Il film era pronto. Eduardo e Pasolini insieme, uno attore, l'altro regista. È il 24 settembre del '75 quando il "Porno-Teo-Kolossal" arriva in casa De Filippo accompagnato da una lettera. Il capolavoro mai realizzato compie 40 anni oggi. "Caro Eduardo, eccoti finalmente per iscritto il film di cui da anni ti parlo. In sostanza c'è tutto. Mancano i dialoghi. Li scriverò entro il prossimo mese. Ma saranno dialoghi ancora provvisori, perché conto molto sulla tua collaborazione, anche magari improvvisata mentre giriamo. Epifanio lo affido completamente a te: aprioristicamente, per partito preso, per scelta. Epifanio sei tu. Il "tu" del sogno, apparentemente idealizzante, in effetti reale. Ho detto che il testo è per iscritto. In realtà non è così. Infatti l'ho dettato al registratore (per la prima volta in vita mia). Resta perciò, almeno linguisticamente, orale. Ti accorgerai subito infatti leggendo, di una certa sua aria un po' plumbea, ripetitiva, pedante. Passaci sopra. Mi era impossibile - per ragioni pratiche - fare altrimenti. Io stesso l'ho letto per intero oggi - poco fa - per la prima volta. E sono rimasto traumatizzato: sconvolto per il suo impegno "ideologico", appunto, da "poema", e schiacciato dalla sua mole organizzativa. Spero, con tutta la mia passione, non solo che il film ti piaccia e che tu accetti di farlo: ma che mi aiuti e m'incoraggi ad affrontare una simile impresa. Ti abbraccio con affetto". Firmato: tuo Pier Paolo.
Settantacinque pagine di trattamento spedite a Eduardo, l'impegno solenne per un percorso comune da intraprendere, spezzato però dall'omicidio di Ostia, nella notte tra sabato 1 e domenica 2 novembre. Eduardo va in tv e definisce Pasolini un amico "angelico". Di lui dice di aver amato "la sincerità, la libertà assoluta del suo pensiero, la lucidità nell'analisi sociale, la ribellione all'ipocrisia e alla falsità". Si becca lettere anonime di protesta, eppure poco dopo invia a "Paese Sera" una delicata poesia, un ultimo omaggio, com'era sua abitudine per la scomparsa di ogni persona cara. La spalliera di Cristo, 32 versi: "Non li toccate quei diciotto sassi, cadrà la pioggia e li farà lucenti come la luce delle sue parole". "Pasolini vedeva nell'attore la maschera vivente di Napoli", scrive Maurizio Giammusso in "Vita di Eduardo" (Mondadori, 1993). Un calco vivente dell'ultima città dialettale, la sola a resistere all'omologazione linguistica che la televisione stava imponendo. È lui Epifanio, il re magio che parte per l'Oriente seguendo una cometa apparsa su Napoli. "Porno-Teo-Kolossal" comincia così, o meglio così sarebbe cominciato, con Ninetto Davoli nel ruolo di Nunzio, compagno di viaggio di Eduardo. Un viaggio allegorico e surreale, visionario come un quadro di Bosch, l'altra faccia del tragitto compiuto da Totò in Uccellacci e uccellini: la fine del marxismo, e ora la venuta del Salvatore. Un altro film sull'ideologia. Lungo il cammino, Epifanio tocca le quattro città di Utopia: Sodoma, Gomorra, Numanzia e Ur, ciascuna metafora di una metropoli contemporanea. Sodoma è la Roma ingenua degli anni Cinquanta, dove la regola è l'omosessualità e le coppie eterosessuali sono segregate nel Quartiere Borghese, tollerate da una polizia mite, che concede loro l'annuale Festa della Fecondazione per la continuità della specie. Gomorra è la Milano del disvalore capitalistico, dove ogni anno si celebra la Festa dell'Iniziazione: giovani nudi che saccheggiano, stuprano e rapinano. Numanzia è una Parigi futura, in cui la libertà di espressione viene minacciata dall'assedio dell'esercito fascista e l'intera popolazione si dà a un suicidio collettivo. Ur, infine è la meta, dove a Eduardo-Epifanio ruba il presepe vivente d'oro che portava in dono al Messia. Un Messia nato ma nel frattempo morto, perché il viaggio è durato troppo. Il fallimento dell'ultima utopia. Mentre Epifanio sale in cielo, senza vita per lo sconforto, il film si chiude con l'immagine della Terra vista dall'alto, e con la voce di Eduardo: "È stata un'illusione quella che mi ha guidato attraverso il mondo, ma è stata quell'illusione che del mondo mi ha fatto conoscere la realtà. Eppure, come tutte le comete, anche la cometa che ho seguito io è stata una stronzata. Ma senza quella stronzata, Terra, non ti avrei conosciuto".
Ma nelle 75 pagine inviate da Pasolini a Eduardo, c'era spazio anche per la sua vis comica, a cui erano affidati alcuni momenti pensati per alleggerire l'andamento drammatico del film. Canzoni, smorfie mimate, battute con un altro personaggio napoletano, misterioso e onnipresente, ambulante a Sodoma, mercante d'armi a Gomorra, cuoco fascista a Numanzia, autista a Ur: un uomo che offre più volte la sua protezione al dolce Epifanio, ma che si rivela alla fine il ladro del presepe d'oro. Con Eduardo, Pasolini aveva già lavorato nel '61, chiedendo agli attori della compagnia De Filippo di doppiare i napoletani di Accattone. Una seconda volta non c'è stata mai.
(Uscito su Repubblica Napoli il 24 settembre 2005 per il trentennale)
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