lunedì 19 ottobre 2009

Catanzaro capoccia


Manca gente che scriva i testi, vero. Esattamente come per la storia di Rosy Bindi, la battuta sulla Calabria era vecchia. La Calabria non esiste, la Calabria Saudita, e tutta quella roba là. Ma Antonello Venditti non s'è voluto sottrarre, pur di fare un po' il ruffiano col pubblico siciliano, la cui benevolenza - vallo a capire - immaginava di captare parlando male dei trans-strettini. Roba vecchia.
Era il 1986 quando un centravanti arrivato dall'Inghilterra per giocare nel Milan, dopo una trasferta, disse d'aver visto la città più brutta d'Europa. Lui si chiamava Mark Hateley, la città era Catanzaro.
Sono in un posto chiamato Catanzaro: che buco! Mendicanti a ogni angolo, bambini che giocano nella sporcizia senza quasi niente addosso, e le peggiori case che si possano immaginare [>>>]
Più brutta pure di Manchester, aggiunse, pensa un po', sebbene Soverato e Copanello, in Inghilterra, se le sognano col cannocchiale. Mi pare, non ne sono certo, che ne scrisse pure nella sua autobiografia.
Anyway. Hateley segnò pochino, 17 gol in una settantina di partite, ed erano gli anni in cui Venditti scriveva le sue ultime cose del ciclo d'oro (Notte prima degli esami in Cuore, Giulio Cesare in Venditti e segreti). Oggi Hateley fa altro e in campo ci va suo figlio. Venditti invece fa ancora il cantante e scrive cose tipo:
Piove sui tetti le case le storie di Roma
e le mamme rincorrono i figli davanti alla scuola



E Catanzaro? Catanzaro non è diventata Parigi, così come alla costa calabrese continuano a mancare servizi e infrastrutture che le consentirebbero di divorarsi l'economia turistica - per dirne una - della riviera romagnola. Certo, mica i problemi non esistono. Se ti addolorano, dai una mano. Mica ci fai una battuta in Sicilia.
Una mano. Catanzaro non è diventata Parigi, ma stasera Ennio Morricone apre al Politeama di Catanzaro la stagione di "La gran musica per il cinema". Il 25 arriva Ryuichi Sakamoto, il 28 tocca a Nicola Piovani, il 31 a Ritz Ortolani e il 6 novembre chiude Charles Aznavour. Ed è in Calabria che Wim Wenders ha girato il suo corto sul dramma dell'immigrazione con Ben Gazzara e Luca Zingaretti.
Mentre piove sui tetti le case le storie di Roma.

1 commento:

mumoorsi ha detto...

Complimenti per il post.
Ne condivido i contenuti e le forme (particolare, tra l'altro, il riferimento calcistico).
Vivo da pochi mesi a Catanzaro.
La prima volta che mi recai nel nostro capoluogo (sono anche io calabrese, cosentino..per la precisione)non ebbi una grande impressione della città.
Non soltanto per un atavico ed ottuso campanilismo giovanile (è noto l'astio reciproco sussistente tra la città di Telesio e quella delle Aquile), ma soprattutto per via degli indubbi limiti che si presentavano agli occhi di chiunque.
Lacune strutturali ed organizzative diffuse, ovviamente, in tutta la nostra regione e non certo caratteristiche della sola Catanzaro.
Odiernamente, però, la città - rispetto agli anni scorsi - mi sembra cambiata; cresciuta sotto molti aspetti: da quelli meramente estetici - comunque fondamentali -(osservo maggiore cura, ad esempio, nel centro storico..corso mazzini è assolutamente gradevole; numerosi i tentativi di ristrutturazione edilizia)ad altri più squisitamente "culturali" (si organizzano più eventi rispetto al passato, dalla musica al teatro, allo sport).
L'aspetto che, però, mi colpisce maggiormente in negativo (forse perchè ho vissuto, in luoghi molto dinamici, fuori regione per motivi di studio e poi di lavoro) è il limitato contributo giovanile alla vita cittadina.
Non mi riferisco soltanto alle poche presenze di ragazzi per le strade, ma anche e soprattutto al limitato fervore culturale.
Non conosco associazioni, locali di incontro molto frequentati, ecc...
Probabilmente, il tutto è legato ad aspetti storici ormai cronicizzati: la città non riesce ad assumere connotati di vera e propria sede universitaria di riferimento. Risente di (e)migrazioni presso altre sedi.
La mia valutazione, comunque, non può che essere parziale e poco attendibile anche a causa dell'inesperienza conoscitiva del posto (ripeto, vivo qui soltanto da qualche mese).