IL canone è chiaro. Lui che è il più alto va a saltare. Tu invece no, tu sei quello che crossa: casomai batti i calci d'angolo. Lo schema è immutabile, il calcio ha bisogno di certezze. Ma il colpo di testa conosce ragioni che la ragione non conosce. Altrimenti non ci sarebbe Moralez, e neppure questo gol che né Einstein né Darwin saprebbero spiegarsi. Casca un pallone dal cielo in mezzo a quello che Bruno Pizzul chiamerebbe un grappolo in area, e se il calcio fosse stretta osservanza di fisica tattica e biologia, tutti potrebbero prenderlo, tutti tranne uno: Maxi detto El Frasquito, "il barattolino", un metro e sessanta di statura, qualcuno dice cinquantanove perché il ragazzo alle visite mediche ruba un centimetro sollevando le punte. Siccome invece fa sua la palla con un semplice saltello e spettinandosi appena la gira in porta, uno potrebbe chiedersi a cosa serva trascorrere settimane intere a preparare una partita con allenamenti segreti e blindati; a cosa serva provare schemi, studiarli al computer e assumere analisti. Serve ad accertare il primato del caso. Il gol di testa di Moralez è per un avversario come il terremoto per un geologo: non lo puoi prevedere. Che poi l'uomo sia nato per superare i propri limiti è una verità in grado di mettere d'accordo Dante Alighieri e gli sceneggiatori di Iron Man. Si chiamava Tyrone Bogues quel ragazzo di Baltimora che con il suo metro e sessanta, senza scarpe, si trovò a fine anni ‘ 80 a giocare in Nba, a Washington, lui il più basso di tutti, compagno di squadra del più alto, Manute Bol, due metri e trentuno: la gioia dei fotografi. Fino al giorno in cui Bogues s'arrampicò a stoppare Pat Ewing, cinquantacinque centimetri più su di lui. "Esistono i sognatori e ci sono quelli che hanno dei sogni. La differenza - era la sua filosofia - è che i sognatori a un certo punto lasciano perdere, quelli che hanno dei sogni no, salgono un gradino alla volta".
Allo stesso modo saliva Antonietta Di Martino, un metro e 69, spintasi nel salto in alto fino a due metri e quattro: il più ampio differenziale al mondo.
Il terreno dei giganti è limitato. I colpi di testa in una partita sono il 10% dei tiri totali. Il segreto sta nel conservare rigidità tra capo, collo e busto, così è il corpo intero a spingere: chi ci riesce fa viaggiare la palla a 30 metri al secondo. Nel calcio dei pionieri, il colpo di testa era considerato un gesto goffo. Non se ne poté fare a meno quando gli inglesi sistemando le regole cancellarono l'ipotesi di un gol di mano, almeno finché non si trovarono di fronte Maradona. Proprio Diego, un metro e 65, di testa era implacabile: una decina di gol così, uno in tuffo alla Samp e uno beffardo a pallonetto contro il Milan da fuori area (qui ce n'è qualcuno in video). Sivori, 1 e 63, colpì nel derby del ‘61 contro il Torino. Bearzot si arrabbiò: «È già un fenomeno, se poi gliela lasciamo prendere anche di testa...». Il metro e 68 di Zola castigò la Juve dieci anni fa, mentre Sneijder (1 e 70) segnò ai Mondiali 2010 contro il Brasile: esultò incredulo, picchiettandosi la testa. Moralez e quelli come lui rendono ridicola la nostra ossessione per l'altezza, noi che ci mettiamo in fila, paghiamo 30 dollari e saliamo sulla terrazza del Top of the Rock, per capire cosa si prova da lassù. Niente si prova, le luci di New York sono solo più piccole.
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