venerdì 9 marzo 2012

L'ultima finzione di Borges: "Chi è più grande tra Messi e Maradona"

Professor Jorge Luis Borges, ha visto di cosa parlano i giornali in tutta Argentina? 
“E’ da un pezzo che non leggo più giornali. Di che si tratta?”. 
Si chiedono se Messi sia più grande di Maradona. 
“Giovanotto, lei ha davvero fatto questo lungo viaggio per chiedermi questo?”. 
Volevo chiederle chi dei due preferisce. 
“Non mi interessa saperlo. Anzi, io credo che nessuno dovrebbe indagare dentro di sé per sapere se preferisce Messi o Maradona”. 
Perché dice così? 
“Perché la gloria è una forma di incomprensione, forse la peggiore. Dunque stiamo parlando di due incompresi. Si può scegliere un migliore fra due incompresi?”. 
Possiamo almeno parlare un po’ di calcio? 
“Il calcio mi pare una sublime forma di noia”. 
Non le piace? 
“Mi piaceva giocarlo. Però lo detesto. Voglio dirlo meglio: lo detesto perché mi piaceva giocarlo. Non so se mi segue”. 
Ci provo. 
“Il calcio è un gioco brutale che non richiede alcun coraggio speciale. Nessuno si gioca la vita. Credo che a nessuno interessi veramente il calcio”. 
Professore, il calcio è lo sport più popolare del mondo. 
“Il calcio è popolare perché la stupidità è sempre popolare”. 
E’ così che spiega gli stadi pieni? Con la stupidità? 
“Ah, ma la gente allo stadio non va mica per il calcio. Alla gente interessa solo che vinca quello o quell'altro. Non ho mai sentito qualcuno dire: sono tifoso del San Lorenzo, ma come sono contento che abbia vinto il Boca”.
Lei non ha mai avuto una squadra per cui fare il tifo? 
“Da bambino me lo chiedevano sempre. Io rispondevo che di calcio non sapevo nulla. Allora gli amici ribattevano che poiché eravamo di quel barrio là, dovevo dire che tifavo per il San Lorenzo”. 
Lei tifava per la squadra di Lavezzi? 
“Piano piano scoprii che il San Lorenzo non vinceva mai. Allora un giorno lo dissi ai miei amici, risposero che non c’entrava niente, che il fatto di vincere o perdere era secondario, e in questo avevano ragione. Dissero che potevo tifare per il San Lorenzo perché era una squadra scientifica”. 
In che senso scientifica? 
"Che non sapeva vincere. Ma che lo faceva meglio di tutti”. 
Professore, lei è morto il 14 giugno del 1986. 
“Giovanotto, lei è pedante. Conosce solo cose ovvie”.
Glielo dicevo per parlare di Argentina-Inghilterra, mondiali del Messico 1986. 
“Maradona che dribbla tutta la squadra. Il gol più bello della storia del calcio”. 
Be’, per molti è la partita del gol di mano. La mano di Dio. 
“Quel gol non fu di mano”. 
Non fu di mano? Che dice? E lei come fa a saperlo? La partita si giocò 8 giorni dopo la sua morte. 
“Proprio per questo. Non avrei potuto vedere la partita se fossi rimasto ancora in vita: la cecità era la mia condizione umana”. 
Invece dopo la morte? 
“Ovviamente neppure dopo l’ho vista, però ne ho sentito parlare. E diceva il mio amico Edgar Allan Poe: non credete a nulla di quanto sentite dire. Avvertiva pure: non credete che alla metà di ciò che vedete. Perciò lo capisce da solo, a me restano poche cose in cui credere”. 
Perché allora crede all’altro gol, il più bello della storia del calcio? 
“Perché nessuno si nasconde in un labirinto. Non si innalza per finta un labirinto in mezzo a una partita di calcio. Voglio dire che non c’è bisogno di inventarsene uno, perché l'universo già lo è. Se dunque Maradona uscì da un labirinto per fare quel gol, il labirinto doveva esserci”. 
Professore, è solo una scusa per condonargli la mano di Dio. 
“L'idea di un Dio, un essere onnisciente, onnipotente, e che inoltre ci ama, è una delle più azzardate creazioni della letteratura fantastica. Se non c’è Dio, non c’è mano di Dio”. 
Allora fu solo la mano di Diego. Non fu un gesto disonesto? 
“Ciò che più apprezzo è l'intelligenza, perché l'onestà e il coraggio di una persona a volte non servono per il dialogo”. 
Lei si sta tradendo. Ha una grande simpatia per Maradona.
“Gli istrioni, i funamboli, non mi sono mai piaciuti. Penso a Ezra Pound. A Marinetti”. 
La sua definizione di Maradona è funambolo? 
“Oh, no, non mi fraintenda. Lui è molto meno di un funambolo. Lui è un immortale”. 
Immortale è meno di un funambolo? 
“Essere immortale è cosa di poco conto. Tranne l'uomo, tutte le creature lo sono: giacché ignorano l’esistenza della morte. Invece la cosa divina, terribile, incomprensibile, è sapersi immortali”. 
Se non mi sono perso, Maradona dunque sarebbe inumano. 
“Gli artisti sono uomini che vogliono essere inumani. Lo diceva il grande Apollinaire”. 
Se per lei un calciatore può essere un artista, perché allora detesta tanto il calcio? 
“Perché gli inglesi hanno fatto molto male al mondo. Lo hanno riempito di sciocchezze. Per esempio il calcio. Il calcio è uno dei crimini più gravi degli inglesi: si porta dietro un’idea di supremazia, di potere, che mi pare orribile. Sveglia le passioni peggiori e la peggiore di tutte è il nazionalismo”. 
A proposito di nazionalismo. E’ vero che quando l’Argentina della dittatura militare organizzò nel 1978 il mondiale di calcio, lei… 
“Il giorno in cui nella coppa del mondo debuttava la nazionale argentina, tenni una conferenza stampa sul tema dell’immortalità, sì”. 
Fu la sua forma di protesta?
“Oh, no. Fu la mia testimonianza. E la sera della finale Argentina-Olanda tenni un’altra conferenza su Baruch Spinoza. Un olandese”.  
Ha parlato solo di Maradona. Mi dica di Messi. Un artista pure lui? 
“In senso diverso. L’arte pretende sempre irrealtà visibili”. 
Nel senso? 
“Lui è irreale. Messi non esiste”. 
Non esiste? 
“Giovanotto, lei sa che cosa dice Faulkner?” 
Faulkner? Faulkner… Faulkner dice tante cose. 
“Ecco. Traducendo Faulkner ho imparato che non si deve cercare di superare i contemporanei o i predecessori. Si deve cercare di superare noi stessi”. 
Sta dicendo che invece Messi insegue Maradona e non se stesso? 
“Oddio, lei semplifica in maniera odiosa. Sto dicendo che gli specchi, come il coito, sono abominevoli, perché moltiplicano il numero degli uomini”. 
Messi è un moltiplicatore di Maradona?
“Gli specchi hanno qualcosa di mostruoso, non so se ricorda il finale del film La signora di Shanghai, sempre che lei conosca Orson Welles”. 
Messi è uno specchio? 
“Non trova? O forse lo specchio è Maradona. Se così fosse, cosa cambierebbe? 
Non c'è una differenza fra chi cita e chi è citato? 
“C'è differenza, sì. Ma c'è una superiorità? E la superiorità coincide con la differenza? Se lo chieda. La vita in se stessa è citazione, tutti i libri sono copiati. Si legge quello che piace leggere, ma non si scrive quello che si vorrebbe scrivere, bensì quello che si è capaci di scrivere. Esisterà di sicuro in qualche piega del tempo un libro copiato che sia stato scritto prima del libro da copiare”. 
Professore, ora davvero faccio fatica. 
“Voglio dire che il vantaggio di avere degli imitatori è che alla fine operano una guarigione di te stesso”. 
E come fa Messi a guarire Maradona? 
“Lo guarisce perché ora nessuno più si chiede se Maradona sia meglio ‘e Pelè, come dite voi a Napoli”. 
La guarigione dunque celebra il successo di Maradona? 
“Diamine, che castroneria. Lei proprio non ci arriva. Il nostro scopo nella vita non è avere successo, ma continuare a fallire con il morale alto. Giovanotto, lei ha molti buchi nella sua preparazione. Dovrebbe ripassarsi Stevenson”. 
Me lo dica, la scongiuro. Chi è più grande Messi o Maradona? 
“Ah ah. Davvero. Non l’ha ancora capito?”.

[liberamente tratto e liberamente desunto da interviste e citazioni di Borges]