martedì 10 gennaio 2012

Fenomenologia della colica renale

Un immaginario consulente di santa romana chiesa per il proselitismo e il reclutamento di nuovi fedeli dovrebbe puntare tutto sulla colica renale.
Tutto.
Dovrebbe commissionare spot e lanciare campagne di volantinaggio basate esclusivamente sulla colica renale. Invece la chiesa cattolica lo ignora. La sottovaluta. Non la considera per ciò che è. Un micidiale strumento per la conversione e l'avvicinamento a Dio.


E' in quell'istante lì, quel lunghissimo istante lì, quando sei accartocciato su te stesso e pare che tu stia chiedendo perdono alle mattonelle, che si entra in umile relazione con il mondo iperuranio. Si parla al cielo e lo si implora di mandar via quel dolore che non augureresti neppure a Domenech durante la finale dei mondiali. Non c'è nulla di più efficace di una colica renale per suscitare devozione e indurre all'arrendevolezza. In Non avevo capito niente, Diego De Silva spiega che cos'è una totale sottomissione: "Sono nelle sue mani, un ricoverato in piena colica renale alla vista della fiala antidolorifica".
Invece la chiesa non se ne giova. Eppure di coliche renali soffriva padre Pio, e ne La compagnia dei celestini per Stefano Benni l'episodio più violento mai accaduto nella storia dell'isoletta di Linorio è una colica renale al parroco. E' cosa seria, serissima, una colica renale. Ne è morto Giovan Battista Della Porta, probabilmente anche Jack London. Per un attacco, il maratoneta italiano Valerio Arri si giocò l'oro olimpico del 1920 ad Anversa, quando invece era il favorito. Bruno Arpaia (Tempo Perso) sostiene che si tratti di uno dei due dolori (l'altro è il mal di denti) che supera le pene d'amore. Un dolore basso e sguaiato nella forma, "qualcosa di chiassoso, quasi volgare" (così scrive Andrea G. Pinketts, Il vizio dell'agnello), ma trascendentale e sacro nella sua essenza. Una colica renale è salvifica per il Dandi del Romanzo Criminale di Giancarlo De Cataldo: diventa il suo alibi per l'omicidio Magnanti. Ed è una semidivinità da non nominare invano per Niccolò Ammaniti, in Ti prendo e ti porto via:  "Hai raccontato che non avevi fatto i compiti perché avevi avuto una colica renale. Tu che non sai neanche cos'è una colica renale".
Certo, se ne ride pure. Dopo. Quando passa. E' il bisogno di un esorcismo. Camilleri fa venire una colica a Mimì Augello, e al telefono Catarella neppure lo capisce, "mi parlò di una facenna di un rinale" (La paura di Montalbano). Oppure c'è il musicista Larsen che con i Peninsulina (Marco Della Noce, Che storia), faceva pezzi tipo Philip Glass, ma come suonati "da un pizzaiolo in preda a una colica renale". Così com'è stata espediente comico per Verdone (Un sacco bello), e Aldo Govanni & Giacomo (Tre uomini e una gamba).
In realtà quando tutto passa, quando finalmente arriva il dopo, la rivelazione autentica è un'altra. La colica renale è una macchina del tempo. Quando l'attacco è superato, succede che il medico prescriva una terapia fatta di riposo, borsa d'acqua calda e due litri d'acqua da bere al giorno. All'occorrenza alcune siringhine, in genere degli oppiacei. Ora, lo capisce chiunque che una cura del genere profuma d'Ottocento. A me pare prescritta da Carlo Bovary sotto dettatura di Thomas De Quincey. Allora ho socchiuso gli occhi, e ho chiesto a Metternich di dirmi cosa ne pensa del Regno delle Due Sicilie.

4 commenti:

TFM ha detto...

Amico, per fortuna non ho idea di cosa tu stia parlando, ma questo è un Post Definitivo.

ac ha detto...

Tieffemme carissimo, chissa' come si dice alla Francia colica renale. Saluti

ac ha detto...

Tieffemme carissimo, chissa' come si dice alla Francia colica renale. Saluti

Loffenheim ha detto...

ne ho sofferto per un mese di seguito, quindi ti comprendo perfettamente: nel pieno di una crisi, mi è capitato per la prima e unica volta nella mia vita di prendere a male parole mio padre. Non me ne sono più venute, mi avrebbero fatto comodo in una discussione con mia moglie.