martedì 27 maggio 2014

Al Tarabulsi, lo sceicco e il fuorigioco di Giresse

kuwait 1982    Eppure la prima volta avete riso di noi, della nostra ingenuità e della nostra rabbia. La prima volta che voi europei avete incrociato uno sceicco su un campo di calcio, avete costruito intorno a noi un quadretto di folklore e di cliché. La avete chiamata una vergogna. Platini spalancò il campo per Giresse con un passaggio dei suoi, uno di quei tocchi che creano lo spazio anche là dove lo spazio prima non c'era. Carlos Alberto Parreira, ct del Kuwait al Mundial di Spagna, ci aveva insegnato a difendere in linea. Giocavamo la zona molto prima che fosse adottata da tanti. Nella sua carriera ha guidato cinque nazionali diverse in cinque edizioni differenti.


Quel giorno a Valladolid, la Francia vinceva 3-1. Poi Giresse. I miei compagni in difesa si fermarono e alzarono la mano. Giresse si avvicinò alla porta e fece gol sul palo alla mia destra. Mentre la palla veniva riportata al centro del campo, la Francia richiamava in panchina proprio Platini, e noi eravamo ancora lì a protestare con l'arbitro Myroslav Stupar. Stupar era un sovietico nato in Ucraina, a suo tempo portiere, come me, aveva giocato fra il '58 e il '69, nella squadra riserve della Dinamo Kiev e in altri club come lo Spartak Stanislav, la Volyn Lutsk, la DinamoKhmelnytskyi e lo Spartak Ivano-Frankivsk.

AL TARABULSI Chiariamo: non c'era il fuorigioco. Ma la nostra protesta era diversa. Circondammo il delegato Fifa a bordo campo dopo aver chiesto giustizia al guardalinee. Volevamo che ci ascoltasse, volevamo che sapesse che ci eravamo fermati perché si era sentito un fischio, ed eravamo convinti che quel fischio fosse dell'arbitro. Fu allora che vedemmo Al Ahmed Al Sabah in tribuna, faceva un cenno con un mano che non si poteva equivocare. La sventolava verso di sé, ci stava dicendo venite via, venita via da lì, ce ne andiamo, torniamo a casa. Per noi era una figura di rilievo. Al Sabah aveva fondato il comitato olimpico del Kuwait ed era il presidente della federcalcio. Inoltre era il fratello dell'emiro. Anch'io mi spesi con l'arbitro affinché ci ripensasse. Giresse aveva segnato perché la nostra difesa si era fermata, era un'ingiustizia, quel fischio ci aveva danneggiato. Stupar non voleva sentire ragioni, allora lo sceicco fece un altro gesto: adesso vengo io. Scese dalla tribuna e ce lo ritrovammo in campo. Oltrepassò il cordone della Guardia Civil e parlottò con alcuni di noi, nel frattempo avevamo convinto Stupar ad andare a consultarsi con il guardalinee. I francesi vennero a provocarci, dissero che stavamo dando uno spettacolo pietoso. A momenti venivamo alle mani. Stavano già vincendo 3-1, non avevano alcun motivo di provocarci così. Furono nove minuti di caos. Stupar capì. Annullò il gol di Giresse. A quel punto cominciarono a lamentarsi i francesi e il loro ct Hidalgo. Ma la decisione era presa. Il quarto gol lo avrebbero segnato più tardi, insomma non cambiò niente.



La Fifa cancellò il nome di Stupar dalla lista degli arbitri internazionali. Il risultato sul campo venne omologato. La nostra federazione fu multata di 5mila sterline, ma ci lasciarono regolarmente giocare la terza partita del girone, contro l'Inghilterra: la perdemmo, solo per 1-0. Tornammo a casa con il bellissimo ricordo del debutto, una partita che sorprese tutti, e da noi chiusa sull'1-1 contro la Cecoslovacchia. Quando Saddam Hussein invase il Paese, nella notte fra il primo e il 2 agosto del 1990, il volo 148 da Londra a Kuala Lumpur della British Airways aveva fatto scalo all'aeroporto di Kuwait City. I 367 passeggeri e i 18 membri dell'equipaggio furono presi in ostaggio, a bordo c'era lo sceicco che era sceso in campo a Valladolid. Gli iracheni riconobbero che faceva parte della famiglia reale. Al Sabah venne ucciso, il suo corpo venne oltraggiato anche dopo la morte. Il Kuwait ha fatto tanto per me. Sono nato a Beirut l'anno dopo in cui i francesi, sempre loro, accettarono l'idea che diventasse la capitale del Libano. La città accolse molti profughi ebrei allontanati dai paesi arabi, un anno ancora e arrivarono anche profughi palestinesi. Avevo 11 anni quando scoppiò la prima guerra fra cristiani e musulmani. Il Kuwait mi aprì le porte mentre la guerra civile stava praticamente radendo al suolo Beirut. Il calcio era appena nato, in Kuwait lo avevano portato gli inglesi delle compagnie petrolifere, negli anni '50. Il primo campionato fu del '54, poi cominciarono a venire tecnici brasiliani per insegnare. Al Mundial del 1982 avevo 35 anni. Era la mia ultima occasione. La qualificazione aveva dato a ognuno di noi un pacchetto premi composto da una Cadillac, un appartamento nel grattacielo più bello della capitale, un viaggio di tre mesi e un pezzo di terra nel deserto. In un paese in cui scuole, ospedali e telefoni erano gratis, un paese senza tasse, con automobile e casa a carico dello Stato per i disoccupati, quel Mundial fu una festa di popolo. La compagnia aerea nazionale organizzò cinque jumbo gratuiti per i tifosi, venne comprato un albergo in Spagna per evitare problemi di alloggio all'estero, e lo Stato acquistò e distribuì 10 mila televisori a colori per chi era rimasto a casa. Ma a Valladolid dissero che eravamo stati una vergogna. Noi chiedevamo solo giustizia. Sbagliarono altri. Sbagliò chi fece entrare Al Sabah sul campo, sbagliò l'arbitro a non rimanere della sua opinione. Proteste più scomposte della nostra,  ormai si vedono sui campi ogni giorno. E oggi nessuno ride più degli sceicchi e delle loro squadre, nessuno parla più di spettacolo penoso. Neppure i francesi.

(Come per l’intera serie, le parole liberamente attribuite ad Ahmed Al Tarabulsi sono state ricostruite attraverso libri, interviste e altre fonti storiche, e sono tutte ispirate a fatti realmente accaduti)

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