domenica 5 luglio 2009

L'autobiografia di Cannavaro

IL PEPE, per i tifosi di calcio, sta all'inizio. «Ci sono due squadre, soltanto due squadre per le quali avrei rinunciato a tutto, anche a tanti soldi, pur di giocarci. Il Napoli e la Juventus. Ma pare che il Napoli attuale abbia sui difensori teorie e idee diverse. Peccato, non mi sembra una squadra che non abbia bisogno di aiuto». È il prologo che Fabio Cannavaro ha dato alla sua autobiografia, "La mia storia: dai vicoli di Napoli al tetto del mondo" (Mondadori, 165 pagine, 16 euro), fatica che presenterà di persona lunedì a Positano, alla edizione numero 17 degli "Incontri Mare Sole e Cultura". Un' autobiografia che parte citando Melville e il suo Moby Dick («Chiamatemi Fabio»), e che ha l'inconsueto pregio di raccontare una storia speciale facendola sembrare a lungo il ritratto di un'intera generazione. Succede per una buona metà del libro, forse la più affascinante, quella in cui il futuro Pallone d'oro si descrive come uno dei tanti, raccontando il percorso prima dell'ascesa, e l'epopea delle partite in strada e del calcio fra amici.


Indugia su Angelo Di Gloria detto 'o mellone, portiere senza traverse sopra la sua testa e con le cartelle a terra al posto dei pali. Tradisce la nostalgia per l'epoca del Super Santos e del Super Tele, 'o pallone con cui giocano bimbi e ragazzini. Rievoca la magia d' 'o tuocco per la composizione delle squadre, svelando che il grande dilemma del capitano della Nazionale campione del mondo era se prendersi per compagno Alfredo Consalvo o Peppe Colapietro. Certo, poi arrivano le pagine coi nomi celebri. L'incontro con Maradona. La freddezza trovata all'Inter. L'ammirazione per Ronaldo. L'antipatia per Zidane. I giudizi sintetici su tutti gli allenatori avuti, i compagni di stanza preferiti, le classifiche su cibo, cinema, musica. Ma è chiaro che a Cannavaro piace rendere omaggio a quelli che non ce l'hanno fatta, a Rogazzo, Egizzo, Ferrigno, Barrucci, Pariota, De Rosa, con cui dice di giocare a calcetto ancora una volta l'anno,e soprattutto allo sfortunato amico Ciro Caruso, «il più grande campione che io abbia mai incontrato nel calcio giovanile».

Non nasconde le curve pericolose del suo viaggio. Il filmato del doping. Calciopoli e Moggi. E rivela più di un episodio privato. Dal primo bacio, alla maniera con cui sua moglie Daniela gli disse che stava diventando papà. Dal bagnoschiuma che nello spogliatoio gli rubava il fisioterapista («Fabio, la sera torno a casa e trovo mia moglie sempre molto ben disposta»), alla rivelazione dark di un tentato rapimento vissuto da bambino. Succede quando papà Pasquale (pure lui calciatore) lo porta a Rivisondoli in ritiro precampionato con il Real Marcianise. Fabio racconta che una donna nell'hotel tentò di portarlo via nel buio. «La sua voce disse: "Vieni, ragazzino dagli occhi meravigliosi, vieni". Per fortuna ero con mio padre. Poi ci riprovò, raggiungendomi in camera un giorno che ero solo». L'ultima sorpresa è sul suo futuro. «Daniela vuole adottare un bambino». E mentre scrive, pare non smettere mai di sorridere.

(Repubblica Napoli, 4 luglio 2009)

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