mercoledì 25 giugno 2014

La morte di Ciro Esposito

ciro Ciro Esposito è quel ragazzo che cominciò a morire la sera in cui eravamo distratti da Genny 'a carogna. Guardavamo, ipnotizzati dal folk, quel torso nudo sulla balaustra, dimenticando l'altro corpo trasferito in ospedale. Fu la sera dei fuochi d'artificio sparati nel cielo dell'Olimpico dal cerimoniale allestito con cura dalla Lega calcio per la premiazione della Coppa Italia. La sera in cui il presidente della Lega, Beretta, ai microfoni Rai disse: "Di questo parleremo un'altra volta". E quell'altra volta la stiamo ancora aspettando.


Ciro Esposito è un ragazzo di Scampia, e tanti perciò già credevano di sapere tutto, prima ancora di sapere niente. Abbiamo conosciuto in questi lunghissimi giorni la dignità di sua madre, la forza delle sue parole, trasparenti come sanno essere le parole semplici. "Perdono chi ha sparato". Il pensiero della sua famiglia è ribadito una volta di più in queste ore tragiche dallo zio: "Non si faccia violenza nel nome di Ciro. Invitiamo a mantenere la calma, non vogliamo altra violenza". Ciro Esposito è quel ragazzo che in quasi due mesi abbiamo chiamato soltanto Ciro, semplicemente Ciro, non per affetto, ma con quella partecipazione abbozzata, quella riduzione di distanza che serviva a sentirci allo stesso tempo un po' coinvolti e molto assolti. Ciro Esposito è quel ragazzo che muore, come scrive stamattina Il Napolista, "perché in questo paese andare a guardare una partita di calcio mette in movimento impulsi delinquenziali, chiama in campo gruppi contrapposti, porta in superficie comportamenti e culture che altrove sono già state messe in condizione di non nuocere. In Italia no. In Italia, da ben più di trent’anni, questo massacro di vite (c’è un piccolo ma agghiacciante bilancio di gente morta per tifo) e di civiltà va avanti senza interruzioni". E adesso? Il sindaco della città di Napoli ha proclamato il lutto cittadino.
  Il sito del Calcio Napoli ospita il testo di cordoglio di Aurelio De Laurentiis.
Ciro era un nostro tifoso che voleva passare una serata di gioia tifando per la propria squadra. Questa tragedia deve far riflettere tutto il mondo del calcio e delle istituzioni che collaborano con esso.
Anche la Roma ha diffuso una nota ufficiale, in italiano e in inglese.
AS Roma si rammarica per la tragica scomparsa di Ciro Esposito e si stringe ai suoi familiari. Il club rinnova il proprio sconcerto di fronte al verificarsi di episodi così drammatici in concomitanza di eventi sportivi e auspica che tali tragedie non debbano mai ripetersi.
Rafa Benitez, allenatore del Napoli, uomo di cultura e di sport, si sofferma e sul suo sito personale scrive:
Ho dato tutta la mia vita al calcio perchè il calcio è la mia vita. Prima come giocatore e dopo come allenatore, mi sono goduto la mia professione. Però situazioni come questa mi fanno rivalutare molte cose. Dove sta andando il calcio e ciò che lo circonda? A quale limite lo stiamo portando? La morte di Ciro Esposito è qualcosa di drammatico, ingiustificabile, terribile... Un giovane non può perdere la vita mentre s'incammina allo stadio per vedere la sua squadra. Non ha senso. Questo non dovrà succedere mai più, mai. Bisogna trovare i mezzi per sradicare assolutamente fatti come questi dal panorama del calcio e dal mondo dello sport.
Ciro Esposito è quel ragazzo che ha smesso di vivere mentre il mondo del calcio riflette, si rammarica e auspica; mentre una versione chiara e definitiva su cosa accadde quella sera all'esterno dello stadio Olimpico ancora manca, a due mesi di distanza; mentre in Lega i presidenti delle società di calcio sono riuniti per stabilire la linea da darsi sul nuovo contratto dei diritti tv; mentre Sky e Mediaset sono a loro volta in campo con le diffide dei loro legali intorno a un affare stramilionario; mentre eravamo distratti, pure ieri, dalla sconfitta ai Mondiali della nazionale contro l'Uruguay, che non è proprio, non è affatto, il punto più basso toccato dal nostro calcio. Non può esserlo oggi. Per tutto questo bisognerebbe chiedere perdono a Ciro Esposito. Ma come sempre, adesso è troppo tardi.

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