Fabrizio Falconi, giornalista e scrittore romano, se n'è ricordato quando nel 2002 ha scritto il suo romanzo "Cieli come questo" (Fazi editore). La grandezza di Eusébio è ricostruita in un dialogo che si tiene di fronte a un gagliardetto rosso del Benfica che penzola dallo specchietto retrovisore di una macchina.
“Perché questo scudetto?”.
“E’ di Lisbona, il Benfica”.
“Lisbona. Ci sei stato?”.
“Sì, una sola volta, purtroppo”.
“E te ne sei innamorato?”.
“Sicuramente. Ci sono stato durante i lavori che fecero per l’Expo del 1998. Cantieri ovunque, strade dissestate, caos…”.
“Eppure…”.
“Eppure… Che città, e poi è la città del Benfica. L’arte del football”.
“Io non ci capisco niente di football”.
“Non conosci Eusébio?”.
“Eusébio chi?”.
“Il più grande calciatore del mondo”.
“Non ne so niente. Ma non era Pelé?”.
“Pelé? No, Eusébio era un’altra cosa".
Era un'altra cosa.
Una superiorità che in Italia erano sicuramente disposti a sottoscrivere a Napoli, dove oggi esiste una barriera di freddezza verso Pelé dovuta alla rivalità con Maradona. Eppure Maradona non c’entra. L’atarassia calcistica nei confronti del brasiliano è antica, nasce prima del 1984, data di fondazione della religione del "Maradona è mmeglio ‘e Pelé". Al culto globale verso O Rei, negli anni Sessanta, Napoli era estranea. Meglio Eusébio.
Il 25 novembre del 1966 esce al cinema “Operazione San Gennaro”, film di Dino Risi ambientato e girato a Napoli. La trama, per chi non la conoscesse: un’improbabile banda capeggiata da Nino Manfredi prova a rubare il tesoro del santo per un’organizzazione internazionale. In una delle scene principali, la banda entra al Duomo e chiede al santo il permesso di sottrargli le sue ricchezze, stimate intorno a 30 miliardi di lire dell'epoca. Oggi il valore del tesoro è inestimabile (in questi giorni è in mostra a Roma, peraltro). Per strappargli l’autorizzazione, a san Gennaro viene promesso che con quei soldi sarà fatto del bene anche alla città. Cosa? Be', tra l'altro sarà comprata una stella del calcio per il Napoli. “Così vinciamo la Coppa dei Campioni”. Ma la stella citata nel film non è Pelé. La stella è proprio Eusébio, nato in Mozambico, del Benfica Lisbona, una delle grandi squadre dell’epoca.
Un mese prima che al cinema arrivi il film di Risi, il 26 ottobre del ’66 il quotidiano La Stampa pubblica un articolo in cui si annuncia l’uscita dell’autobiografia del portoghese. Pensiamoci un attimo. L’autobiografia di un calciatore. Altra circostanza oggi frequente, ma qui siamo nel ’66 e parliamo dell’autobiografia di un calciatore non italiano. Si intitola “Il mio nome è Eusébio”. Ed è un'altra testimonianza della sua enorme popolarità. Nell'intervista Eusébio dice: “Vorrei un buon contratto all’estero in Spagna o in Italia, per giocare nel Milan, nel Napoli, nell’Atletico Madrid, tutte squadre che mi hanno già fatto delle proposte concrete”.
Va ricordato che nel luglio del ’66 si era giocato in Inghilterra il terzo campionato mondiale di calcio trasmesso dalla tv italiana, sicuramente più visto di quelli del ’58 e del ’62 (vinti da Pelé): la diffusione dei televisori è cresciuta, siamo in pieno boom economico. Al Mondiale '66 si gioca Portogallo-Brasile. Vince il Portogallo 3-1.
Eusébio segna due gol, Pelé nessuno, il Brasile viene eliminato, il Portogallo arriverà terzo.
Quando Eusebio era meglio ‘e Pelé. Il numero uno. Nulla di strano.
Addio, pantera nera e perla del Mozambico.
Quando Eusebio era meglio ‘e Pelé. Il numero uno. Nulla di strano.
Addio, pantera nera e perla del Mozambico.
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