Tutto comincia con un'armonica. Quella di Morricone, di Sergio Leone, di Charles Bronson. Accordo di La minore nona, La minore sesta nona, così per due volte, poi Re minore e Si minore settima nona. Ora capirete che la nona, la sesta nona e la settima nona, se a 13 anni e mezzo ti stai accanendo coi Cesi-Marciano su un Bontempi arancione aspettando di comprare il pianoforte , be' quei La minore sesta nona e quel Si minore settima nona ti viene voglia di imparare a suonarli. E poi vediamo chi dice che due accordi non cambiano la vita.
I say I sto' ccà, cantava Pino Daniele. Era 30 anni fa, di questi tempi. Marzo, forse anche febbraio, boh. Il disco si chiamava Nero a metà perché era dedicato a Mario Musella, il cantante degli Showmen (Un'orasolaaaa ti vorrreiiiii), morto qualche mese prima. Un figlio della guerra. Di padre americano: Musella era un soldato di origine amerindia. I dischi si chiamavano 33 giri, un mio amico che era più avanti diceva Ellepì, e per tutt'e due costava 7mila lire.
- Mamma mi dai i soldi
- Che ci devi fare.
- Mi vado a comprare un Ellepì
- Ue' non è che ti compri la droga?
- Mamma la droga non si vende alla cartoleria Russo.
Nero a metà usciva trent'anni fa, costava 7 mila lire e nel mio quartiere si vendeva in una cartoleria. Non c'erano negozi di dischi, e non ce ne sono stati mai. Per la musica-musica quanto ho pianto non lo so. Elvis Presley era morto da tre anni, Eric Clapton si stava perdendo nel gossip e Ben Harper era un bambino a Clermont. In testa alla Hit Parade da noi c'erano Cicale-cicale di Heather Parisi e Cicciottella di Loretta Goggi. Per dire cosa fu questo disco.
- Mamma allora scendo.
- Che disco ti vai a comprare?
- Il disco nuovo di quel cantante napoletano.
- Peppino Di Capri?
- No ma' che Peppino Di Capri: il disco nuovo di Pino Daniele.
- Aspe' io lo conosco 'sto Pino Daniele.
- Mamma è quello che cantava Napul'è e 'A tazzulella 'e café.
- No no che ti compri Pino Daniele quello dice le parolacce nelle canzoni.
- Non è vero ma'.
- Sì sì mo' mi ricordo quello che dice je so' pazzo je so' pazzo nun ce scassate e lasciamo stare quello che viene appresso.
Non era vero che non fosse vero. Ma se la generazione del '68 aveva fatto la rivoluzione sessuale coi forbitissimi testi di De Andrè e Guccini, a noi potevano almeno lasciarci la rivoluzione lessicale nella musica italiana, E poi mi levi vino pecché sì 'nu figlio 'e bucchino. I dischi, rispetto al cd e agli mp3, avevano una cosa bella. Si giravano. Gli cambiavi lato. Perciò era come se cominciassero due volte. E due volte finivano. Nero a metà finiva la prima volta con Appecundria e cominciava la seconda volta con A me me piace 'o blues, E sona mo' sona mo' sona mo', quella che allo stadio San Paolo in concerto con Pino Daniele Jovanotti si mise a rappare facendo Le braccia si alzano come vele al suono della musica di Pino Daniele, e noi come tanti deficienti alzammo davvero le braccia come vele al suono della musica di Pino Daniele.
Ma poi del resto ti aspetterei, nun me 'mporta 'e chello ca nun me può ddà. Luciano conosceva passaggio per passaggio tutta la parte di piano in Alleria, dove Joe Amoruso suona da padreterno. Me l'ha insegnata lui. Lui Luciano, non Joe Amoruso. Passa 'o tiempo e che fà. Il momento più raffinato del disco è quando dopo l'ultima acciaccatura di Alleria, parte A testa in giù. In controtempo. Quell'attimo lì, quel solco lì. A testa in giù poi è un titolo morriconiano assai, e Sergio Leone, e l'armonica, ve l'ho detto già. Ed era da specialisti della chitarra, Luciano poteva farci poco. Era più roba per Michele, per Leandro, per Roberto. Però poi Luciano la suonava alla tastiera e usava la tastiera come se fosse una chitarra, come cazzo faceva, un fenomeno Luciano.
E te sento quanno scinne 'e scale, pecché passanno forte haje scuncecate 'o lietto, puozze passa' 'nu guajo niro, ho visto morire bambini nati sotto un accento sbagliato e mi sono incazzato e oggi sono vero, a che serve sta' accussì sempe 'ncazzate ma po' pe cchi, perché hai dato sempre tanto e adesso nun 'o ttiene cchiù, per gridare qualche nome che ho inventato e non lo so, ecco tutto questo bendidio qualche mese dopo fu la colonna sonora delle notti passate in strada per il terremoto, novembre 1980. Napoli cominciava a morire in quei giorni lì, e poi cominciò a rinascere, così credemmo, prima di tornare a morire, ed è così che va e così deve andare, e saglie sulamente 'a voglia 'e jastemmà, nun ne parlamme cchiù.
Nero a metà, se ne avete voglia, ve lo sentite qua o qua. Trent'anni dopo non si gira, non si cambia lato, è una remastered edition. Ma è sempre fresco dov'era fresco, languido dov'era languido, cupo dov'era cupo. E se non amate Nero a metà siete brutta gente.
5 commenti:
Non posso che applaudire e ascoltarmelo ancora una volta. Son belli gli anniversari. Grazie.
E' uno dei miei cd preferiti. Bellissimo dall'inizio alla fine, ascolto dopo ascolto.
...ciao Angelo, non sapevo del tuo blog..., imperdonabile..., io a non saperlo e tu a non dirmelo...:-)
Grazie...
@ nicug
Il bello degli anniversari è che hai 30 anni di tempo per scrivere un post
@elena
Lo sapevo. Nel senso che sapevo che l'avrei saputo.
@brian63
Brian , poi passai al Farfisa che mi regalasti. Era Farfisa, vero? E quando comprai il pianoforte, il Farfisa lo diedi via anch'io. In sostanza siamo due donatori di organi
Remaster.
Peccato per il suono, la versione "digital remastering" del 1995 suonava cento volte meglio, quella del 2008 un po' peggio, ma sempre molto più godibile di questa, che quasi non si ascolta.
Il disco è un capolavoro assoluto, un riferimento. Peccato che ci siano persone che mettono mano a questi capolavori senza avere idea di quello che fanno.
Saluti.
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