Vincenzo, è più difficile del solito essere un Abbagnale?
«Il cognome della mia famiglia non è mai stato sfiorato da vicende di doping. Come del resto non è mai stato sfiorato da certe storie l'intero canottaggio italiano. Non vorrei essere proprio io il primo a sporcare questa storia».
Cosa le ha detto Giuseppe, da padre?
«Ne abbiamo parlato subito faccia a faccia. Gli ho detto che avremmo trovato le prove della mia onestà, la documentazione per evitare la squalifica. Esiste una possibilità che venga riconosciuto l'aver saltato il controllo per cause di forza maggiore».
Perché ha saltato i controlli antidoping?
«La prima volta per distrazione. Non sapevo di dover aggiornare il "whereabouts", pensavo fosse automatico. Non solo non lo pensavo io, ma come me non lo pensava mezza nazionale. Tutti nella stessa situazione. Questo già è un elemento di riflessione. La seconda volta un difetto nel sistema: non ho ancora capito».
Sapeva che mancare il terzo controllo è fatale?
«Certo che lo sapevo. Le cose sono andate così: mi chiamano da Sabaudia e mi dicono che c'è il medico per il controllo. Mi metto in macchina e corro, ma per la fretta faccio incidente stradale. Ho telefonato per avvertire che avrei tardato e mi sono tenuto in contatto km per km ma, arrivato, il medico ha lasciato perdere perché fuori orario».
Suo padre?
«L'ho avvertito ed è rimasto spiazzato. Ma le mie speranze non finiscono. Il doping è altra cosa, non penso di meritare la sospensione».
Ha pensato al dolore di suo padre?
«Mi sono sottoposto subito a un controllo mercoledì sera. Mio padre ha fatto la cosa giusta nel parlarne. Ha fatto quello che deve fare un presidente, in completa trasparenza. Peccato che sia partita un'onda mediatica che non merito».
I compagni come l'hanno presa?
«Sono spiazzati anche loro. Ho un ruolo importante in nazionale: sono il capovoga dell'otto, la barca ammiraglia. Gli ho detto di non perdere le speranze».
Sua madre cosa le ha detto?
«Aspetta che sia provata la verità".
(la Repubblica, 12 febbraio 2016)
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