giovedì 11 dicembre 2014

Il giallo della casa di Eduardo e Peppino De Filippo

CHIESA dell'Ascensione a Chiaia. La pala d'altare e una tela di Luca Giordano, quattro tele di Giovan Battista Lama in sacrestia, dove all'interno di un librone di diverse centinaia di pagine è custodita la soluzione a un piccolo grande mistero che Napoli a lungo ha trascurato. La casa natale dei fratelli De Filippo è indicata qui, nel registro dei battezzati dal 1898 al 1908. Tutto quel che finora si sapeva era o confuso o sbagliato. Anche il Comune di Napoli è caduto in errore, sistemando nel giugno scorso una targa celebrativa per Peppino al numero 8 di via Ascensione. Per Eduardo mai si era giunti a una conclusione e le ricostruzioni erano sempre state contraddittorie: nato in via Bausan 13 secondo la biografia di Federico Frascani ("Eduardo", Guida, 1974) o in via Ascensione numero 3, secondo l'autobiografia di Peppino ("Una famiglia difficile", Marotta editore, 1976). Indirizzi plausibili perché entrambi a poca distanza da via Vittoria Colonna numero 4, palazzo Scarpetta, dove viveva il padre naturale dei due fratelli. Plausibili, eppure fuorvianti.

Ora, la nuova scoperta. A pagina 294 del registro dei battezzati della parrocchia di Chiaia si legge che «in data 27 Agosto 1903 è stato battezzato un bambino nato da Luisa De Filippo e da padre incognito in data 23 Agosto 1903 in vico Ascensione n. 12 al quale sono stati imposti i nomi di Giuseppe, Luca, Gennaro». La discrepanza di un giorno con la data di nascita di Peppino giunta a noi (24 agosto) non è cosa inusuale per l'epoca. Sul conto di Eduardo si legge che è nato il 28 maggio 1900 in via Vittoria Colonna 5. Ma quegli indirizzi oggi non ci sono più. Dopo alcuni cambi di toponomastica, nel frattempo sono diventati via Bausan 28/o (per Peppino) e via Vittoria Colonna 14 (per Eduardo). È il punto d'arrivo di un'accurata ricerca condotta da Antonio De Maria, settantenne, ispettore del lavoro in pensione, la cui famiglia risiede a Chiaia da qualche generazione. Alla questione, per amore di Napoli e dell'arte dei De Filippo, De Maria ha dedicato parte del suo tempo libero, mettendo "Repubblica" sulle tracce della nuova verità ricostruita.
«Mi ero quasi dimenticato della mia ricerca », racconta De Maria, «ma leggendo che il giornale aveva raccolto testimonianze sulla vita dei De Filippo in via Bausan 28/o, sono andato a ripescarla. A metà degli anni Settanta, nei pressi delle scale che portano da via Bausan a via Colonna, abituale raduno serale del mio gruppo di amici, passò Peppino De Filippo. Noi lo seguimmo con lo sguardo, in silenzio. Dopo aver salito le scale, Peppino entrò nella galleria d'arte "La Barcaccia", all'angolo, dove oggi c'è un ristorante. Michele Capozzi, maestro falegname, all'epoca ottantenne, ci raccontò che i fratelli De Filippo erano nati là, indicando il terzo piano del civico 28/o. Ci raccontò pure che da bambino lui stesso aveva frequentato i De Filippo: si lanciavano zoccoli dal balcone fra il secondo e il terzo piano». Ivana Capozzi, nipote di Michele, conferma via Twitter: «Erano compagni di giochi». Ma per arrivare a questa certezza si è dovuto superare un equivoco.
Nel 1993 Maurizio Giammusso pubblica la monumentale "Vita di Eduardo" (Mondadori), avendo avuto accesso all'archivio di De Filippo, «sessant'anni di lettere, di appunti e carte varie: una vera miniera» scrive, messo totalmente a disposizione di un biografo per la prima volta da Isabella Quarantotti e Luca De Filippo. Sulla questione della casa natale anche Giammusso si era dovuto arrendere. A pagina 25 annota con rammarico: «Nessuna targa, nessun segno particolare, e nemmeno una notizia sulla guida del Touring o su qualche altra più specifica pubblicazione napoletana ricorda la casa dei De Filippo. Forse è per via del rapporto di odio-amore fra la città e Eduardo; forse perché gran parte della sua vita artistica l'ha vissuta altrove. O forse perché non è del tutto chiaro l'indirizzo esatto». Nelle memorie di Peppino si legge che la casa d'infanzia era al terzo piano di un palazzetto di via Ascensione a Chiaia e che la facciata esterna dava su una rampa di un centinaio di scalini di pietra vesuviana, ripidi e stretti. Giammusso annota nel suo libro la stranezza. A capo dell'equivoco viene De Maria: «Intanto via Ascensione non comunica con via Colonna. Poi fino al ‘54 erano sì presenti delle scale, ma gradoni bassi, larghi e lunghi, che finivano in una piccola rampa di dieci, dodici scalini attraverso i quali si sbucava a piazza Ascensione». Che cosa è successo allora? «Probabile», spiega De Maria, «che Peppino confondesse nei suoi ricordi via Ascensione con vico Ascensione. Ma non tenendo conto di ciò, il Comune ha fatto apporre lì la targa».
Consultando le mappe nell'ufficio toponomastica del Comune, si scopre in effetti che agli inizi del Novecento via Bausan non esisteva. Il tratto che oggi va dalla Riviera fino all'incrocio con via Santa Teresa era denominato vico Carminiello a Chiaia (con una chiesetta e un convento diventati poi una tipografia e una fonderia reale), mentre il tratto che attualmente va da via Santa Teresa a Chiaia fino a via Vittoria Colonna, scale comprese, si chiamava proprio vico Ascensione. Ci siamo. Le ricerche di De Maria hanno appurato anche un cambiamento dei civici nel tratto verso via Colonna. È così che si arriva a individuare proprio nell'attuale via Bausan 28/o quel vico Ascensione 12 trascritto sul registro della parrocchia. Don Vincenzo Branno, il parroco, racconta un retroscena: «Tempo fa, poco prima che fosse posta la targa dal Comune, pure il figlio di Peppino, Luigi, venne in chiesa a prendere visione del documento». Pure lui, Luigi De Filippo, caduto nell'equivoco vico Ascensione-via Ascensione.
A partire dal 1885, con il risanamento del rione Amedeo, tutta Chiaia cambiò volto: i lavori durarono fino al 1930. Via Vittoria Colonna, e ora siamo a Eduardo, non aveva la numerazione attuale. Il civico 5 dell'epoca, la sua casa natale, non è quello attuale, che corrisponde a un negozio nella volumetria di Palazzo Scarpetta. Al 5 dell'epoca si trovava invece un piccolo stabile, successivamente abbattuto. Su quell'area è stato costruito un fabbricato al quale è stato attribuito il civico 14, dove oggi in effetti una targa c'è: ricorda la residenza di Giustino Fortunato. È lo stesso luogo in cui nacque Eduardo. «Il mio rimpianto», dice De Maria, «è che oggi questa sia conosciuta dai ragazzi solo come la zona dei baretti, mentre custodisce tanta memoria della cultura cittadina. Quanti per esempio sanno che il personaggio di Victor Frankenstein è nato alla Riviera di Chiaia?». Al Comune non resta che verificare, spostare la targa e magari aggiungerne un'altra. La casa di Eduardo e di Peppino adesso c'è davvero.
(la Repubblica, 10 dicembre 2014)

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