Gli amori dimezzati, part time; gli amori che sono allo stesso tempo un'offerta e una richiesta d'attenzione. Quelli di Sciarrino sono corteggiamenti assai borghesi, conformi, canonici. Appartengono a un manuale che non spiazza mai. Un caffè al bar, un tavolo di ristorante, il tapis roulant di una palestra. Eppure, già questo spasimare così laccato basta per far breccia dentro le vite di donne immaginate in bilico su una fragilità perpetua e in balìa di parole tonalità pastello.
L'innamoratore Ivan, nato a gennaio, stranamente un Capricorno (passioni frenate e predilezione per rapporti duraturi), non crede in dio, non ha radici e si è «convinto di essere come la mafia, di potersi infilare nelle crepe di un rapporto andando a colmare tutti quei vuoti che la quasi totalità dei mariti lascia lì come ferite aperte rimandandone la cura». È una mina vagante, come lo chiama sua sorella Imma, che spera con delle mail senza risposta di riportarlo sulla via di relazioni fatte di carne e sangue. Giacché le facce degli innamorati, quelli veri, come ammette a un certo punto Piedimonte, sembrano uscite da una rissa. Fanno male alla generosità della trovata un po' di dialoghi che surfano in superficie alla ricerca della simpatia, così come non giova alla storia una ricerca continua della metafora, addirittura quattro nelle prime diciotto righe, tanto che dopo si smette di contarle.
L'innamoratore Ivan, nato a gennaio, stranamente un Capricorno (passioni frenate e predilezione per rapporti duraturi), non crede in dio, non ha radici e si è «convinto di essere come la mafia, di potersi infilare nelle crepe di un rapporto andando a colmare tutti quei vuoti che la quasi totalità dei mariti lascia lì come ferite aperte rimandandone la cura». È una mina vagante, come lo chiama sua sorella Imma, che spera con delle mail senza risposta di riportarlo sulla via di relazioni fatte di carne e sangue. Giacché le facce degli innamorati, quelli veri, come ammette a un certo punto Piedimonte, sembrano uscite da una rissa. Fanno male alla generosità della trovata un po' di dialoghi che surfano in superficie alla ricerca della simpatia, così come non giova alla storia una ricerca continua della metafora, addirittura quattro nelle prime diciotto righe, tanto che dopo si smette di contarle.
(su Repubblica, 11 giugno 2016)
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