mercoledì 9 luglio 2014

Taffarel e le nuvole di Pasadena

taffarel Dio mi permette di sopportare qualsiasi tempesta. Mi fa guardare avanti aspettando la prossima schiarita. La bufera mi avvolse che ero campione del mondo, incredibile a dirsi. Avevo vinto la Coppa e non avevo più una squadra.
A 23 anni, se fai il calciatore, non sai molto di come vanno le cose nell'economia mondiale. Giocavo nell'Internacional, avevo i fulmini nelle gambe grazie al beach volley, i balzi da fermo mi avevano fatto bene, quando mi dissero che una squadra italiana mi voleva dall'altra parte dell'Oceano. Era stata promossa in serie A. Il Parma. Passavo da un guadagno di un milione l'anno a 250. Pensateci un attimo e ditemi se non è una cosa che può far perdere la testa.


Poi ho scoperto che a Parma non desideravano la mia sicurezza tra i pali, il senso della posizione, il piazzamento. Anche, ma non solo. Calisto Tanzi, il cavaliere, voleva mettere sotto contratto la mia faccia, la popolarità che avevo raggiunto nel mio Paese. Lasciai il Brasile e cominciai a essere più presente di prima. Ero a ogni angolo della strada, nelle tv, sui giornali: ero sui cartelloni pubblicitari mentre bevevo un succo di frutta o un bicchiere di latte. A San Paolo, a Rio, a Porto Alegre. Ero ovunque, anche se ormai mi trovavo a Parma, dove per la verità Scala all'inizio era diffidente. Credeva che fossi una via di mezzo fra Higuita e Grobbelaar. Faceva giocare Ballotta.

taffa1  La situazione peggiorò con l'arrivo di Asprilla. Dopo una Coppa Italia e una Coppa delle Coppe, il Parma mi preferì Bucci. Non si potevano schierare più di tre stranieri, cominciai a fare spesso tribuna, me ne andavo a fare footing all'una sotto il sole, qualche passeggiata con John Wayne, il mio cane, e piano piano ti passa la voglia di lottare, di studiare gli avversari in videocassetta, di capire dove si migliora o dove hai sbagliato. Alla fine dovetti andare via. Non c'è quasi mai un perché nel nostro sport. Dipendiamo dalle circostanze, dal caso, dall'umore dei tifosi, dalle finte certezze che ogni allenatore crede di possedere. Ma Scala l'ho perdonato. Uno che cosa può fare, se non abbassare la testa quando si deve, e rialzarla ogni volta che capita un'occasione. La mia arrivò a Pasadena. Quando Baggio tirò il pallone più vicino alle nuvole che alla mia traversa, caddi in ginocchio a ringraziare Dio. La schiarita, lo sapevo, lo sapevo che sarebbe arrivata.



Ma a Reggio Emilia, che nel frattempo era diventata la mia seconda città italiana, mi ritrovai disoccupato. Se fossi stato il tipo, mi sarei scoperto a bestemmiare. L'Atletico Mineiro premeva. Vieni qui, torna in Brasile, ti diamo una maglia noi. Solo che io avevo imparato ad amare l'Emilia, non volevo andarmene odiando qualcuno. Volevo credere ancora nella bontà dell'uomo. I preti emiliani aiutano. In via Bismantova, periferia, c'era l'oratorio del Preziosissimo Sangue. Don Luigi Gianferrari era il parroco da oltre trent'anni, non si era perso neppure una delle mie partite. Sapeva delle mie adozioni a distanza, sette bambini nelle missioni italiane di Belem e Primavera del Este. Il mio vicino di casa, Piergiorgio, una sera mi chiese per scherzo di giocare il torneo della parrocchia. Sette contro sette. Perché no, risposi, ero serissimo, volevo solo giocare in attacco, non mi sembrava corretto che ci fosse un campione del mondo in porta. Cominciammo a settembre, maglia biancorossa, come quella della Danimarca, e numero 10. Finalmente in attacco, il ruolo che da bambino mi negavano. Non sai giocare con i piedi, dicevano, anche se avevo messo in fila 50 palleggi con una pallina da tennis. In parrocchia, durante il torneo, segnai 13 gol in tutto, compresa una doppietta nella finale contro il San Pellegrino. E quel giorno, mentre la perpetua Elide portava in campo i piatti che aveva preparato per fare festa, ecco, a me sembrò di vivere un'altra Pasadena.

Taffarel ha poi giocato con Atletico Mineiro, Galatasaray e di nuovo con il Parma. In Turchia oggi allena i portieri. 
 
  (Come per l’intera serie, le parole liberamente attribuite a Clàudio Taffarel sono state ricostruite attraverso libri, interviste e altre fonti storiche, e sono tutte ispirate a fatti realmente accaduti)

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