ESTELLA, monaca spogliata, è l'ultima abitante di Alento, un borgo immaginario del meridione svuotato dalla minaccia di una frana. Dinanzi a questa terra che si disfa, la donna cerca un riparo per le biografie, la memoria e le voci di uomini e donne in esilio, primo fra tutti Marcello, di cui un giorno è stata istitutrice con molti tormenti non ancora placati. Intorno a questo spunto, con Cade la terra pubblicato da Giunti Carmen Pellegrino, giovane, cresciuta in Campania, già autrice di saggi e racconti, ha costruito un romanzo d'esordio ambizioso, alto, riuscito; coerente con la sua passione per la "abbandonologia". La lingua raffinata e mai banale (valgano per tutti i termini di "stallatico", "scarruffare", "tinnula"), come sospesa, fuori dal tempo, costruisce un clima rarefatto e teso, in certe pagine di una densità psicologica alla Tennessee Williams. Una galleria di esistenze «dal viso pieno di autunni» ci racconta quanto sia illusorio il confine tra chi per noi non muore mai del tutto e chi invece non è mai stato vivo abbastanza.
(la Repubblica, 15 febbraio 2015)