domenica 23 novembre 2014
La sera in cui tutti ricordiamo cosa stavamo facendo
La domenica sera scendevano spesso da noi le signorine Volpe, dal piano di sopra.
Ersilia, Èlia e Lucia.
Erano a casa pure quella volta là. Avevamo appena comprato la nuova tastiera per me, una Farfisa, solo che all'epoca si chiamava pianola. Era in camera da pranzo. Mia madre disse E su, dai, fai sentire qualcosa. Io stavo vedendo Juve-Inter in tv, anzi un tempo di Juve-Inter, ma alle signorine Volpe non si diceva di no.
Èlia era sorda, aveva imparato a leggere il labiale, sorrideva sempre. Aveva perso l'udito da bambina, perciò quando voleva sentirmi suonare poggiava la mano sulla tastiera, che le restituiva vibrazioni. Così fece. Posò la mano, voltò lo sguardo verso la finestra, si rigirò verso di me e disse Bravo, bravo, com'è bella la musica. Feci solo in tempo a rispondere che non avevo ancora cominciato, non avevo suonato neppure una nota, e cominciammo a ballare per il terremoto. Aveva sentito arrivare qualcosa, credo le onde.
Mio padre decise di restare a letto. Nel senso che ci portò giù in strada, ci aprì l'auto in cui avremmo potuto dormire, ma disse che non ci pensava proprio a passare la notte lì, lui sarebbe tornato sopra. Mi parve una specie di super eroe, ero combattuto tra la tentazione di starmene giù al sicuro o andare su con lui, al settimo piano. Non mi volle. Rimasi giù, c'erano gli amici, con le chitarre, passammo quella notte e poi altre ancora a cantare, Nero a metà per me è il disco del terremoto. Poi lentamente tornammo alla normalità, nella nostra zona senza morti né grossi danni.
Per qualche domenica, dopo il 23 novembre, le signorine Volpe non scesero più.
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