Non solo i generali, a essere sincero. Anche il popolo argentino. Pure i dissidenti. E anche io, lo ammetto. Anche io. Nella nazionale argentina non avrei mai trovato un posto, per questo al Perù dissi di sì. Non avevano un problema con il numero nove né con il numero dieci, il problema ce l'avevano in porta. Guardate cos'era successo nel '70, un Mondiale rovinato da un portiere, Rubiños, pareva che le mani neppure le avesse.
Per Argentina-Perù mi hanno messo in croce. La marmelada, dicono. Sì, come si dice: la torta. Ma riguardatevi le immagini, e poi mi dite cosa c'entro io. Anch'io penso che successero cose strane, quella sera. Se per esempio penso all'arbitro, sento puzza di bruciato. E anche se penso al guardalinee, l'italiano Gonella, poi arbitro della finale. Gli argentini ci fecero due gol in fuorigioco, ancora non ci posso pensare.
Molti volevano che non giocassi, questo sì. Lo volevano gli argentini perché avevano paura delle mie parate. Solo qualche giorno prima, avevo dato spettacolo contro la Polonia. Mi avevano dato del pazzo perché ero uscito con i piedi fino a metà campo.
Lo volevano i giornali di Lima, facevano pressioni perché fra i pali andasse Ottorino Sartor. Lo volevano anche alcuni dei miei compagni peruviani: tennero una riunione prima della partita e dissero che sarebbe stato meglio per me restare fuori. Quello che è meglio per me, se permettete, lo decido io. Ero in Argentina per giocare il Mundial e avrei giocato. Juan José Muñante era quello che insisteva più di tutti. C'era Teófilo Cubillas dietro di lui, sono sicuro. Era lui che manovrava tutti i giocatori dell'Alianza Lima contro il mio gruppo dello Sporting Cristal. Chi invece giocava nel Deportivo Municipal era Rodolfo Manzo. Avevo grande fiducia in lui, era un buon giocatore, oggi dico che la sua partita fu molto sospetta. La sua e quella degli altri difensori. Sul gol di Tarantini, Manzo si scansa e lo lascia solo. L'anno dopo andò a giocare al Velez Sarsfield, in Argentina. Quello fu il vero scandalo, non io. Ne parlai a Marcos Calderón, il ct, nell'intervallo, perché cambiasse un paio di giocatori, glielo chiese pure Chumpitaz. Ma lui non mosse un dito. Anzi. Più tardi fece entrare Gorriti, che regala il quarto o il quinto gol all'Argentina, adesso non ricordo. Alla fine furono sei. 6-0. Ma io penso che esiste Dio e che Dio ti castiga. Qualcuno si è venduto, di certo. Non so chi. So che alcuni in campo quella sera poi sono morti. Roberto Rojas, terzino. Non aveva quasi mai giocato, ma contro l'Argentina venne schierato fra i titolari: Rojas è morto in un incidente d'auto. Marcos Calderón invece è morto in un incidente aereo. A me è esplosa una bomba in uno stadio, eppure sono ancora vivo. Qualcosa significa, no?
Il Perù ai Mondiali del '78 |
(Come per l’intera serie, le parole liberamente attribuite a Ramón Quiroga sono state ricostruite attraverso libri, interviste e altre fonti storiche, e sono tutte ispirate a fatti realmente accaduti)
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