Il tabellone della finale di basket a Helsinki 1952 |
Uscirono dall’acqua e proprio lì vicino alla piscina trovarono un tavolino col ping-ping. Giovannino diede subito un colpo di racchetta alla palla: Serenella fu svelta dall’altra parte a rimandargliela. Giocavano così, dando botte leggere perché da dentro alla villa non sentissero. A un tratto un tiro rimbalzò alto e Giovannino per pararlo fece volare la palla via lontano; batté sopra un gong sospeso tra i sostegni d’una pergola, che vibrò cupo e a lungo. I due bambini si rannicchiarono dietro un’aiuola di ranuncoli. Subito arrivarono due servitori in giacca bianca, reggendo grandi vassoi, posarono i vassoi su un tavolo rotondo sotto un ombrellone a righe gialle e arancio e se ne andarono. (Italo Calvino, Ultimo viene il corvo, Einaudi)
E' questa coscienza che lo porta in Finlandia nell'estate del 1952. Con l'occhio vergine. Il 19 luglio si lascia stupire dalla cerimonia d'apertura: “L’impermeabile, si capisce, lo portiamo noi comuni mortali, perché la pioggia non riesce ad offuscare la noia dominante e caratteristica di questo clima olimpico, costituito dai colori delle tute di allenamento ancor più vistose delle giacche della divisa da passeggio degli atleti e dei dirigenti delle varie squadre: gli italiani, col loro splendente doppiopetto, coi bottoni d’oro, hanno tutti un’aria da principe azzurro: emergono con loro, in vistosità, i messicani, con le loro giacche rosso-vino, mentre invece gli inglesi portano una giacchetta nera assai modesta”.
Lo scatto di Ralph Crane |
“E’ un trionfo dell’America? La stampa americana e quella che ad essa s’ispira fanno di tutto per diffondere quest’idea: levano alte alle stelle le vittorie degli S.U., minimizzano le altre. Ma se dallo Stadio passiamo alle gare ginnastiche, la musica cambia: qui i sovietici (e le sovietiche) fanno strage di medaglie, s’aggiudicano tutti i premi. Dunque, dallo sport coltivato da elementi selezionatissimi, sottoposti a un continuo, rigoroso allenamento, passiamo agli sport di massa, dove i dilettanti sono veri dilettanti, e dove vengono provate l’efficienza e l’estensione delle attrezzature sportive del Paese, la diffusione della pratica sportiva nella gioventù, allora l’America scompare e l’Unione Sovietica ha un vantaggio incontrastato […] Cantate pure con contententezza il vostro inno ogni volta che le stelle e le strisce salgono sul pennone: nessuno può negare che il vostro sia un grande popolo, soprattutto quando i millesangui negri e bianchi che fecondano la vostra terra sono in grado, come qui, di farsi valere sullo stesso piano. Ma, vi prego, riflettete un momento: voi sapete come nascono i vostri campioni, i vostri grandi specialisti, saltatori con l’asta, podisti, discoboli; sapete che sono beniamini dei “colleges” universitari dove essi vengono mantenuti, studenti spesso solo di nome, per dare lustro sportivo all’Università e servire d’attrazione pubblicitaria, e dove non hanno altro da fare che allenarsi, migliorare la propria tecnica e il proprio stile, come raffinati virtuosi, frutti di quel compromesso tra cultura, accademia sportiva, industria, che sono gli istituti d’istruzione americani".
E' uno dei pochi passaggi in cui Calvino cede allo spirito del tempo. Scrive poi un bel ritratto di Paavo Nurmi, ormai ex atleta e camiciaio.
“Dell’aureola mitica attorno al suo nome pare non si curi, quasi il grande corridore delle statue e delle rievocazioni sia un qualcosa d’ormai scisso dalla sua persona, un fantasma immutabilmente giovane che continua la sua corsa mentre lui s’è fermato. Nurmi non si cura più nemmeno del suo sport, non è diventato, come tanti altri ex campioni, un organizzatore, un tecnico o un allenatore: vive al di fuori degli ambienti olimpici, e quando vi ritorna è proprio perché non può rifiutarsi di commemorare se stesso”. Resta affascinato dalle imprese del ceko Zatopek, che vince cinquemila, diecimila e maratona. L'atletica lo cattura. Lo confessa nel suo articolo di congedo, nel quale torna pure sul tema politico. “La fine delle Olimpiadi arriva proprio nel momento in cui ero riuscito, io profano, a entrare appieno nel loro meccanismo, a viverle davvero. Adesso posso confessare che le prime giornate, in mezzo alla gran giostra delle gare più disparate, stentato a raccapezzarmi, specie là nel grande stadio dell’atletica leggera, tra tante competizioni simultanee, tra tanti nomi che mi giungevano nuovi, tra tanti numeri. Alla fine degli otto giorni di atletica leggera,ero già un accanito appassionato. E proprio allora tutto finisce. Così m’è successo per la pallanuoto, il nuoto, il ciclismo. Ma voglio parlare soprattutto dell’atletica, di questo enorme spettacolo in cui ho trovato nuovi personaggi, nuove dimensioni di bellezza e di valore umano. Credo che resterò un appassionato di atletica, ma tante rappresentanze di popoli diversi, tante figure che ‘erano divenute familiari e esaltanti, dove e quando le ritroverò? [...] Finiscono le Olimpiadi e si spezza un’atmosfera che ci teneva tutti uniti. Il mondo della “guerra fredda” ringhiotte uomini che, per quindici giorni, hanno lottato cavallerescamente alla pari, applaudendo l’uno alle vittorie dell’altro, senz’altra misura di grandezza che il valore dei risultati raggiunti. Tra la verde penisola di Otarriemi, residenza degli “orientali” e il bianco villaggio Kapyla, sede degli “occidentali” la distanza era presto superata. Ora la propaganda dei guerrafondai riprende a martellare sui bianchi, sui negri, sui gialli che s’avviano via “occidente”, le loro parole di odio verso i fratelli che prendono la via “d’oriente” e tornano alla loro vita di pacifico lavoro. E’ questa la ragione per cui più ci rincresce che le Olimpiadi di Helsinki siano finite. Ma crediamo anche che esse abbiano gettato un seme che non fruttifichi solo di quattro anni in quattro anni nel cuore dei popoli”. Il seme in Calvino invece produrrà qualche altra pagina in cui lo sport si affaccia. Quasi sempre con un pallone, colto nel momento del gioco, mai per agonismo. Ne La formica argentina, chi ha seguito gli articoli di Helsinki ritrova per un momento anche la proiezione di Barbara, la ragazza dell'invasione, "dietro un cancello, sotto un glicine, delle giovinette biancovestite facevano giocare con un pallone da spiaggia un cieco”. Nel racconto La strada di San Giovanni anni dopo aggiungerà: "Guardo il mare e penso che tra un’ora sarò alla spiaggia. Alla spiaggia le ragazze lanciano palloni con le braccia lisce, si tuffano nel luccichio, gridano, schizzano, su tanti sandolini e pedalò".
Certa Bice, ex cognata di qualcuno, e certa Lydia, ex segretaria di qualche altro, gli chiesero se per favore scattava loro un’istantanea mentre giocavano al pallone tra le onde. Accondiscese, ma siccome intanto aveva elaborato una teoria contro le istantanee, si premurò di comunicarla alle due amiche:
- Cosa vi spinge, ragazze, a prelevare dalla mobile continuità della vostra giornata queste fette temporali dello spessore d’un secondo? Lanciandovi il pallone vivete nel presente, ma appena la scansione dei fotogrammi si insinua tra i vostri gesti non è più il piacere del gioco a muovervi ma quello di rivedervi nel futuro, di ritrovarvi tra vent’anni su di un cartoncino ingiallito (sentimentalmente ingiallito, anche se i procedimenti di fissaggio moderni lo preserveranno inalterato).
(Gli amori difficili, 1958)
Al suo rientro in Italia, dopo poche settimane dalla fine dei Giochi, scoprirà che Il visconte dimezzato sta spaccando la critica militante di sinistra, il mondo del Pci e i suoi giornali. La stessa Unità pubblicherà un articolo firmato da Carlo Salinari che di fatto stronca il romanzo, definito "stucchevole" e "una divagazione letteraria": "Molti (operai, contadini, intellettuali) forse non leggeranno il Visconte dimezzato. Perché non è scritto per loro".
Italo Calvino è morto il 19 settembre 1985. Trent'anni fa.
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