La Rari Nantes Napoli. Arena è il terzo da destra |
Tornano in treno da una trasferta in Liguria, e a una stazione in Toscana salgono 4 turiste tedesche. Giocano a carte, sul tavolo cade il sette di danari. «Wir sind sieben. Sieben und schön», noi siamo sette, sette e belli, siamo noi il Settebello, dicono quei ragazzoni alle bionde signorine. Un soprannome che diventa noto a tutti grazie a Niccolò Carosio. «Oggi alla radio, per favore, ci chiami così», chiede Arena al cronista prima della finale dei Giochi del '48. Vinse l'Italia, e nella Londra che fischiava tutti gli azzurri - colpevoli di essere stati connazionali del Duce - coi suoi 11 gol Gildo raccolse applausi e il premio Columbus, al miglior atleta del torneo. Un oro olimpico, un titolo europeo, 5 scudetti con la Rari Nantes fra il '39 e il '50, un altro con la Canottieri Napoli nel '51, quando il club del Molosiglio gli offrì ponti d'oro - soldi e un lavoro - per lasciare la vecchia squadra. Fu il primo scontro di mercato nella pallanuoto. Ma l'oro d'una volta, in casa Arena, non esisteva più da tempo. Tra un giorno da cicala e una vita da formica, Ermenegildo aveva scelto cento volte la prima strada. L'avevano finanche sfrattato dal suo guscio, l'antica casa di Santa Lucia, il quartiere in cui era cresciuto. Figlio di un gioielliere, terzo di quattro fratelli, Arena era andato a imparare la tecnica e la tattica della pallanuoto in Ungheria su invito di Bandy Zolyomy, il più grande allenatore degli anni Cinquanta. A fine mese avrebbe compiuto 84 anni. È morto nella sua nuova casetta di Castel Volturno: «Dal mare non sapeva stare lontano», racconta adesso Annamaria Sorrentino, la donna che s'è presa cura di lui negli ultimi 35 anni. Anni duri, che i circoli di Napoli provavano a rendere meno aspri col loro sostegno. Anni amari, perché nel frattempo Arena aveva ricevuto la compagnia d'una condanna nuova, chiamata Alzheimer. Una malattia vissuta con il pudore e la dignità dei puri; per combatterla, però, l'aiuto degli amici d'una volta non bastava più. È cominciata così una battaglia d'opinione, per attribuirgli i 15.000 euro annui della ex legge Bacchelli, oggi legge Onesti, un vitalizio in favore degli sportivi del passato. Un lungo braccio di ferro contro un nemico più insidioso d'un morbo, la burocrazia. Arena aveva incassato il sì definitivo dal ministero dei Beni culturali solo otto giorni fa, sembrava una festa, invece era tardi. Oggi assomiglia più a un rimorso che a una soluzione. «Arena non ha avuto il tempo per raccogliere questo meritato riconoscimento. Noi cercheremo in tutti i modi di dirgli ancora grazie», il messaggio del presidente del Coni, Gianni Petrucci. Il Comune di Napoli progetta di intitolargli un impianto. Per aiutare Arena, qualche anno fa, tutte le stelle della pallanuoto contemporanea erano andate in acqua in una straordinaria serata di solidarietà organizzata da Franco Porzio, oro olimpico 42 anni dopo di lui: «Avevamo il dovere - sottolinea Porzio - di stare accanto a un uomo che ha dato lustro alla città di Napoli». Arena fece un giro in passerella accompagnato dal capitano della Nazionale d'allora, Carlo Silipo. «Ho vissuto quel momento - ricorda Silipo - come un grandissimo onore che mi capitava, e vivo questo momento con un grande vuoto dentro». La Federnuoto, come dice il suo presidente Paolo Barelli, «vive commossa queste ore e abbraccia l'intero movimento, che osserverà un minuto di raccoglimento in memoria del campione sabato e domenica su tutti i campi». Stamattina, l'ultimo viaggio di Gildo nei luoghi dell'infanzia, il ritorno nel suo quartiere, coi funerali alle 11 nella chiesa di Santa Lucia. Davanti al mare.
Repubblica Napoli, 9 febbraio 2005
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