domenica 6 settembre 2015
Il papà di Mazinga e Goldrake
1982. “Dietro il nostro rancore di genitori, di nonni, di zii costretti a spendere soldi, rabbia e inutili prediche per limitare l’invasione della fantasia infantile c’è, inconfessabile, il senso di un’ammirata sconfitta. Si chiama Go Nagai, il nostro avversario, e la sua matita sta alla cartoonistica giapponese come la Dormello Olgiata sta al purosangue: dal suo centro di produzione sono usciti i Nearco, i Tenerani, i Ribot che hanno galoppato nei cieli delle televisioni di mezzo mondo, dall’Indonesia alla Francia, dalle Filippine all’Italia. Per milioni di uomini e donne, domani le immagini ricordo dell’infanzia saranno queste, non D’Artagnan e Zane Grey, e neppure Tex Willer o Mandrake”.
Così scrisse Vittorio Zucconi nel giorno in cui ebbe davanti a sé il papà di Mazinga, Goldrake e Jeeg robot. In Italia tutto era cominciato quattro anni prima, su Rete 2, intorno alle sette di sera, più o meno nella stessa fascia oraria in cui Rete 1 aveva abituato il pubblico alle rassicuranti storie di Fonzie o della famiglia Bradford.
Invece all'improvviso, con un tocco di telecomando per chi ce l'aveva, oppure dopo un giro di manopola, arrivavano questi cosi qua, direttamente dal Giappone, dai suoi manga e i suoi anime. Per i ragazzi degli anni '80 c'erano i misteri del corpo che cambiava, gli impacci di relazioni nuove e l'incertezza di trovarsi in una terra di mezzo, a galleggiare nel vuoto che esiste tra il non più e il non ancora, ma per fortuna c'erano anche Ryo, Actarus e Hiroshi, i piloti dei mecha, i robot, e sui loro robot facevano salire tutti noi. Le mamme ne furono terrorizzate. Anche i papà. Ma le mamme in una frase fanno più impressione. Proteste, marce, opposizione, come succede quasi sempre dinanzi a una cosa che non puoi fermare. L'uomo ragno e Superman erano pure loro in guerra contro il Male, pure loro combattevano, ma non mostravano tutta la brutalità che si nasconde in una lotta, e per giunta armata. Invece Go Nagai, che proprio oggi compie settant'anni, era nato un mese dopo le bombe tirate su Hiroshima e Nagasaki. Negli anni in cui l’America stava partorendo la Microsoft e la Apple, i suoi disegni volevano ricordare al pianeta Terra quanto sconsiderato potesse essere l’uso della scienza da parte dell’uomo. La sua metafora consisteva nel mettere degli uomini con dei sentimenti dentro una macchina, anzi non proprio degli uomini ma dei futuri uomini, dei progetti di uomini, degli adolescenti, ai quali per la prima volta veniva assegnata una voce, una responsabilità, un ruolo per cambiare il mondo. Le macchine accordavano i comportamenti sui sentimenti di chi si trovava alla loro guida. Risultato? Un boom. Oltre gli albi e i cartoni in tv, piovvero giocattoli, figurine, patatine, bustine di tatuaggi. I dischi con le sigle tv vendettero milioni di copie. Goldrake e i suoi amici crearono un pubblico nuovo, liberando una generazione dalla colombaia delle piccole donne e dai giochi nella via Pal.
La genesi e la diffusione di questo fenomeno vengono adesso ricordati in un bel libro di Giorgio Giuliani e Carlo Mirra, quarantenni, pienamente dentro la Generazione Goldrake (“Go Nagai”, edizioni Ultra, 223 pagine, 22 euro): stamattina c'è una recensione su Repubblica. Qui metto le risposte che il disegnatore giapponese diede nell'intervista a la Stampa di trentatré anni fa.
“Lo so che molti anche qui in Giappone mi accusano. Ma io mi domando: forse che nel mondo di quegli adulti che si arrabbiano tanto non c’è violenza? Forse che se noi cartoonist raccontassimo ai bambini il mondo degli adulti com’è davvero senza pudori, dipingeremmo scene di pace, di serenità, di amicizia. Io credo che ci sia tanta ipocrisia in chi si preoccupa della violenza fantastica dei cartoni e non della violenza reale, quotidiana nella propria vita di adulto che i bambini vedono benissimo”.
Quando Goldrake arriva alla tv italiana ci sono già state Piazza Fontana, Piazza della Loggia, la strage dell'Italicus, via Fani. Perciò Go Nagai dice: “Forse che i terroristi giapponesi che hanno compiuto il massacro all’aeroporto di Tel Aviv, o i terroristi italiani sono figli di Goldrake e Mazinga? Voglio che i bambini capiscano, in forma colorata, fantascientifica, ma per loro chiarissima, che il mondo in cui cresceranno è un mondo difficile, dove per difendere le cose giuste, voi direste il bene, si deve anche saper lottare quando è necessario”.
La filosofia di Go Nagai è in sostanza dentro questa frase: “Un aereo può sganciare la bomba H o portare medicinali a una popolazione isolata”. Spiega che "i bambini crescono in un mondo di macchine, e il robot spaziale è un attrezzo, sia pure gigantesco, formidabile, per combattere la stessa battaglia che i Samurai combattevano con la sciabola, o i vostri eroi con la spada e il fucile. L’idea di Mazinga mi venne proprio guardando le automobili”. Alla fine dell'intervista Vittorio Zucconi si consegnò spiritosamente, e lo fece con parole profetiche: “Rispetto alle ultime cose che ho veduto qui alla tv, ormai quest’uomo e le sue creature mi sembrano don Giovanni Bosco e i suoi oratori”.
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