sabato 8 novembre 2014

La Marsiglia di Izzo e il calcio identitario di Bielsa

bielsaghiacciaia Vent'anni dopo Bernard Tapie, Marsiglia ha trovato un altro uomo dentro il quale immergere se stessa, il suo dna, la fierezza della propria maniera d'essere. L'identità. Marcelo Bielsa, 59 anni, allenatore argentino, speciale come pochi altri, differente. Uno che di Marsiglia dice cose così: "È una città che fa andare le sue differenze tutte nella stessa direzione, come la mia idea di calcio". Sono stato alla Commanderie, il centro sportivo dell'Olympique: su Repubblica in edicola oggi trovate il racconto della maniera in cui una squadra, la sua guida e la sua gente vivono la vigilia di una partita così importante, contro il Psg (domenica alle 21). Impressionante mi è parsa, ripensandoci durante il ritorno, la sovrapposizione tra la filosofia di Marcelo Bielsa e la narrazione che di Marsiglia ha fatto Jean-Claude Izzo, il suo cantore.
"Anche per perdere bisogna sapersi battere" 
(Izzo, da "Casino totale").
loco
L'idea che infatti Bielsa ha del calcio è quella di una perenne tensione verso la porta, il tatticismo non lo riguarda, nel senso che non è mai uno stratagemma per rimediare a un vuoto, casomai uno strumento per valorizzare la pienezza del gioco. "Il possesso palla", spiegava ieri, "deve essere finalizzato alla creazione di un pericolo, altrimenti diventa anodino". Bielsa, sì, dice anodino. "Droit au but" è lo slogan legato allo scudo del club. Per questo oggi Bielsa è l'Om. È l'incarnazione della sua storia e del sentimento di una città. Difendere, per Bielsa, è un necessario inconveniente. Lo fa ordinando pressing, pressing e ancora pressing. Che comincia subito, appena persa la palla. Così come a Dortmund predica Klopp (il "gegenpressing"), come a Madrid insegna Simeone. Calcio e ritmo, uno schema di gioco che spesso diventa spregiudicato, in ogni caso uguale, al Vélodrome e fuori. Compromessi mai, un atteggiamento che in Italia siamo abituati ad attribuire al solo Zeman, altra figura che esce dal recinto del calcio. La mia via mi basta. Questo è Bielsa.
"Nella vita non dobbiamo accettare niente che sia contro la nostra felicità"
(Izzo, da "Vivere stanca").

Marsiglia è la sola città francese ad aver vinto una Coppa dei Campioni nel calcio, 1993, ma da allora in poi, 21 anni, ha rivinto un solo campionato (2010). Bielsa le pare perciò una promessa, un impegno. Loro lo chiamano rivoluzionario, perché è l'idea che la città lega a un argentino, specialmente se arriva da Rosario, come il Che. Ma Bielsa rigetta l'idea che stia facendo una rivoluzione in Provenza, ha avuto un fratello torturato dai militari negli anni '70, maneggia le parole con molta cura. Ma insomma sì, ha capito il senso, ha colto la voglia che la gente ha di identificarsi in lui e la richiesta che gli fanno di identificarsi in loro. Perché...

"Marsiglia non è una città per turisti. Non c'è niente da vedere. La sua bellezza non si fotografa. Si condivide. Qui, bisogna schierarsi. Appassionarsi. Essere per, essere contro. Essere, violentemente. Solo allora, ciò che c'è da vedere si lascia vedere"
(Izzo, da "Casino totale").

Bielsa è l'uomo che un giorno ha scelto di smettere d'allenare la nazionale del suo Paese, è stato fermo, poi ha voluto solo sfide in posti che gli somigliassero. Ha guidato il Cile perché quel nome, quel paese e la sua storia per lui significavano anche altro, e il Cile nel cuore gli è rimasto. "Quello che davvero so della parola sacrificio, l'ho appreso dai lavoratori cileni", ha detto ieri. Poi è arrivato il sì a Bilbao, altro luogo che è cattedrale della diversità, dove ti danno una maglia della squadra solo se hai radici basche. La fierezza, di nuovo. L'identità. E ora Marsiglia, la città ribelle, meticcia, eterna.

"Un'utopia. L'unica utopia del mondo. Un luogo dove chiunque, di qualsiasi colore, poteva scendere da una barca o da un treno, con la valigia in mano, senza un soldo in tasca, e mescolarsi al flusso degli altri. Una città dove, appena posato il piede a terra, quella persona poteva dire: "Ci sono. 
È casa mia".
(Izzo, da "Casino totale")

Casa. La parola del calcio di Bielsa.

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