mercoledì 23 settembre 2015

I gol di testa che beffano i giganti

moralezIL canone è chiaro. Lui che è il più alto va a saltare. Tu invece no, tu sei quello che crossa: casomai batti i calci d'angolo. Lo schema è immutabile, il calcio ha bisogno di certezze. Ma il colpo di testa conosce ragioni che la ragione non conosce. Altrimenti non ci sarebbe Moralez, e neppure questo gol che né Einstein né Darwin saprebbero spiegarsi. Casca un pallone dal cielo in mezzo a quello che Bruno Pizzul chiamerebbe un grappolo in area, e se il calcio fosse stretta osservanza di fisica tattica e biologia, tutti potrebbero prenderlo, tutti tranne uno: Maxi detto El Frasquito, "il barattolino", un metro e sessanta di statura, qualcuno dice cinquantanove perché il ragazzo alle visite mediche ruba un centimetro sollevando le punte. Siccome invece fa sua la palla con un semplice saltello e spettinandosi appena la gira in porta, uno potrebbe chiedersi a cosa serva trascorrere settimane intere a preparare una partita con allenamenti segreti e blindati; a cosa serva provare schemi, studiarli al computer e assumere analisti.
Serve ad accertare il primato del caso. Il gol di testa di Moralez è per un avversario come il terremoto per un geologo: non lo puoi prevedere. Che poi l'uomo sia nato per superare i propri limiti è una verità in grado di mettere d'accordo Dante Alighieri e gli sceneggiatori di Iron Man. Si chiamava Tyrone Bogues quel ragazzo di Baltimora che con il suo metro e sessanta, senza scarpe, si trovò a fine anni ‘ 80 a giocare in Nba, a Washington, lui il più basso di tutti, compagno di squadra del più alto, Manute Bol, due metri e trentuno: la gioia dei fotografi. Fino al giorno in cui Bogues s'arrampicò a stoppare Pat Ewing, cinquantacinque centimetri più su di lui. "Esistono i sognatori e ci sono quelli che hanno dei sogni. La differenza - era la sua filosofia - è che i sognatori a un certo punto lasciano perdere, quelli che hanno dei sogni no, salgono un gradino alla volta".



osakaAllo stesso modo saliva Antonietta Di Martino, un metro e 69, spintasi nel salto in alto fino a due metri e quattro: il più ampio differenziale al mondo. Il terreno dei giganti è limitato. I colpi di testa in una partita sono il 10% dei tiri totali. Il segreto sta nel conservare rigidità tra capo, collo e busto, così è il corpo intero a spingere: chi ci riesce fa viaggiare la palla a 30 metri al secondo. Nel calcio dei pionieri, il colpo di testa era considerato un gesto goffo. Non se ne poté fare a meno quando gli inglesi sistemando le regole cancellarono l'ipotesi di un gol di mano, almeno finché non si trovarono di fronte Maradona. Proprio Diego, un metro e 65, di testa era implacabile: una decina di gol così, uno in tuffo alla Samp e uno beffardo a pallonetto contro il Milan da fuori area (qui ce n'è qualcuno in video). Sivori, 1 e 63, colpì nel derby del ‘61 contro il Torino. Bearzot si arrabbiò: «È già un fenomeno, se poi gliela lasciamo prendere anche di testa...». Il metro e 68 di Zola castigò la Juve dieci anni fa, mentre Sneijder (1 e 70) segnò ai Mondiali 2010 contro il Brasile: esultò incredulo, picchiettandosi la testa. Moralez e quelli come lui rendono ridicola la nostra ossessione per l'altezza, noi che ci mettiamo in fila, paghiamo 30 dollari e saliamo sulla terrazza del Top of the Rock, per capire cosa si prova da lassù. Niente si prova, le luci di New York sono solo più piccole.

  (la Repubblica, 22 settembre 2015)

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