriente?
"Negli ultimi tre Mondiali otto posti sul podio sono stati dell'Europa e uno del Sudamerica. Le nazionali asiatiche per ora possono ambire a superare il girone. Noi puntiamo a esserci nel 2018. Cominciamo le qualificazioni a settembre, affrontiamo la Cina e la Siria. Quando sono arrivato, volevo costruire una squadra che in campo controllasse il gioco. Il gioco per me si controlla tenendo la palla. Il calcio ideale è quello di una squadra che sappia fare con i piedi ciò che gli avversari non saprebbero fare usando le mani".

Stielike, il calcio italiano è in crisi?
"La Germania ha investito negli ultimi 15 anni sui giovani. Buoni allenatori. Metodi efficienti. Oggi abbiamo la migliore generazione di calciatori nella nostra storia. Il calcio italiano è scivolato dietro. È dietro pure a Spagna e Inghilterra. Ma con questa nazionale come si fa a dire che sia in crisi? Mi piacciono molto Buffon e Pellè, dei nostri Boateng e Kroos. Sarà una grande partita anche stavolta".

(uscito su Repubblica il 2 luglio 2016)

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