Essendo la pallanuoto uno sport di situazioni che si ripetono, la bravura sta nel crearne ogni tanto di nuove, per scompaginare i meccanismi classici. Uno come Bodegas spariglia, eccome. «Ho avuto per allenatore Nikola Stamenic, il maestro di una generazione di tecnici slavi. Io sono una spugna. Ho assorbito tutto dalle sue lezioni. Ho imparato guardando come si muovevano gli altri». Ora può offrire al ct Campagna più soluzioni, compresa quella preziosa del doppio centravanti. Il risultato è che dal suo debutto in azzurro l'Italia non ha mai perso una partita ufficiale. Anche per questo si presenta tra le favorite agli Europei, un po' più speciali perché assegnano pure un posto alle Olimpiadi di Rio. Se Bodegas gioca in azzurro, anzi, il motivo è proprio questo. «Faccio di tutto per andare ai Giochi». È nato a Marsiglia e fino a due anni fa era il capitano della Francia. «L'ho qualificata agli Europei 2014 e l'ho lasciata». Il Brescia l'ha portato come straniero in Italia, l'estate scorsa il Recco lo ha aggiunto alla sua corazzata, e la notizia di un bisnonno piemontese, con una nonna emigrata bambina da Rivalta Bormida, ha cominciato a girare. È così che Bodegas è diventato italiano. «Era un pensiero che al mio arrivo avevo già in un angolo della testa. In Francia ci sono rimasti male, poi hanno capito. Ho 28 anni. L'Italia può farmi giocare ad altissimo livello. Ho venduto quel che avevo e mi sono buttato anima e corpo nella pallanuoto». Che in Francia invece era solo metà della sua vita. Bodegas possedeva una galleria d'arte moderna a Marsiglia e un bar a Parigi. Suona la batteria, il piano e il basso. Studia composizione. Campiona suoni al computer. Nel suo locale organizzava eventi e serate, offrendo il palco a musicisti esordienti. «C'è un gruppo che ha suonato da me e sta per incidere il suo primo album. Non è una cosa bellissima? Ne vado fiero. Dormivo 4 ore a notte per far coincidere tutte le mie attività. Allora mi sono detto: o mollo la pallanuoto o la faccio sul serio». Sul serio, allora. In Italia. «Un giorno la musica e l'arte mi daranno le emozioni forti che ora provo con lo sport. Mi piacerebbe fare l'organizzatore, il produttore, portare la musica nella pallanuoto, restituirla con un festival al mare e all'estate». E comunque la Francia dal cuore non si manda mica via. «La sera dell'attacco a Parigi ero a Recco, sotto shock. Siamo un popolo fiero della nostra storia. Scoprire che la Marsigliese veniva cantata in tutto il mondo è stato commovente. I terroristi hanno messo a segno un colpo che a loro sarà parso grande, a me è parsa ancora più grande la risposta che abbiamo dato noi, insieme, cattolici, musulmani, non credenti». La erre moscia quasi non si sente più. «A Brescia nessuno parlava francese. Solo romano o napoletano. Mi sono adeguato io. Solo quando sono stanco, parlo male in italiano».
(la Repubblica, 9 gennaio 2016)
Nessun commento:
Posta un commento