sabato 30 luglio 2011

Addio a Giuseppe D'Avanzo

Un giorno Giuseppe D'Avanzo tornò nella sua Napoli e rimase spiazzato dai ragazzi che parlavano di coltelli, ragazze e malavita. Lo facevano in una lingua che non riconosceva. Con parole che significavano altre cose. C en'era una che più di ogni altra gli pareva squadrasse da ogni lato il precipizio di Napoli. Pariare. E scrisse un pezzo bellissimo.

Nel dialetto napoletano dell' altro ieri, "pariare" aveva un solo significato: digerire. Oggi quell' unico, indiscutibile significato si è smarrito nell' impura neolingua della Napoli lazzara, che soltanto per il 12 per cento parla in italiano e per il resto impasta gerghi - il gergo della malavita e delle canzoni neomelodiche, soprattutto - storce il dialetto melodioso dei Salvatore Di Giacomo, degli Eduardo, dei Domenico Rea per farne uno slang che annega significati, scolora esperienza, scioglie nell' acido muriatico la memoria. Pariare ora significa, apparentemente, divertirsi, ma parla di un curioso divertimento.
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