venerdì 26 giugno 2009

L'addio a Maurizio Valenzi

IL CORTILE del Maschio Angioino. Quel cortile. «Il mio ricordo è l'esplosione d'esultanza della gente dopo l'elezione di mio padre». Lucia Valenzi racconta col pudore di chi intende custodire ogni altra memoria privata. «Un padre resta un padre anche se fa il sindaco. Il suo affetto, la certezza di avere il suo appoggio: per una figlia conta questo. In quegli anni, certo, il lavoro lo assorbiva molto e tanto invadeva le nostre vite. Penso alla scorta dei vigili, oppure al fatto che bisognasse fare attenzione a chi davi il numero di telefono. Il resto vorrei tenerlo per me». Papà Maurizio, a sentire Marco Valenzi, l'altro figlio, «non è mai stato severo, sapeva scherzare, l'ha fatto finché non ha perso conoscenza. A me lascia un bagaglio enorme di valori e di apertura verso il mondo: la tolleranza».
Profuma di fiori, quel cortile che esplose d'esultanza e adesso dice addio. «Buon viaggio, gentiluomo», ha scritto qualcuno sul libro delle firme nella camera ardente. Pagine su cui sfila tutto il mondo che ha creduto nel proto-Rinascimento di Valenzi. Da Giuseppe Russo, ex operaio di Italsider, a Salvatore Esposito, che lavorava in Aeritalia. Antonella: «Lei è stato il mio primo voto nel lontano '75». Raimondo Di Maio lascia l'ultimo saluto: «La città è più vuota». Angela Di Scala: «Sono qui al posto del mio papà, che sarebbe venuto sicuramente». Luigi Savastano è l'edicolante di via Chiaia. Arriva nella sala dei Baroni perché suo padre aveva un'edicola di fronte alla sede del Pci alla Sanità, e certe riunioni finivano per tenersi anche in casa loro. Omar firma: «A un amico della Palestina».E ancora: «All'uomo che mi avvicinò al Pci». 

Il Pci di quegli anni. Gli scontri coi fascisti. Sul libro delle firme per Valenzi, al Maschio Angioino, una pagina intera scritta in stampatello parla di Jolanda Palladino, uccisa a 21 anni da una molotov lanciata dalla sede missina "Berta" di via Foria sui militanti di sinistra che festeggiavano: era la sera in cui Napoli dava il 39.9 per cento al Pci. Il voto che avrebbe portato Valenzi a fare il sindaco. «Hasta comandante», c'è scritto sotto la pagina che adesso ricorda insieme Jolanda e Maurizio. E c'è la testimonianza di Livio Miccoli, sul libro dell' addio per Valenzi: «Il ricordo di Claudio vive anche grazie a te». Maurizio Valenzi faceva parte del Comitato Claudio Miccoli, il ventenne che morì la sera del 30 settembre '78 andando incontro, disarmato, a una squadra di neofascisti che avevano aggredito poco prima un giovane in una pizzeria a piazza Sannazaro. Voleva portare pace. Gli sfondarono la testa a bastonate. 

Guido D'Agostino, dell'Istituto per la Resistenza, firma: «Ti ricorderemo sempre». Igina Di Napoli, direttrice artistica del Teatro Nuovo, scrive: «Sei il "migliore"». Il migliore, lo dice pure Nello Chiummariello, l'uomo che ha prestato lo sguardo a Maurizio Valenzi negli ultimi tempi, quando la vista del sindaco rosso andava spegnendosi. Era lui a leggergli i giornali. Ogni mattina. Dal '96. «Avrebbe desiderato dipingere in vecchiaia - racconta Chiummariello - ed era il suo grande cruccio. Ebbi occasione di conoscerlo e mi offrii di leggergli i quotidiani. Valenzi mi ha insegnato tanto. Politicamente, ero più estremista di lui. Gli piaceva. Era un motivo di dibattito e di discussione. Negli anni è diventato un po' il sostituto di mio padre, che avevo perso. E io un pochino figlio suo. Ultimamente, era cosciente che non avrebbe ancora avuto molto tempo, ma esibiva una grandissima serenità verso la morte. Sapeva di aver dato tutto. Era felice del modo in cui aveva speso la sua vita. Un grande amante di Napoli, sebbene non fosse napoletano». Che sindaco fu Valenzi? Daniela Lepore, urbanista, docente alla facoltà di architettura, ripercorre il clima di quegli anni, «le tante cose fatte, e le ricordo bene; e poi la partecipazione collettiva, che fu un tratto importante del periodo. Certo negli ultimi anni si avvertiva una cappa». Sul suo blog decidiamoinsieme.it, Lepore racconta di voler ignorare «le agiografie più o meno recenti e più o meno disinteressate», riproponendo passi del "Mistero napoletano" di Rea che riguardano Valenzi, e incontrando così «il ritratto di una persona viva, con una sua nobiltà».

Anni duri, peraltro, quelli di Valenzi sindaco. Il post colera. Il terremoto. Il terrorismo. Gli anni degli omicidi degli assessori regionali Amato e Delcogliano. Dell'autista di quest'ultimo. Del capo della Mobile, Ammaturo. Dell'agente Paola. Dei proiettili che colpirono Siola. Pasquale Mangiapia, operaio Italsider, poi in giunta, rivela come in quegli anni fu lui a proteggere Valenzi. «Non c'erano auto blindate. Così andai in fabbrica e lì preparammo una lastra rettangolare. La infilammo dentro la cartellina in cuoio porta documenti che Maurizio aveva sempre con sé. La teneva davanti al petto. Si difendeva così».
(Repubblica Napoli, 25 giugno 2009)

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